Un colonnello svizzero alla testa del CIO
Ufficiale superiore dell’esercito svizzero, Urs Lacotte è dallo scorso primo novembre il nuovo direttore del Comitato olimpico internazionale (CIO).
L’esperto manager ha assunto la funzione di braccio destro di Jacques Rogge, presidente belga del CIO.
Un viaggio di sola andata dalla Kasernenstrasse di Berna al Castello di Vidy a Losanna, sede principale del CIO. Ecco, in sintesi, il viaggio intrapreso da Urs Lacotte.
Il colonnello ha lasciato lo Stato maggiore generale dell’esercito per l’incarico presso il CIO, assumendo la funzione lasciata libera, dopo quattordici anni d’attività, dall’avvocato vodese François Carrard.
Fine diplomatico, Urs Lacotte, bernese d’origine alsaziana, è uno specialista dell’ambito sportivo. Incontro con swissinfo.
swissinfo: Lei è il primo direttore della storia del CIO ingaggiato al 100%. Sente una certa pressione inaugurando questa nuova era?
Urs Lacotte: Piuttosto molta umiltà ed altrettanta fierezza. Il cambiamento non mi spaventa. Lo conosco: ho più volte riorientato la mia carriera professionale, passando dal settore pubblico a quello privato. E viceversa.
Il mio impegno al 100% in qualità di direttore esecutivo va messo in rapporto con l’evoluzione del CIO negli ultimi 20 anni. La crescita è stata enorme.
A Losanna, il numero d’impiegati è ad esempio passato da una ventina a più di 250. Ed il solo budget amministrativo raggiunge ormai i 65 milioni di dollari.
Ciò rappresenta unicamente l’8% del budget totale dell’organizzazione. Vanno infatti considerati pure i fondi ridistribuiti alle varie federazioni ed ai comitati organizzativi.
swissinfo: Il Presidente Jacques Rogge l’ha scelta come braccio destro. Quali saranno i suoi compiti principali?
U.L.: Dal mio punto di vista, ci sono diversi grandi cantieri. Il primo riguarda il consolidamento della tendenza alla crescita ereditata dal Presidente Samaranch.
Secondariamente vorrei contribuire ad assicurare la qualità dei Giochi Olimpici. Un appuntamento che riassume la stessa ragione d’essere del CIO. Al momento la grande sfida si chiama Atene 2004.
Inoltre dovremo continuare a garantire le eccellenti prestazioni dell’amministrazione, migliorando nel contempo l’efficacia e la trasparenza del sistema.
Infine, si tratterà di fare tutto il possibile per prevenire le minacce di violenza, di corruzione e quelle provenienti dal doping.
swissinfo: Al momento lo scandalo del doping al THG – il tetraidrogestrinone – sta scuotendo il mondo dello sport. La lotta contro imbrogli di questo tipo non è persa in partenza?
U.L.: Lo sport è un fenomeno sociale. Non è né meglio né peggio della nostra società. In un certo senso rappresenta il suo riflesso ed i problemi che vi si trovano sono dunque identici. Ciò ci preoccupa. È proprio per questi motivi che c’impegniamo nella difficile lotta.
Per quel che concerne il doping, l’alternativa sarebbe la liberalizzazione. Ma ciò equivarrebbe ad una capitolazione. Ad una rinuncia nei confronti dei valori più fondamentali nei quali crediamo.
swissinfo: Questi valori sono pure difesi dall’Agenzia internazionale anti-doping (AMA). Alcuni altri organismi, come ad esempio la Federazione internazionale di calcio (FIFA), emettono tuttavia delle riserve…
U.L.: Il codice mondiale anti-doping dell’AMA, riconosciuto dalle federazioni e dai governi, è uno strumento molto interessante.
Pone un quadro generale e crea un’unità di dottrina. Tuttavia, ovviamente, il sistema deve a volte dar prova di flessibilità ed adattarsi alle particolarità dei diversi sport.
In questo senso, capisco la volontà dei responsabili del mondo del calcio e del ciclismo di voler essere considerati in maniera particolare. Tenendo conto delle specificità delle loro rispettive discipline.
swissinfo: Numerosi esempi (decreto Bosman, recente caso del FC Sion), mostrano come la società civile, tramite i suoi tribunali, s’immischi sempre più nel mondo dello sport. Una tendenza che la inquieta?
U.L.: No, il business e gli interessi commerciali divengono sempre più importanti. Le società si sviluppano, così come il mondo dello sport. Bisogna dunque trovare delle soluzioni praticabili per far fronte alle difficoltà.
Sarà la stessa cosa quando saremo costretti ad affrontare dei cambiamenti climatici significativi. Si tratterà d’adattarsi.
swissinfo: Molti svizzeri occupano cariche a livello dirigenziale in seno ad istanze internazionali. Qual è la sua spiegazione, al di là del fatto che molte sedi di queste organizzazioni sono nel nostro paese?
U.L.: Gli svizzeri sono dei lavoratori. Ciò non li rende però necessariamente migliori dei cittadini di altre nazioni.
Tuttavia, come svizzeri, si è confrontati molto presto con delle culture differenti. S’imparano quindi velocemente concetti importanti quali il rispetto degli altri, l’arte del consenso e la diplomazia.
Intervista a cura di Mathias Froidevaux, swissinfo
(Traduzione: swissinfo, Marzio Pescia)
Urs Lacotte è direttore del CIO dallo scorso primo novembre;
Si tratta del primo direttore del CIO impiegato a tempo pieno;
Succede all’avvocato vodese François Carrard.
Urs Lacotte, specialista in management, gestione dello sport e geografia, festeggerà 50 anni il prossimo 25 dicembre.
Dal 1982 al 1984 è stato assistente di direzione presso l’Associazione svizzera dello sport (attualmente Swiss Olympic). In seguito, fino al 1990, ha lavorato per le forze aeree del Dipartimento federale militare.
Dal 1990 al 1996, Urs Lacotte è passato al settore privato, come responsabile di progetto nel sud est asiatico per Electrowatt Engeenering.
Infine torna presso il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport, occupando una funzione di ufficiale superiore allo Stato maggiore generale.
Nel corso della sua carriera è sempre rimasto un delegato tecnico di Swiss Ski.
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