Un tetto alla famiglia e una chiesa al parroco
L'impronta lasciata dagli emigranti non è visibile soltanto all'estero. Numerose sono le opere e le novità introdotte nella Svizzera italiana da coloro che hanno fatto fortuna e sono ritornati a casa da "signori".
A Someo circolano storie vecchie di cent’anni di cui ancora oggi si parla mal volentieri. Sono vicende legate a dispute famigliari, al sacro e al profano, ai morti.
Alcuni emigranti partiti per la California, ci racconta un’anziana signora incontrata di fronte alla chiesa del villaggio valmaggese, sono ritornati in Ticino con molti soldi. Avendo visto le imponenti tombe dei cimiteri americani, hanno voluto costruire dei mausolei anche nel modesto campo santo di Someo. Una smania di grandezza che ai semplici contadini della valle dava alquanto fastidio.
«Mia madre non voleva che sua sorella, tornata a casa dopo essere stata in America, erigesse un mausoleo tra le lapidi di famiglia. Ma non si poteva mica litigare… per un cimitero!», prosegue l’arzilla ottantenne. «Anche per questo motivo oggi abbiamo due cimiteri: quello dei poveri e quello dei “signori”, o degli “americani”, come si dice dalle nostre parti».
Palazzi in rovina
I dollari della California non hanno finanziato esclusivamente la vita ultraterrena degli emigranti più abbienti. «Dalle lettere dei migranti – spiega lo storico Giorgio Cheda – emerge molto chiaramente che i soldi inviati a casa hanno contribuito in modo significativo a migliorare il tenore di vita, l’alimentazione e il vestiario dei parenti rimasti al paese».
«Le più belle case del Sopraceneri [Ticino settentrionale], in particolare della Valle Maggia, costruite tra fine ‘800 e inizio ‘900, sono state realizzate grazie ai dollari della California».
Camminando verso il nucleo storico di Someo scopriamo di essere sulla “strada degli americani”, in riferimento alle abitazioni, certe con giardino, sorte lungo la via principale del paese. Imponenti e con pregiati rilievi, le case degli americani contrastano con i rustici in pietra granitica ammassati sul pendio della montagna.
Col tempo, lo splendore di molti “palazzi” è svanito, cancellato da incuria e abbandono. I cancelli sono arrugginiti, alcune persiane rotte. Nei giardini, accanto alle palme, le erbacce hanno preso il posto dei fiori. «Le case sono quasi tutte disabitate», dice Giulio Franscioni, con la passione per le anticaglie. Riattarle costerebbe poco meno che ricostruirle da zero.
Nella bottega di Giulio Franscioni sono ammassati vecchi mobili, quadri, utensili. «Mi chiamano quando c’è da svuotare una casa. Ci vado sempre con molta curiosità, si possono trovare parecchi oggetti interessanti. Mi è ad esempio capitato di trovare il manifesto a colori di un’agenzia di emigrazione che pubblicizzava trasporti marittimi dall’Europa a New York. Un pezzo raro!».
Beffati dalle banche
Le case degli emigranti sono visibili in diverse zone della Svizzera italiana. «La più nota del Sottoceneri è Villa Argentina, costruita nel 1872 da una famiglia di Mendrisio che si è arricchita nel paese americolatino», indica Ivano Fosanelli, docente e storico. «Pochi chilometri più lontano c’è un altro edificio dal nome significativo:Villa Buenos Aires».
Nei Grigioni, a Poschiavo, è invece sorto il quartiere dei Palazzi o “quartiere spagnolo”. Sorte a ridosso del nucleo storico, le ville in stile neoclassico sono state edificate nel XIX secolo da famiglie rientrate dalla Spagna e da altri paesi europei.
«Se consideriamo l’aspetto economico e sociale, le altre iniziative di rilievo riconducibili ai migranti sono la costruzione dell’ospedale di Cevio e, nel 1907, della ferrovia tra Locarno e Bignasco, treno innovativo che ha cambiato la vita della Valle Maggia», illustra Giorgio Cheda, esperto di emigrazione ticinese. «I risparmi e le offerte dei migranti hanno inoltre finanziato varie chiese e cappelle».
Molto denaro è giunto in Ticino attraverso le banche. Stando ai dati dell’epoca, la maggior parte dei fondi depositati negli istituti di credito ticinesi (si parla di 200 milioni di franchi in un secolo) era costituita dai dollari provenienti dall’America.
«Il flusso di capitale si riduce con il fallimento delle banche del 1914, che causa perdite per 40 milioni di franchi. Gli emigranti preferiscono investire i propri risparmi all’estero», annota Cheda.
Nuova religione
A Novaggio, ad una decina di chilometri da Lugano, non si è investito nell’immobiliare. In Ticino, invece del denaro, è arrivata una nuova religione, come spiega il teologo Paolo Tognina.
«La comunità evangelica di Novaggio – si legge in un suo articolo apparso su “Voce evangelica” – è stata fondata da alcuni giovani emigranti convertiti al protestantesimo (…) tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi del Novecento».
La conversione, scrive Tognina, potrebbe essere dovuta all’incontro con valdesi, protestanti italiani che come i ticinesi erano partiti in cerca di lavoro in America del sud.
«È poi curioso – conclude lo storico Ivano Fosanelli – vedere come alcuni nomi argentini siano stati mantenuti, soprattutto tra gli anziani. Penso ai vari Luisito… ».
swissinfo, Luigi Jorio
Il 1914 è ricordato come l’anno nero della storia bancaria ticinese. Fallirono la Banca cantonale e altri due istituti di credito.
Temendo che la crisi potesse allargarsi all’intero sistema finanziario svizzero, la Confederazione decise d’intervenire sostenendo il progetto del Ticino di creare una “Banca di Stato” di proprietà del Cantone.
Per evitare il ripetersi degli errori commessi in precedenza, la politica d’investimento della nuova Banca del Ticino venne delimitata da rigidi criteri prudenziali iscritti negli statuti. Tra le norme più controverse vi fu quella che proibì alla banca di concedere dei crediti in bianco (crediti scoperti).
(fonte: Banca Stato)
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