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Una vittoria per Dick Marty al Consiglio d’Europa

Le liste nere costituiscono un "messaggio devastante" per quanto concerne i diritti umani, sostiene Dick Marty Keystone

La Commissione affari legali e diritti umani del Consiglio d'Europa ha approvato il rapporto del relatore svizzero Dick Marty, molto critico nei confronti delle liste nere del terrorismo dell'ONU e dell'UE.

Gli sforzi del parlamentare svizzero cominciano intanto a produrre qualche effetto: certe persone vengono informate per iscritto prima di essere inserite in una lista.

Le procedure adottate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e dall’Unione europea (UE) nella stesura delle cosidette liste nere – su cui vengono iscritti gruppi e persone sospettati di legami col terrorismo – “sono totalmente arbitrarie e non hanno qualsivoglia credibilità”.

Ad affermarlo è la Commissione affari legali e diritti umani dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, che lunedì ha approvato un rapporto del relatore Dick Marty.

Meno diritti di un pluriomicida

L’inserimento nelle liste sulla base di “vaghi sospetti” costituisce “una sorta di condanna a morte” per i diretti interessati, i quali oggigiorno hanno meno diritti di un pluriomicida, ha dichiarato a Parigi il parlamentare svizzero durante la presentazione del rapporto.

Secondo la commissione per cui ha redatto il documento, le procedure al momento in vigore “sono indegne” di organismi internazionali quali l’ONU e l’UE, compromettono misure legittime e mirate nel quadro della lotta al terrorismo e devono pertanto essere rivedute.

“In nome della guerra al terrorismo si sta fortemente limitando la sfera di competenza del potere giudiziario”, ha sottolineato Marty. “Ciò sottointende – e si tratta di un messaggio devastante – che i diritti fondamentali, la supremazia del diritto, valgono solo per quando l’orizzonte è sereno e che in caso di crisi non valgono più nulla”.

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Standard minimi

Nella bozza del rapporto che verrà discusso dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa in gennaio, Marty ribadisce le sue critiche nei confronti delle sanzioni individuali.

Esse “per principio sono preferibili alle sanzioni generali contro Stati”, che sovente colpiscono la popolazione vulnerabile e non i dirigenti. Tuttavia i provvedimenti mirati “hanno un impatto diretto su diritti umani individuali quali la libertà personale e la proprietà”.

Per questo motivo “devono rispettare determinati standard minimi di protezione procedurale e sicurezza legale”.

Tra questi il rapporto cita il diritto di essere informati sulle accuse formulate e sulle decisioni prese, il diritto di audizione e di difesa, l’esistenza di un organo indipendente di ricorso e la possibilità di una compensazione nel caso di violazioni dei propri diritti.

Inoltre l’imposizione di sanzioni individuali deve basarsi su motivazioni e criteri chiari nonché essere per principio limitata nel tempo.

Caso Nada

Spesso però coloro che decidono sull’inserimento nelle liste dell’ONU, ad esempio su richiesta dei servizi segreti statunitensi, “non sanno quasi nulla dei motivi”, ha dichiarato Marty. “Conosco due casi di persone integre finite nelle liste senza prove di un loro coinvolgimento in attività terroristiche, ha aggiunto, e sono soltanto due esempi su molti”.

Uno dei due casi – illustrato nuovamente anche lunedì – è quello giudicato “kafkiano” del cittadino italo-egiziano 78enne Youssef Nada, dirigente e fondatore della società finanziaria di Lugano al-Taqwa, che era stato iscritto nella lista nera dell’ONU nel 2001 poiché sospettato dalla CIA di avere finanziato gli attentati dell’11 settembre.

Un’indagine del pubblico ministero della Confederazione, durata quattro anni, si è conclusa con un non luogo a procedere a causa della mancanza di prove. Il nome di Nada figura però tuttora sulla lista dell’ONU.

Primi successi

Attualmente circa 370 persone in tutto il mondo sono iscritte nella “blacklist” del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che vale anche per la Svizzera: i loro conti sono stati congelati e la loro mobilità internazionale è stata limitata.

Il provvedimento era stato introdotto nel 1999 quale sanzione nei confronti degli esponenti del regime talebano in Afghanistan. In seguito è stato esteso a tutti i presunti sostenitori di Al Qaida.

Nell’UE la misura è stato presa una sessantina di volte.

Il lavoro intrapreso da Marty comincia però a dare qualche frutto. In aprile gli Stati membri dell’UE hanno deciso di informare coloro che sono iscritti su una lista nera.

Queste persone potranno chiedere spiegazioni sui motivi di questa messa all’indice.

swissinfo e agenzie

Nato nel 1945 a Sorengo, nel canton Ticino, Dick Marty ha conseguito un dottorato in diritto dopo studi a Neuchâtel e a Friburgo (Germania).

Tra il 1975 e il 1989 è stato sostituto e poi procuratore pubblico nel canton Ticino.

Dopo aver fatto parte per 6 anni del governo cantonale ticinese, dal 1995 siede nella Camera alta del Parlamento svizzero, quale rappresentante del Partito liberale radicale.

Dal 1999 è inoltre membro dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, di cui presiede dal 2005 la Commissione degli affari giuridici e dei diritti umani.

Per conto di questa commissione, Dick Marty è autore in particolare di due rapporti sulle prigioni della CIA.

Nel primo, pubblicato nel giugno del 2006, era giunto alla conclusione che 14 paesi europei avevano collaborato in attività illegali con i servizi segreti americani.

Il testo non risparmiava critiche alla Svizzera, che non ha impedito l’uso del suo spazio aereo per il trasporto di persone rapite.

Nel suo secondo rapporto, presentato il 9 giugno 2007, Dick Marty ha rivelato che la CIA ha gestito prigioni segrete in Polonia e in Romania dal 2003 al 2005

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