Via libera all’invio di soldati armati in Bosnia
Dopo i senatori, anche i deputati hanno accettato giovedì di inviare fino a 20 militari armati in Bosnia.
La Svizzera può quindi partecipare formalmente alla forza europea (EUFOR), la cui missione Althea sostituisce la NATO dall’inizio del mese di dicembre.
Dopo il voto del Consiglio degli Stati anche la Camera del popolo ha accolto, con 93 voti contro 66, l’invio di un numero massimo di 20 militi armati in Bosnia Erzegovina.
I soldati elvetici si occuperanno soprattutto di stabilire dei contatti con la popolazione autoctona e di mantenere le relazioni con le organizzazioni internazionali situate nella regione.
Un mandato dell’ONU
La forza europea in Bosnia Erzegovina è attiva su mandato dell’ONU dall’inizio di dicembre. Sostituisce la forza di stabilizzazione della NATO (SFOR).
Oltre al mantenimento della pace, la missione sostiene le autorità civili in settori quali la lotta contro il crimine organizzato, il rimpatrio di rifugiati, la riforma della difesa e il sostegno al Tribunale penale internazionale.
La partecipazione elvetica all’EUFOR comporta una spesa di 5,4 milioni di franchi.
Sicurezza nell’interesse di tutti
Fin dalla prima ora la Svizzera ha partecipato con un contingente di soldati alla riappacificazione del territorio.
«E’ nell’interesse della Svizzera che nella zona dei Balcani sia garantita la sicurezza», sostiene a nome della Commissione della politica di sicurezza (CPS) il deputato radicale neocastellano Didier Burkhalter.
Secondo il membro del consiglio nazionale «si tratta di un gesto a favore della comunità internazionale. Inoltre, i militari elvetici impegnati nella missione potranno fare un’esperienza che sarà molto utile per il loro futuro».
Un artificiere piuttosto che un soldato
La sinistra anti-militarista e il Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE), di principio contrari all’invio di soldati all’estero, hanno invano combattuto questa decisione.
Il Gruppo per una Svizzera senza esercito afferma infatti in un comunicato che «la Bosnia Erzegovina è un Paese che ha bisogno di sminatori più che di soldati».
Per il deputato ecologista del Canton Zugo Josef Lang, che è membro della direzione del GSsE, le mine rappresentano il maggiore problema di sicurezza in Bosnia Erzegovina: «se la Svizzera vuole accrescere questa sicurezza, allora deve sviluppare il proprio impegno umanitario, non le missioni militari» sostiene Lang.
Ma la legge è stata rispettata?
Josef Lang sostiene che il consiglio federale non ha rispettato il diritto, poiché ha inviato già a inizio novembre dei militari a sostegno dell’EUFOR.
«E’ una chiara violazione della legge» ha dichiarato Lang. «Il modo di procedere del governo è un’incredibile mancanza di rispetto nei confronti dei rappresentanti del popolo», ha aggiunto.
Una decisione che il ministro della difesa Samuel Schmid considera invece legittima: «La legge permette di ottenere l’approvazione del parlamento a posteriori se vi è urgenza. Inoltre, in ottobre gli Stati si erano già pronunciati, senza opposizione, a favore di questa missione», afferma.
Del resto il Consiglio federale ha dichiarato questo Paese come «sicuro».
swissinfo e agenzie
La Svizzera non è alla sua prima missione nei Balcani.
Dal 1999 partecipa al contingente internazionale KFor in Kosovo (Swisscoy). Alcuni poliziotti sono poi in servizio in Macedonia (missione Proxima).
Dal 1996 al 2000, dei «berretti gialli» elvetici hanno partecipato alla missione dell’OSCE in Bosnia.
Nel 2001, il popolo svizzero ha accettato il principio che i soldati in missione internazionale possano essere armati.
Con 93 voti contro 66, la Camera del popolo ha approvato la partecipazione di soldati elvetici all’EUFOR.
L’EUFOR è dotata di un contingente di 7’000 uomini.
La Svizzera invierà al massimo 20 soldati.
La Svizzera versa annualmente alla missione 5,4 milioni di franchi
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