Visti facili in Pakistan: nel 2001 le prime segnalazioni
Il ministero degli esteri elvetico era stato avvertito già cinque anni orsono di possibili irregolarità presso l'ambasciata svizzera in Pakistan ma non ha adottato alcuna misura.
Mercoledì, davanti al senato, la consigliera federale Micheline Calmy-Rey ha affermato di ignorare il perché di questa mancata reazione da parte del suo predecessore Joseph Deiss.
L’occasione per ritornare sullo scandalo dei visti in cambio di favori sessuali che ha travolto l’ambasciata svizzera di Islamabad, in Pakistan, portando alla sostituzione di tutto il personale della rappresentanza, è stata offerta da un’interpellanza del democentrista (UDC) Maximilian Reimann.
Il senatore ha chiesto lumi al governo sulle cause e i motivi che hanno dato origine a questa situazione.
Nessuna reazione
«Non so perché non vi sia stata alcuna reazione» all’allerta lanciata cinque anni fa dall’Ufficio federale di polizia, ha dichiarato la consigliera federale socialista a Flims, nel canton Grigioni, davanti ai membri della camera alta del parlamento (consiglio degli Stati).
Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) era infatti stato avvertito già nel 2001 su possibili irregolarità nella concessione di visti all’ambasciata svizzera di Islamabad, in Pakistan. Ma il ministero, allora diretto dall’ex consigliere federale Joseph Deiss, non aveva dato seguito a questi sospetti.
Micheline Calmy-Rey ha aggiunto che più recentemente, nell’ottobre del 2005, un poliziotto norvegese ha avvertito direttamente l’ambasciata elvetica, accennando a possibili irregolarità.
Il capo della cancelleria dell’ambasciata – responsabile del settore visti – in Pakistan ha eseguito dei controlli interni, ma non ha avvertito né il suo superiore né la centrale a Berna. È solo nel marzo scorso che l’intera vicenda è venuta alla luce, ha spiegato la ministra degli esteri.
Procedure in corso
Le inchieste disciplinari nei confronti dell’ambasciatore svizzero in Pakistan in funzione da inizio anno, del suo predecessore e del capo delle cancelleria sono ancora in corso.
A ciò si aggiunge la procedura aperta dal Ministero pubblico della Confederazione contro ignoti. Micheline Calmy-Rey ha dichiarato di non poter dire nulla circa le inchieste, tuttavia ha passato in rassegna le misure adottate per rendere più sicuro il settore dei visti.
La consigliera federale socialista ha dichiarato che la concessione di visti è un compito delicato, in particolare nei paesi a forte pressione migratoria. Non è facile lottare contro gli abusi, ha aggiunto, sottolineando che altri paesi europei sono vittime di abusi.
swissinfo e agenzie
Altri sviluppi
Ministero pubblico della Confederazione (MPC)
Oltre che in Pakistan, sono stati constatati casi di corruzione nel rilascio di visti anche in diversi altri paesi.
I casi più recenti si sono verificati in Perù, Russia, Nigeria, Serbia, Congo, Eritrea ed Oman.
Finora, queste vicende sono sfociate in una condanna soltanto: nel novembre 2005, il Tribunale penale federale ha condannato un ex vice-console onorario in Oman a nove mesi di detenzione con la condizionale.
Ogni anno, le 141 rappresentanze svizzere all’estero rilasciano circa 500’000 visti. Circa 40’000 richieste di visti vengono invece respinte.
Il numero dei rilasci dovrebbe passare a 400’000 dopo l’entrata in vigore dell’accordo di Schengen sul controllo delle frontiere, concluso con l’Unione Europea.
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