La rivoluzione arancione dell’iniziativa per imprese responsabili
I sostenitori dell'iniziativa "per imprese responsabili" hanno puntato molto sugli aspetti visivi della campagna, diffondendo il loro messaggio con bandiere, volantini e materiale promozionale. Si tratta di una vera innovazione democratica o è solo un fenomeno di colore?
Un visitatore in Svizzera in questi giorni potrebbe essere colpito dall’onnipresenza dell’arancione. E non si tratta di un fenomeno naturale legato all’autunno. Nelle città, bandiere arancioni sono appese ai balconi e alle ringhiere, volantini arancioni triangolari sventolano sui telai delle biciclette, adesivi arancioni sono appiccicati sugli zaini. Anche in campagna, le fattorie e i capannoni portano grandi striscioni arancioni con lo slogan “Iniziativa multinazionali responsabili SÌ!”
L’iniziativa, su cui si voterà il 29 novembre, mira a rendere le aziende con sede in Svizzera responsabili per la violazione di diritti umani e ambientali nella loro filiera a livello globale. Le bandiere, in particolare, sono il fulcro visivo di una campagna che ha colto di sorpresa il Paese, aggiungendo spruzzi di colore ai quartieri e rendendo l’iniziativa popolare una delle più visibili degli ultimi anni. Governo e parlamento sono entrambi contrari alla proposta, ma gli ultimi sondaggi suggeriscono che potrebbe vincere.
La vittoria alle urne significherebbe che appendere bandiere ai balconi promette successo? La correlazione diretta è difficile da misurare. Rahel Ruch del comitato d’iniziativa dice che all’inizio di novembre sono state inviate in “tutte le parti del Paese”, sia in campagna che in città, 80’000 bandiere. Un numero considerevole, se si pensa che l’affluenza alle urne in Svizzera si aggira di solito intorno ai 2 milioni di votanti. Con un costo di 10 franchi per ogni unità prodotta e spedita – sono gratuite per la gente che le ordina – è un modo abbastanza economico per ottenere un’ampia pubblicità.
Il loro impatto concreto è meno chiaro. Alcuni dicono che le bandiere sono per lo più appese in quartieri che comunque sono in maggioranza già a favore di iniziative di questo tipo. “Stranamente, questa esposizione territoriale delle bandiere avviene in zone dove non c’è nulla da guadagnare”, ha scritto di recente il quotidiano Tages-Anzeiger. In una sorta di versione reale delle bolle online, le bandiere potrebbero semplicemente evidenziare la propria “appartenenza” a un certo gruppo o luogo, piuttosto che far cambiare idea a qualcun altro.
Mark Balsiger, specialista di campagne politiche, concorda sul fatto che il numero di bandiere non è necessariamente correlato al numero di voti. Sono un “promemoria” colorato piuttosto che un mezzo di persuasione, dice. Ma il fatto che le bandiere siano presenti nello spazio pubblico già da lungo tempo – alcune bandiere sventolavano già due o tre anni fa sui balconi delle città – potrebbe favorire la mobilitazione dei sostenitori nelle prossime settimane, perché il tema è ben presente nella memoria. Con la battaglia che si preannuncia serrata, “l’affluenza alle urne è cruciale”, dice Balsiger.
Anche Martin Kuenzi dell’azienda di comunicazione Enigma dice che la semplice visibilità non è sufficiente, e che il secondo elemento di qualsiasi strategia è spingere la gente a votare. Ma a suo avviso le bandiere hanno fatto un lavoro fantastico sia nel creare consapevolezza sia nel costruire una comunità di sostenitori. Questa comunità è attualmente oggetto di particolare attenzione da parte dei promotori della campagna, per assicurarsi che vadano a votare, dice Kuenzi. È convinto che l’iniziativa vincerà.
La politica della comunità
Indipendentemente dal risultato, le bandiere sembrano segnare un nuovo modo di promuovere un’iniziativa: quella in cui i sostenitori diventano attivisti, formando una comunità che si schiera attivamente attorno a un tema. Si tratta di “stimolare un nucleo di potenziali elettori che hanno già preso una decisione, in modo che votino con maggiore partecipazione emotiva”, come ha scritto l’analista Claude Longchamp per swissinfo.ch nel 2018.
Longchamp dice che la tendenza della bandiera è iniziata qualche anno fa con la Gioventù socialista, che ha usato gli striscioni per compensare il fatto che non aveva abbastanza soldi per condurre campagne tradizionali. Oggi si sta diffondendo e un visitatore di Berna o Zurigo vedrà appese ai balconi anche le bandiere dell'”iniziativa per i ghiacciai”, una proposta per ridurre a zero le emissioni nette di carbonio della Svizzera entro il 2050. Anche la campagna per il congedo di paternità ha utilizzato una bandiera, così come un’iniziativa per proteggere la qualità dell’acqua potabile.
“Ci dà una visibilità che non dobbiamo pagare”, dice Sophie Fürst, responsabile del team della campagna “Iniziativa per i ghiacciai”. Tra i vari articoli promozionali offerti sul sito web di questa iniziativa ci sono magliette, bottoni, adesivi e naturalmente la bandiera, composta da strisce blu-giallo-arancio che incorniciano un panorama alpino bianco (vedi sotto). “Volevamo una bandiera dai colori positivi che la gente avesse piacere ad appendere”, dice Fürst. Finora ne hanno spedite circa 18’000.
Una nuova ondata?
Se portato agli estremi, il ricorso a bandiere e gagliardetti per tutte le iniziative e i referendum in votazione potrebbe apparire assurdo. Ogni anno in Svizzera vengono lanciate decine di iniziative; se ognuna di esse si misurasse con la campagna per la responsabilità delle imprese, ciò significherebbe milioni di striscioni appesi in tutto il Paese.
Lo specialista di marketing Martin Kuenzi ritiene che il metodo non funzioni sempre. Funziona per i temi che “rendono le persone orgogliose”, dice, temi che possono essere ostentati con orgoglio. Per un’iniziativa, l’obiettivo è quello di costruire un movimento di “ambasciatori” che diffonda la parola a vostro nome, osserva. La gente deve essere disposta a far parte di una comunità; è difficile immaginarsi che accaniti fautori di una riforma fiscale comincino a sventolare bandiere in giro per la città.
Se questa forma di campagna possa indurre a una maggiore polarizzazione o a divisioni all’interno dei quartieri è una questione più ampia e vaga. Finora, il dibattito sulla responsabilità delle imprese è stato un dibattito civile, anche se i sostenitori sono stati criticati per l’uso di immagini manipolate e altamente emotive sui loro manifesti (vedi sotto). Ma gli studi hanno suggerito che le bandiere e i simboli, oltre a fungere da mezzo per avvicinare le persone, possono anche creare tensioni all’interno del gruppo e non solo all’esterno. Non occorre guardare lontano per vedere le tensioni e le emozioni legate alle bandiere nazionali.
A Berna, almeno, in un condominio nel quartiere Länggasse, questa primavera è iniziata la guerra a bassa intensità delle bandiere. All’inizio un lenzuolo dipinto è stato appeso a un balcone, per chiedere che i gruppi emarginati non fossero esclusi dagli sforzi di arginare il coronavirus. In estate, mentre l’attenzione si rivolgeva alle prossime votazioni, un appartamento ha poi segnalato la sua opposizione all’acquisto di nuovi jet da combattimento; un vicino del piano di sotto ha risposto con una bandiera svizzera dall’aspetto patriottico.
Alla fine, la guerra delle bandiere ha condotto a un intervento vecchio stile: una lettera del padrone di casa che chiedeva ai residenti di ritirare le bandiere dalla facciata. Da allora le opinioni politiche sono tornate dentro casa.
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