Prospettive svizzere in 10 lingue

A scuola di plurilinguismo svizzero

"Le lingue si imparano con i contatti, con il cuore", ricorda Marina Studach, maestra della classe di Kilchberg. Dominic Büttner/Lunax

Mentre la questione dell'apprendimento delle lingue continua suscitare controversie in Svizzera, gli scambi linguistici sono in aumento, ma non tanto quanto vorrebbe il governo. Sul campo, gli insegnanti si stanno mobilitando. Reportage. 

Hanno tra 11 e 12 anni e vivono in appena un raggio di 200 chilometri di distanza tra di loro. Ma siamo in Svizzera: questa distanza è sufficiente a separare due mondi linguistici completamente diversi. 

A metà maggio, gli allievi di Rachel Dällenbach, insegnante in una scuola di lingua francese di Friburgo, e quelli di Marina Studach, docente nel comune di lingua tedesca di Kilchberg, si sono incontrati per la prima volta sulle rive del lago di Zurigo. Avevano già scambiato molte lettere, su iniziativa delle due maestre, ma il viaggio degli scolari di Friburgo a Zurigo ha segnato il loro primo vero incontro.

Il contesto

La questione dell’apprendimento delle lingue a scuola crea già da anni attriti in Svizzera. Le discussioni hanno preso inizio in seguito alla volontà manifestata da diversi cantoni di lingua tedesca di posticipare l’insegnamento del francese dalla scuola primaria a quella secondaria, per insegnare dapprima l’inglese. 

Secondo i rappresentanti delle regioni latine, queste misure minacciano la coesione nazionale. Ultimo cantone a pronunciarsi su questo tema, Nidvaldo ha deciso nel marzo scorso di mantenere l’insegnamento del francese nella scuola elementare, rifiutando un’iniziativa dell’Unione democratica di centro. 

Dopo un pomeriggio di sport, dove calcio e barbecue hanno permesso di avvicinare gli allievi, e un prima notte trascorsa presso le famiglie ospitanti, tutti si ritrovano in classe il mattino seguente. Le cose serie possono cominciare. 

Grandi gesti o dizionario 

Le due maestre padroneggiano bene entrambe le lingue e possono rivolgersi agli allievi sia in francese che in tedesco. Il programma è ambizioso: gli studenti sono chiamati a ideare una scenetta e a recitarla nella lingua degli altri. Vi rappresentano musicisti di strada stonati che vengono redarguiti da un passante, un bambino ammalato che deve rimanere a casa, l’acquisto di scarpe, richieste d’informazioni per strada: gli allievi hanno solo l’imbarazzo della scelta. 

Gli scolari si ritrovano ora faccia a faccia. “La preparazione dei dialoghi si sta rivelando più difficile del previsto. Gli allievi dispongono di un vocabolario di base molto ristretto”, osserva Marina Studach. La classe zurighese ha cominciato ad imparare il francese nell’agosto 2014, mentre quella friburghese si trova già al terzo anno d’insegnamento del tedesco.

Ma l’esercizio è difficile per tutti. Alcuni si servono di un dizionario. Altri fanno grandi gesti e cercano di semplificare le loro frasi, sul tipo: “Noi suonare musica”. Altri ancora tentano di scrivere i loro testi, spesso in modo fonetico. 

“Der Hund ist kaputt” 

Il risultato è sorprendente, anche se l’ordine di parlare nella lingua “straniera” non viene sempre rispettato. I più minimalisti si limitano a dei “was” o a dei “oui”. Altri si spingono un po’ più in là e a volte escono frasi divertenti, come “Der Hund ist kaputt”, con un cane incarnato da un maglione. 

Il risultato è sorprendente, anche se l’ordine di parlare nella lingua “straniera” non viene sempre rispettato. Dominic Bttner/Lunax

Dopo una pizza mangiata tutti assieme a mezzogiorno, le due classi si separano gioiosamente. Per entrambi gli insegnanti, l’esperienza è stata un grande successo. “Tutti gli scolari hanno giocato il loro ruolo, nonostante la timidezza o l’apprensione di alcuni”, rileva Rachel Dällenbach. “Uno dei miei allievi ha trascorso tutta il pranzo d’addio al tavolo dei ragazzi svizzero-tedeschi. Sul treno, le ‘mie’ ragazze mi hanno detto che le colleghe di Kilchberg erano veramente “molto simpatiche”. 

Bilancio identico da parte di Marina Studach: “Alcuni allievi delle due scuole si scrivono delle e-mail. Ma la pronuncia è una barriera. Ci vuole grande coraggio per lanciarsi in francese! Lo scambio mostra in modo pratico e non teorico, come possa essere positivo apprendere un’altra lingua. Le lingue si imparano con i contatti, con il cuore!”.

Scambi in aumento 

Il numero di allievi che partecipano a scambi linguistici in Svizzera è aumentato del 7,8% tra gli anni scolastici 2012-2013 e 2013-2104, raggiungendo quota 16’128. Lo indicano le ultime statistiche della Fondazione per la collaborazione confederale. 

Il numero di scambi di classi è salito invece dell’11,5%. 

Dall’anno scolastico 2010/11, il numero di allievi che hanno completato a uno scambio linguistico è aumentato di quasi l’80%. 

Finora solo l’8% degli scolari hanno l’occasione di partecipare a degli scambi linguistici. Una quota troppo bassa per il governo svizzero, che punta a 30’000 allievi entro il 2016.

Lunghi preparativi 

Per i docenti, la preparazione degli scambi è una strada molto lunga, a volte insidiosa, che richiede un grande investimento personale. 

Dal 2012 la Confederazione stanzia fondi supplementari (1,05 milioni di franchi all’anno per CH Fondazione per la collaborazione confederaleCollegamento esterno, che coordina gli sforzi dei Cantoni) per incoraggiare gli scambi linguistici. Ma i progressi sono lenti e il governo ha manifestato il suo disappunto. 

“Quando il primo contributo è stato deciso, questa fondazione era l’unica organizzazione che poteva essere scelta”, fa notare David Vitali, responsabile del dossier presso l’Ufficio federale della cultura (UFC). “Ma la distanza tra la fondazione e i Cantoni incaricati degli scambi è troppo grande”. 

Si prevede quindi anche un incoraggiamento diretto alle persone e alle organizzazioni che si occupano negli scambi. “Per questa decisione è necessaria una consultazione con le altre istanze e gli altri uffici attivi nella promozione degli scambi e della mobilità. I partner si sono posti l’obiettivo di prendere una decisione verso la fine del 2015”, aggiunge David Vitali. 

Sostegni della Confederazione 

Nel frattempo, le Camere federali hanno approvato il messaggio sulla promozione della cultura, che contempla anche sostegni per favorire gli scambi scolastici, come pure un aumento dei fondi da 450’000 a 1 milione di franchi. Il ministro Alain Berset, responsabile del Dipartimento federale dell’interno (DFI), ha indicato che il governo intende “ampliare anche gli scambi educativi per gli insegnanti e la formazione professionale”. 

Da parte sua, la Fondazione per la collaborazione confederale, che ha sede a Soletta, rimane discreta. “Si è messa in moto una dinamica, ma gli impulsi non possono venire solo da noi”, dichiara Silvia Mitteregger, responsabile della fondazione. L’anno scorso, questa istituzione ha creato il programma “ExcursionPlus”Collegamento esterno, di cui avrebbero potutto approfittare anche Marina Studach e Rachel Dällenbach, se fosse già entrato in vigore. 

“Tutti gli scolari hanno giocato il loro ruolo, nonostante, per alcuni, la timidezza o l’apprensione”, rileva la maestra Rachel Dällenbach. Dominic Bttner/Lunax

Sul sito internet della piattaforma figurano gli indirizzi delle classi interessate ad effettuare scambi linguistici di breve durata, anche solo per un giorno. Le Ferrovie federali offrono un piccolo sconto sul biglietto dei treni per gli spostamenti da una regione all’altra. “Il programma incontra un grande successo. La possibilità di effettuare brevi scambi corrisponde ad un bisogno”, indica Silvia Mitteregger. 

Maggiore motivazione 

E che dire della loro utilità? “I giovani ne escono più motivati, soprattutto per quanto riguarda le lingue nazionali”, afferma Sybille Heinzmann, che lavora presso le scuole pedagogiche di Lucerna e Friburgo e ha condotto uno studio sugli scambi a livello ginnasiale. 

Idealmente, sarebbero necessarie almeno tre settimane per vedere effetti tangibili. Ma tre brevi soggiorni durante gli studi possono essere altrettanto proficui, ritiene l’esperta. “Anche un’escursione di un giorno permette di aprirsi ad altre culture e di far nascere competenze interculturali”.

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