Gheddafi, il despota del deserto
Appelli alla libertà sopra le righe. Volutamente. A Chiasso/Letteraria, il Festival di letteratura dedicato quest’anno al mare, autori come lo svizzero Peter Bichsel, l’americano William T. Vollmann e il libico Ibrahim Al-Koni hanno parlato di valori che toccano la parte profonda di noi.
“Io all’osteria ci vado soprattutto per bere” afferma Peter Bichsel, davanti ad una sala strapiena di gente. “L’osteria ha a che fare con la scrittura – aggiunge – perché uno è lì che aspetta. Aspetta un ricordo. A nessuno verrebbe in mente di raccontare se non sapesse di dover morire”. Morire, più che una parola è uno stato del pensiero, evocato anche dallo scrittore americano William T.Vollmann che ha ricordato: “Gli esseri umani hanno due possibilità: morire per qualcosa o morire per niente. Il risultato è lo stesso, quindi io scelgo la prima opzione”.
Dedicata al mare, quindi inevitabilmente anche al Mediterraneo – dove da una sponda all’altra si incontrano e purtroppo si scontrano le civiltà che videro opporsi Cristianità e Islam – la rassegna letteraria ha assunto anche uno spessore politico, grazie soprattutto alla qualità dei suoi ospiti. E all’incombente attualità sull’esodo di migliaia di migranti, che spesso si trasforma in un letale ultimo viaggio.
Siamo prima di tutto esseri umani
Tra gli ospiti di prestigio lo scrittore libico Ibrahim Al-Koni, generalmente piuttosto schivo, ma che ha voluto essere presente a Chiasso per lanciare un messaggio di libertà. Al-Koni ha lasciato la Libia nel 1970, per quelli che oggi definisce “conflitti con il regime”. Nelle sue vesti di giovane giornalista era infatti costantemente seguito dai servizi segreti del raìs.
Affiancato da Luisa Orelli, giornalista e traduttrice di letteratura araba, Ibrahim Al-Koni – autore molto colto e poliglotta e noto al grande pubblico come lo scrittore del deserto – ha reso omaggio alla multiculturalità, di cui lui è certamente un esponente di rilievo: “Prima di essere nato come arabo, svizzero, russo o tedesco, sono nato come essere umano”. Un modo piuttosto esplicito, il suo, di sottolineare il pericolo del nazionalismo come forma identitaria, a cui in qualche modo contrapporre la necessaria apertura alla dimensione universale come possibile patria.
Deserto, luogo dell’anima
La centralità dell’essere umano trova una perfetta collocazione nel deserto, che solo in apparenza appare vuoto. Sì, perché il deserto permette l’estraniamento. “E più una persona è profonda, più l’estraniamento è forte”. Molto legato alla natura – ogni ferita alla natura è una ferita inflitta a lui come essere umano – Al-Koni spiega come il deserto plasma la parola poetica, che deve essere scelta con grande cura.
“Il luogo più importante – sottolinea lo scrittore libico – non è quello in cui viviamo, ma quello che vive dentro di noi, che ci abita. È quello che portiamo ovunque con noi”. Il luogo per eccellenza di Ibrahim Al-Koni è il suo deserto. Il deserto che diventa mondo aperto, universo ricco.
Lo scrittore libico, Tuareg del Fezzan, spiega che la sua letteratura è il respiro del suo deserto. E il deserto è la sua patria . “Questo luogo vive in me molto più di quanto io viva in esso. Non avrò bisogno di rinascere per ritrovarlo: è già parte di me”.
La speranza muore nel barcone che affonda
Impossibile non parlare della scottante attualità entrata, dirompente, nel corso del Festival internazionale di letteratura con la notizia di un barcone carico di 600 migranti libici affondato nelle acque del Mediterraneo, al largo di Lampedusa. “La politica – afferma con assoluta convinzione Al-Koni – è un desiderio di potere, di controllo, è la volontà di porsi come sostituto sulla Terra di un principio superiore”.
“Il despota – aggiunge misurando e scegliendo ogni sua parola – viola la sacralità dei principi della giustizia. E Gheddafi è l’esempio supremo di questo meccanismo. Ciò che si sta consumando in Libia, con ogni forma di usurpazione da parte del tiranno, ha la valenza di una tragedia umana. Che io non posso non denunciare. Sono qui a Chiasso anche per questo. Seguo quanto sta accadendo in Libia con angoscia”.
“La tragedia – ha detto in un’intervista Al-Koni – è che la gente crede sempre che i cambiamenti porteranno felicità, mentre in realtà distruggono i sogni che li hanno accompagnati. Molti di noi al tempo della rivoluzione di Gheddafi, sempre che si possa chiamarla ‘rivoluzione’, hanno sperato in una nuova felicità: ci siamo sbagliati, profondamente”.
Davanti all’attento pubblico di Chiasso/Letteraria Ibrahim Al-Koni spiega che con l’arrivo al potere di Gheddafi, la Libia è stata in esilio per 42 anni, confinata in un altro mondo. Oggi il sipario sul regime totalitario del colonnello si è alzato in tutta la sua insopportabile drammaticità.
“Io non posso non rendere omaggio – aggiunge lo scrittore – a tutta quella gioventù che combatte i tank del regime a mani vuote. Ma la brutalità del regime di Gheddafi rende la conquista della libertà dei libici terribilmente difficile e insanguinata”.
E mentre la voce si alza per scolpire nel cielo parole di libertà, le acque del Mediterraneo si trasformano in un cimitero sommerso. E in un luogo di memoria con cui dovremo fare i conti.
Nato nel 1948 a Ghadames, Ibrahim Al-Koni oggi vive vicino a Thun, in Svizzera dove è giunto nel 1993.
Gioventù. Ha trascorso l’infanzia nelle ampie distese del deserto libico del Fezzan, crescendo secondo le tradizioni degli “uomini blu”: i Tuareg. Ha imparato la lingua araba, nella quale scrive, soltanto all’età di 12 anni. Al-Koni era un giovane giornalista attivo a Tripoli quando Gheddafi prese il potere nel 1969.
Studi in Russia. Ha avuto molti conflitti con il regime e per questo motivo nel 1970 si è recato in Unione sovietica per studiare all’Istituto Maxim Gorki di Mosca, dove si è laureato con una tesi su Dostoevskij. Ha lavorato in seguito come giornalista a Mosca e a Varsavia.
Narrativa e deserto Al centro della sua narrativa c’è il deserto, il Sahara, un universo favoloso, d’inattesa varietà, pieno di storie, di personaggi, di leggende, di pericoli e di visioni. È stato detto – da più parti e autorevolmente – che nessuno scrittore al mondo aveva mai raccontato il deserto con altrettanta passione e meraviglia.
Le opere. Ha pubblicato più di 80 opere, tradotte in 35 lingue e ricevuto numerosi premi per la sua attività letteraria. È uno dei pochi autori libici tradotti in italiano; tra queste opere ricordiamo: L’oro (De Martinis, 1995); Pietra di sangue (Jouvence, 1998); Polvere d’oro (Ilisso, 2005) e La patria delle visioni celesti e altri racconti del deserto (e/o, 2007).
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