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“Il miele è un diamante che si può mangiare”

In Svizzera si contano circa 19'000 apicoltori che allevano 170'000 colonie. Tomas Wüthrich

Nel documentario “More than Honey” il regista svizzero Markus Imhoof si china sul problema della moria delle api. Una vita senza api sarebbe molto più povera, dal momento che assicurano l’impollinazione di un terzo dei generi alimentari sul nostro pianeta.

swissinfo.ch: In “More than Honey” rivolge uno sguardo critico al “business” che viene fatto con le api. Riesce ancora a mangiare del miele?

Markus Imhoof: Sì, quasi ogni giorno. Le api non ne sono responsabili.

Che cosa rappresenta per lei il miele?

M.I.: Una cristallizzazione della natura. Come un diamante, che si può però mangiare.

swissinfo.ch: Suo nonno allevava api per la sua fabbrica di conserve di frutta. Sua figlia e suo genero studiano il sistema immunitario delle api. Si può quindi dire che ha un legame speciale con le api?

M.I.: Rimango un profano, ma nutro chiaramente un legame emozionale con le api. È una cosa importante, che cerco di trasmettere anche al pubblico.

Si tratta però soprattutto di un discorso e un dialogo, costruito durante i viaggi che ho compiuto in ogni parte del mondo per cercare di capire i diversi punti di vista degli altri sulle api.

swissinfo.ch: Quali sono stati i principali risultati dei suoi cinque anni di ricerche e di riprese?

M.I.: Emerge soprattutto il nostro rapporto con la natura. Al suo centro vi è la domanda: chi è il protagonista di questo film, le api o le persone? Ma anche: chi è il protagonista del mondo? È l’umanità o fa parte anche essa della natura? L’uomo è solo un parassita per la natura, interessato unicamente al proprio profitto?

Il parassita più stupido è quello che uccide il suo ospite. Se anche l’umanità appartenesse alla natura, la vita sarebbe più interessante. L’uomo non detterebbe tutto dall’alto, ma terrebbe orecchie e occhi aperti per capire i bisogni degli altri e non sarebbe orientato soltanto al proprio profitto.

swissinfo.ch: Nel film mostra anche cose sorprendenti sull’intelligenza delle api.

M.I: Abbiamo parlato con uno studioso del cervello delle api. Molte persone sono sorprese nello scoprire la sua esistenza. Le capacità di apprendimento e di decisione delle api sono affascinanti.

Sono in grado di scegliere tra due opzioni e perfino di cambiare idea, quando si accorgono di aver scelto quella sbagliata. È una cosa assolutamente affascinante. Inoltre, 50’000 api formano assieme un grande cervello, che possiede ulteriori capacità.

swissinfo.ch: Perché le api sono così importanti? Non ci sono forse altri impollinatori in grado di salvaguardare la catena alimentare?

M.I.: Esistono, ma non si muovono abitualmente tra gli stessi tipi di polline. Passano ad esempio da un ciliegio ad un dente di leone: in tal modo non impollinano niente. Anche il vento trasmette i pollini, ma serve soltanto a contorni alimentari, come il mais e il riso.

Tutto ciò che fa maggiormente piacere nell’alimentazione, viene impollinato dalle api. Senza di loro, in un hamburger non vi sarebbe né lattuga, né senape, ketchup o cipolle. Resterebbe solo un panino secco con carne prodotta da mucche che non hanno mangiato trifogli.

La nostra vita sarebbe piuttosto noiosa se non ci fossero le api. Spero che questa costatazione possa rendere più consapevoli le persone che guardano il film. Ogni terzo boccone del nostro cibo non esisterebbe senza le api.

swissinfo.ch: Albert Einstein avrebbe perfino detto: “Se le api scompaiono, quattro anni dopo scomparirà anche l’umanità”. Aveva ragione?

M.I: Non so se rischiamo di morire, mangiando solo pane, senza frutta e verdura. Un tempo si utilizzavano dei canarini in gabbia come sistema di allarme nelle miniere. Se crollavano, era il segnale che si stava diffondendo del gas e che bisognava scappare in fretta. Le api sono una sorta di campanello d’allarme per tutti noi.

swissinfo.ch: Perché si assiste ad una così grande moria di api?

M.I: Quest’anno la loro mortalità ha raggiunto il 70% in Svizzera. Vi sono numerose ragioni che si stanno accumulando.

Tra queste i pesticidi, le malattie, in particolare l’acaro Varroa, ma anche il problema della consanguineità delle api – al quale non si presta ancora abbastanza attenzione. Inoltre le api sono state allevate per secoli come api domestiche, affinché non pungano, ma in tal modo hanno perso le loro capacità di resistenza. Non ci sono quasi più api selvatiche che producono miele. Senza l’intervento umano e l’impiego di agenti chimici, non è più possibile allevare api in Europa, Nord America e Cina.

swissinfo.ch: “Le api non muoiono per via degli acari, ma dell’uomo”: è uno dei messaggi chiave del filmato. Che cosa intende dire?

M.I: Il tema centrale è il conflitto tra evoluzione e civiltà. Ogni intervento della civiltà incide sulla natura. Il fatto di addomesticare le api, di prelevarle dal loro ambiente naturale per rinchiuderle in una “casetta per bambole” costituisce un enorme intervento.

Tuttavia, le api sono rimaste esseri selvatici. Si cerca di mitigare il loro istinto, allevando le api con riguardo e in modo sistematico. È questo uno dei principali problemi. Affinché ridiventino più forti e resistenti, sarebbe necessario un ventaglio genetico molto più ampio. Non per sopportare meglio i pesticidi, ma affinché possano difendersi meglio contro le malattie.

È come per l’agricoltura. Se si piantano ogni anno le stesse cose, si sviluppano più facilmente dei parassiti, come la piralide, che si cerca poi di estirpare con agenti chimici. L’agricoltura totalitaria ha effetti devastanti. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, solo un’agricoltura diversificata in spazi ristretti può garantire l’approvvigionamento alimentare mondiale. Ma oggi si fa proprio il contrario.

swissinfo.ch: Uno spiraglio di speranza, che emerge dal suo film, riguarda una ricerca in corso con api australiane. Queste api non infestate, sulle quali lavorano anche sua figlia e suo genero, si ammalano meno facilmente delle api europee.

M.I: Mia figlia e mio genero stanno cercando, attraverso api selvatiche ancora esistenti in Australia, di ampliare il patrimonio genetico delle api di allevamento per renderle più resistenti. Il concetto è quello di ricreare prospettive di evoluzione rinunciando all’allevamento di razze pure e diversificando gli sciami per rispettare meglio la natura. Questa è la base per salvare le api.

Nato nel 1941 a Winterthur, Markus Imhoof ha seguito studi di cinematografia presso la Scuola di arti e mestieri di Zurigo.

Dal 1969 lavora come autore e regista indipendente di lungometraggi e documentari.

Markus Imhoof si è fatto conoscere dal grande pubblico nel 1980 con la pellicola “Das Boot ist voll” (La barca è piena), in cui ha ricordato il dramma dei profughi ebrei respinti alla frontiera svizzera durante la Seconda guerra mondiale.

Questo lungometraggio è stato nominato nel 1981 agli Oscar per il concorso dedicato al miglior film straniero.

Il documentario di Markus Imhoof è stato presentato nel 2012 in prima mondiale al Festival internazionale del film di Locarno. La proiezione in Piazza Grande è stata salutata da molti come uno dei punti forti di questa edizione.

Il film mostra apicoltori e ricercatori di tutto il mondo che hanno a che fare in un modo o nell’altro con le api o con il problema della moria di questi insetti.

Il regista ha fatto uso per le riprese di spettacolari immagini macro, realizzate tra l’altro con l’impiego di droni che hanno seguito il volo delle api.

Traduzione di Armando Mombelli

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