Il sogno brasiliano di Prisca Agustoni
La poetessa svizzero-brasiliana Prisca Agustoni è la vincitrice del prestigioso Premio di letteratura sudamericano Oceanos. Una vita tra paesi, lingue, realtà diverse e tanta arte.
Per la poetessa Prisca Agustoni, il 2023 è sicuramente un anno da non dimenticare. In primavera vince il Premio Svizzero di letteratura con la sua raccolta di poesie Verso la ruggine (Interlinea, 2022) e lo scorso 7 dicembre a Sao Paolo, nella categoria poesia, il Premio Oceanos dedicato alla letteratura di lingua portoghese con la sua auto-traduzione O gosto amargo dos metais (7Letras, 2022).
Prisca Agustoni nasce a Lugano nel 1975, ha vissuto molti anni a Ginevra e dal 2002 si divide tra la Svizzera e il Brasile, dove lavora come traduttrice ed è docente universitaria in Letteratura italiana e comparata presso la Universidad Federal de Juiz de Fora ( Minas Gerais). Inoltre, scrive e si autotraduce in italiano, francese, portoghese e spagnolo. Il suo cammino tra queste lingue neo-latine è il motore della sua produzione letteraria come scrittrice di critica letteraria, narrativa e poesia.
Figlia di un capostazione
La poetessa è cresciuta in una famiglia umile ma ricca di valori. Per la scrittrice i suoi genitori hanno avuto un ruolo fondamentale per quel che concerne i valori etici e anche la formazione affettiva. Ci racconta: “Sono figlia di un padre capostazione e di una casalinga che si è sempre occupata della famiglia. Io e i miei due fratelli abbiamo anche vissuto con la nonna in casa e a un certo punto si è anche aggiunta la sorella di mia nonna”.
Aggiunge: “La mia nonna materna e la sorella di mia nonna sono state dei punti di riferimento come bambina e adolescente”. I nonni svolgevano lavori umili. La nonna paterna era sarta e il nonno operaio, mentre i nonni materni erano contadini della Leventina.
Nonostante non appartenga a un mondo di letterati, la sua famiglia ha influenzato la sua scrittura nei contenuti. Nel suo raccontarsi Prisca Agustoni non dimentica di essere stata la prima persona della sua famiglia ad avere intrapreso una carriera universitaria.
Oltre l’eco-poesia, una poetessa universale
Con un’infanzia ricca di ricordi tra fiumi, laghi e montagne, non c’è da stupirsi che Prisca Agustoni abbia vinto dei riconoscimenti prestigiosi narrando la voce della natura. Una natura che soccombe al peso delle nefaste azioni umane. Infatti, la raccolta di poesie si ispira ai disastri ambientali in Mariana, nel 2015, e a Brumadinho, nel 2019, dove una valanga di fango provocata dall’industria mineraria distrusse la vita e i sogni di centinaia di persone ed uccise letteralmente il Rio Doce e il suo habitat.
Pensando al tema dell’opera, potremmo definire Prisca Agustoni una eco-poetessa? No, troppo limitante per un’autrice poliedrica. La scrittrice ci spiega: “Queste categorie, come quella di ‘eco-poesia’, sono rilevanti perché ci consentono delle piste per leggere l’opera, ma sono limitanti se la riducono prettamente a una sola lente di lettura. Credo che la nomenclatura di eco-poesia possa portare della luce su aspetti particolarmente interessanti, ma non devono essere rinchiusi in una gabbia”.
Questa linea di poesia comunque le piace molto e la utilizza anche per i suoi corsi universitari.
L’eco-poesia è una linea poetica soprattutto di cultura anglosassone ma ci sono anche nomi di spicco italiani . Tra i principali nomi troviamo Gary Snyder, Mary Oliver e Seamus Heaney. Nella poesia italiana contemporanea Andrea Zanzotto e il ticinese Fabio Pusterla si distinguono per toccare questioni ecologiche ambientali ed il rapporto dell’umano con il non umano.
Per Prisca Agustoni la sua poesia è una forma d’arte che ha un tono universale che riesce a parlare da qui a 1’000 anni. “La poesia permette di far vivere il contesto che ha vissuto anche a chi è stato lontano dalle tragedie ambientali del Minas Gerais”. La sua poesia le ha consentito di tuffarsi e cogliere la profondità delle problematiche contemporanee, come quella dell’eco-critica, ma proiettarle in un modo che siano contemporanee a chi, secondo la scrittrice, “ne è, ne era, o ne sarà ancora estraneo”.
Una donna tra Brasile e Svizzera
La sensibilità di Prisca Agustoni non è solo frutto di studi e valori famigliari legati al mondo contadino ed operaio, ma è anche dovuta al fatto di aver abbracciato l’essere cosmopolita come un modus vivendi presente nella sua vita professionale e personale. Una vita, la sua, fatta di movimento, che a volte ammette essere stressante, ma tanto arricchente dal punto di vista umano e professionale. Del resto, per la poetessa questi due aspetti coincidono: vive di scrittura ed è sposata con lo scrittore brasiliano Edmilson de Almeida Pereira, anche lui finalista al Premio Oceanos con A vida não funciona como um relógio (Quelônio, 2022).
Ora, sebbene la sua vita non funzioni come un orologio svizzero, la poetessa tra insegnamento universitario, figli e viaggi tra Svizzera e Brasile, sa trovare ispirazione e forza per portare a termini i suoi progetti letterari.
Convive con due realtà, quella brasiliana e quella svizzera, molto presenti per lei in termini simbolici, culturali, linguistici e affettivi, ma anche pratici. Normalmente passa una parte dell’inverno in Svizzera, dove, grazie alle attività accademiche e letterarie (è membro del comitato di Chiasso Letteraria), cerca di ritornare anche in primavera e in autunno. La Svizzera è comunque sempre presente anche in Brasile dove fa conoscere autori e autrici svizzere attraverso le sue traduzioni.
Non nega che, per avere questa vita tra mondi così distanti, ci siano dei sacrifici economici, fisici e affettivi. Infatti, ci confida: “Non è sempre facile lasciare i figli e il compagno, ma è anche vero che vivere tra due paesi così diversi a livello storico, socio-economico, culturale e epistemologico è estremamente arricchente”. Questa vita le permette di mettere in discussione costantemente le proprie visioni del mondo e di riformularle. Ha costruito un equilibrio fragile, ma accetta l’instabilità e la mancanza di controllo sulla sua vita come un punto a suo favore.
Quanto alla sua vita come donna scrittrice, l’autrice ammette: “Trovo che ci sia ancora un controllo, una necessità di insegnare alle voci femminili di dire quello che possiamo o non possiamo dire” e ci ricorda che questo non riguarda solo l’America latina. Anzi, in Brasile, almeno a livello accademico, c’è una grande presenza di cattedratiche donne, e questo avviene in un paese con un livello socio-economico molto più fragile di quello svizzero. Inoltre, apprezza la presenza di donne come curatrici nei musei, nelle case editrici, nei giornali, cosa che ad oggi non si può ancora affermare per la Svizzera.
Racconta che in Brasile ha imparato che “non basta scrivere bene, ma bisogna cercare di suscitare intorno a sé il dialogo, senza distinzione di genere, ma d’altro canto se non c’è una coscienza, una visione collettiva volta alla collaborazione con case editrici dirette da donne, alla lunga non si può fare la differenza”. Ci tiene a precisare che non parla di una “ghettizzazione della cultura”, ma quel che è certo per la poetessa elvetica è che “formarsi senza nessuna voce femminile, come è accaduto nel mio caso in Svizzera, è una situazione problematica”. Aggiunge: “I miei allievi brasiliani mi chiedono spesso se nell’Italia del Novecento ci fossero scrittrici importanti”.
Prisca poetessa e scrittrice incarna il valore, nel mondo odierno, di un codice poetico i cui messaggi viaggiano attraverso più lingue. Con O gosto amargo dos metais e Verso la Ruggine dimostra che attraverso la poesia è ancora possibile contraddire la frase, purtroppo atemporale, di Victor Hugo: “È triste pensare che la natura parli e che il genere umano non ascolti”.
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