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Il Sud al Nord: documenta fifteen capovolge il mondo dell’arte

Taring Padi Mural
Il collettivo indonesiano Taring Padi nell'occhio del ciclone: nei suoi lavori collettivi non teme di usare un forte linguaggio simbolico. L'uso di immagini antisemite, tuttavia, ha toccato un nervo scoperto in Germania. Eduardo Simantob/SWI

Una controversia sull'antisemitismo ha gettato un'ombra sulle importanti problematiche sollevate dall'ambizioso evento artistico che si svolge ogni cinque anni a Kessel, in Germania. Ma l'esposizione, terminata il 25 settembre, passerà alla storia come una pietra miliare del fossato artistico tra Sud e Nord.

Documenta fifteen si è confrontata con aspettative più alte del solito. È stata la prima volta che un gruppo – il collettivo artistico indonesiano ruangrupa – è stato nominato alla direzione artistica al posto di una curatrice o un curatore rinomato. Più significativo ancora: è stata la prima volta che documenta non è guidata da una personalità occidentale.

La nomina è stata educatamente accolta in quanto soddisfaceva buona parte delle esigenze del politically correct. Tuttavia, il dibattito sulle immagini antisemite (vedi riquadro) ha di fatto monopolizzato la copertura mediatica dell’evento, in Germania e all’estero.

“Mi rattrista molto”, dice a SWI swissinfo.ch Indra Ameng, uno dei membri di ruangrupa. “Questa discussione ha messo in secondo piano altre promettenti tematiche che volevamo affrontare e siamo stati catapultati nel mezzo di un dibattito che non era il nostro”.

Indra Ameng and Ayse Gülec
Indra Ameng, del collettivo ruangrupa, e la curatrice Ayse Gülec davanti alla sede centrale di documenta fifteen a Kassel. Eduardo Simantob/SWI

Ameng non vuole dire che l’antisemitismo non sia importante per ruangrupa, ma che si tratta di una problematica importata. Come lo storico e la storica di nazionalità svizzera Bernhard Schär e Monique Ligrenberg spiegano in un articolo sugli effetti duraturi del colonialismo e della dittatura di Suharto: “L’antiseminismo in Indonesia non è un’invenzione locale. È una complessa eredità di una colonizzazione culturale, anche tedesca, che la popolazione indonesiana odierna ha assimilato e trasformato”.

Documenta fifteen si aspettava di finire nel mirino delle critiche così da capovolgere le nozioni occidentali di come dovrebbe essere un evento artistico. Ci ha provato in vari modi: collettivi artistici politicamente impegnati hanno dominato la manifestazione, cancellando i singoli artisti e le singole artiste. Produzioni occidentali (europee e nordamericane) non si trovavano. Invece, le opere arrivavano dal “Sud del mondo” (quello che un tempo era chiamato “Terzo mondo”) e dalle minoranze, come le comunità rom, quelle queer, i rifugiati e le rifugiate.  

Grffitto
Il vaso di Pandora: particolare del murale censurato di Taring Padi, dove le raffigurazioni criticate sono visibili a destra (uomo con acconciatura simile a quella degli ebrei ortodossi e cappello nero con le insegne delle SS che fuma un sigaro) e tra i soldati (il “maiale” del Mossad con la stella di Davide sul petto). Keystone / Uwe Zucchi

Mesi prima dell’apertura di documenta, i media tedeschi hanno iniziato a parlare dell’inclusione nell’evento di un collettivo artistico palestinese, il “Question of Funding Collective”, associato con il movimento BDS (Boycott, Divestment, Sanctions), molto critico nei confronti di Israele.

Anticipando una forte reazione, la direzione artistica ha programmato un dibattito dal titolo “Dobbiamo parlare – arte – libertà – solidarietà”, con lo scopo di affrontare la questione dell’antisemitismo e leggerla da una prospettiva più ampia in relazione al razzismo e al colonialismo. Tuttavia, le pressioni del Consiglio centrale degli ebrei in Germania hanno condotto alla cancellazione del ciclo di dibattiti all’inizio di maggio.

Pochi giorni dopo l’apertura di documenta fifteen in giugno, gruppi di fede ebraica, media tedeschi e personalità politiche hanno condannato un graffito del collettivo indonesiano “Taring Padi” in cui sono raffigurati un maiale che indossa un elmetto con la scritta “Mossad” e un uomo con la capigliatura che ricorda quella di un ebreo ortodosso che porta un cappello nero con il simbolo delle SS. In luglio, l’organo di supervisione di documenta ha pubblicato un comunicato dai toni forti, tolto il graffito dall’esposizione e licenziato la sua direttrice generale, Sabine Schormann.

Non c’è una grande comunità ebrea in Indonesia; “ebraismo” e “Mossad” sono citati nel dipinto accanto a entità internazionali e reazionarie che hanno dato supporto alla dittatura di Suharno, soggetto principale dell’opera. L’immaginario utilizzato è quello coniato in Europa nel corso di secoli di pregiudizio antisemita.

Il disagio tedesco è diventato evidente nel seguente dibattito mediatico. Queste immagini hanno provocato un “effetto specchio” nel pubblico europeo e tedesco, uno specchio dell’antisemitismo radicato nel continente, il quale tenta di redimersi con un’inflessibile – e profondamente problematica – difesa delle politiche del Governo israeliano.

Horizontal Newspaper di Dan Perjovschi
Horizontal Newspaper, di Dan Perjovschi, è una serie di disegni realizzati durante l’evento nella piazza antistante l’ex stazione di Kessel. L’artista rumeno, critico della guerra della Russia in Ucraina, ha anche ricoperto con graffiti le colonne del Fridericianum, uno degli spazi principali di documenta. Eduardo Simantob/SWI

Una prospettiva svizzera

La partecipazione della Svizzera a documenta fifteen si è limitata a un solo membro di un collettivo (tra oltre 1’500 persone partecipanti) e al sostegno della fondazione pubblica per la promozione della cultura Pro Helvetia. Tuttavia, nella storia di documenta, la Confederazione ha avuto un ruolo di peso, considerate le dimensioni del Paese.

Ruangrupa ha voluto rendere consapevole non solo il pubblico tedesco e le istituzioni, ma anche l’intera struttura europea e “occidentale”, costruito attraverso secoli di imperialismo e colonialismo, di un passato in cui la Svizzera – con i suoi mercenari, imprenditoria e capitali – ha avuto un’influenza non indifferente.

La scelta di ruangrupa era stata accolta come un nuovo inizio. A onore dell’istituzione tedesca, va detto che mai prima d’ora un salone dell’arte contemporanea con molte risorse finanziarie ha dato spazio e lasciato carta bianca a coloro che davvero provengono dal Sud del mondo e non appartengono alle élite “occidentalizzate”, come è stato il caso con il direttore artistico di documenta eleven, il nigeriano Okwui Enwezor.

L’Occidente in secondo piano

Concetti come “postcoloniale” e “post-gender”, per esempio, sono ricorrenti nel dibattito culturale occidentale, nelle istituzioni e nelle università. Nel mondo di ruangrupa, questi termini diventano realtà concreta nei drammi delle comunità emarginate e nelle soluzioni pratiche delle collettività auto-emancipatesi.

Lo stesso può essere detto sulle questioni relative alla prevalenza della figura dell'”artista” e sulla fabbricazione di “geni dell’arte”. È innegabile che in Occidente l’epoca dei grandi nomi, come Picasso o Van Gogh, è terminata, ma le accademie continuano a lanciare ogni anno nuovi artisti e nuove artiste sul mercato con l’ambizione di strappare un contratto con una galleria d’arte potente e fare del loro nome un elemento imprescindibile di collezioni pubbliche e private.

Ruangrupa, tuttavia, ha messo in chiaro il fatto che non ci sarebbe stato nessun Matisse asiatico e nessun Beuys africano nell’esposizione. Al contrario, anche artisti e artiste affermate, come la cubana Tania Bruguera, hanno felicemente rimpiazzato il loro nome con quello del collettivo con cui hanno lavorato (nel caso di Bruguera, l’Hannah Arendt International Institut of Artvism – INSTAR).

Opere
Lázaro Antonio Martínez Durán del collettivo INSTAR utilizza scatole di cibo, dolciumi, giocattoli, etc. per disegnare le sue notizie della TV. Eduardo Simantob/SWI

Lumbung

La parola chiave di documenta fifteen è “Lumbung”. È un termine indonesiano che indica “un granaio per il riso comunitario, in cui viene messo il raccolto in eccesso a beneficio della comunità”. Ruangrupa ha esteso il significato a ogni tipo di lavoro collaborativo, andando oltre il concetto anarchico di “aiuto reciproco”. Questa pratica esiste in tutto il mondo e non è sostenuta solo nei collettivi artistici o come una moda alternativa della cosiddetta Generazione Z (quella diventata adulta negli anni 2010). L’arte è vista solo come uno degli strumenti che, accanto a progetti sociali e all’attivismo politico, sono usati da una rete di collettivi.

master documenta
Il diagramma di documenta fifteen, all’entrata del Fridericianum, il principale spazio espositivo. È qui che documenta è nata nel 1955 e quest’anno parte del diagramma è stata offerta alla OFF-Biennale Budapest, collettivo che si dedica all’arte della comunità rom, una delle più emarginate in Europa. Eduardo Simantob/SWI

Documenta fifteen ha aperto molte finestre sul modo in cui le persone in società povere fanno e pensano l’arte. Al contrario della nozione occidentale, in cui l’arte ha perso  spontaneità in nome del virtuosismo stilistico ed è racchiusa nel suo regno tecnico (per parafrasare il critico Boris Groys), ruangrupa ha portato con sé un mondo in cui l’arte è un tutt’uno con la cultura popolare e la vita quotidiana. Un mondo in cui non ci sono sponsor pubblici o privati, fondazioni generose o scuole d’arte lautamente sovvenzionate.

In queste realtà, il collettivo non è una questione di ideologia, ma di sostenibilità e sopravvivenza. La curatrice turco-tedesca Ayse Gülec sottolinea che documenta fifteen è stata totalmente fondata su questi principi. “Lumbung non è una metafora, abbiamo davvero lavorato basandoci sui principi di collaborazione e solidarietà”, afferma.

Installation by Agus Nur Amal PMTOH
“Tritangtu”, installazione di Agus Nur Amal PMTOH (Indonesia) utilizza oggetti domestici per performance di narrazione e per creare oggetti che trasmettano idea, conoscenze, metodi di risoluzione dei conflitti e di recupero da un trauma. Eduardo Simantob/SWI

Le opere erano profondamente legate a problematiche ambientali, politiche e sociali. Tuttavia, a differenza del tono tipico di denuncia dell’arte politica, gli attivisti e le attiviste del Lumbung stanno seriamente (anche se non sempre con successo) cercando soluzioni sostenibili alle questioni che sollevano.

Questo tipo di organizzazione mette in evidenza anche problemi dai risvolti mondani e pratici. Alexander Supartono, membro del collettivo Taring Padi (quello al centro del dibattito sull’antisemitismo) afferma a SWI swissinfo.ch che l’amministrazione di documenta non sapeva come pagare gli artisti e le artiste, per esempio. I collettivi, infatti, spesso non hanno dei conti bancari. “La puntualità è un’altra prigione”, dice. Ma, nonostante piccoli inciampi, l’esperienza ha lasciato dei segni indelebili. “Documenta ci ha reso molto più forti”, dice, “abbiamo convalidato il nostro modo di lavorare, collaborare e diffondere la solidarietà”.

Visitatori e visitatrici si sono trovati di fronte anche ad opere che, a tratti, ricordavano lavori naif di studenti e studentesse d’arte. In alcuni casi, l’esposizione era effettivamente un po’ piatta, senza la profondità a cui viene associata di norma l’arte contemporanea. In ogni caso, ha dimostrato che un altro modo di guardare e lavorare sul mondo è possibile – e necessario.

WC segnali
Documenta fifteen ha risolto un problema della guerra culturale: i bagni nei suoi spazi sono stati indicati secondo la funzione, non secondo il genere. Eduardo Simantob/SWI

Traduzione: Zeno Zoccatelli

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