“Il valore del bene comune per un nuovo mondo”
Da consumatori e azionisti, a semplici cittadini. Da cultori di interessi personali e privati, a promotori del bene comune, per costruire un nuovo modo di vivere insieme. Le idee di Riccardo Petrella per uscire dalla crisi.
Economista italiano famoso in tutto il mondo, militante, chiaramente profilato, risponde presente ovunque sia possibile proporre soluzioni alternative alla mondializzazione dell’economia e al capitalismo, che lui riunisce sotto un unico tetto: “Teologia Universale Capitalista” (TUC).
Petrella non ha dubbi: l’attuale sistema è fondamentalmente un mondo per pochi, nel quale la persona umana è ridotta a “risorsa umana”, al pari, per esempio, della risorsa petrolio.
Il tempo e lo spazio sono frantumati e ridotti a variabili di costo e di profitto. Mentre i diritti umani e sociali, universali ed imprescrittibili, sono svuotati di contenuto, considerati reversibili e negoziabili e trasformati in “bisogni vitali”.
Dopo una lezione all’Accademia di architettura di Mendrisio, Riccardo Petrella ha spiegato a swissinfo come analizza l’attuale crisi e che cosa fare per costruire un mondo diverso e, se possibile, migliore.
Dalla formula “magica” al fallimento totale
“Il sistema costruito negli ultimi trent’anni – spiega a swissinfo Riccardo Petrella – è frutto di decisioni prese negli anni Settanta e Ottanta. Penso, per esempio, all’eliminazione dei controlli sui movimenti dei capitali, all’autorizzazione dell’espansione dei paradisi fiscali, all’introduzione generalizzata del segreto bancario, all’instaurazione di tassi di scambio flessibili e alla deregolamentazione delle banche”.
“Questo sistema sballato – ricorda il professore – era stato presentato come la formula più avanzata e organizzata dell’economia capitalistica di mercato globalizzata. Ebbene questo sistema, presentato anche come il sistema più efficiente dell’utilizzazione delle risorse del pianeta per soddisfare i bisogni della popolazione mondiale, è un fallimento totale”.
L’idea di “sviluppo infinito” promesso e proposto dall’economia attuale, veicolato da termini come anytime (in qualsiasi momento) e anywhere (dovunque) quali simbolo della capacità di azione permanente ed illimitata, mostra drammaticamente i suoi limiti e coincide, secondo il professore, anche con il crollo di molte illusioni.
Vecchie regole d’oro che oggi scricchiolano
E la Svizzera, in tutto ciò? “Intanto occorre ricordare che la Svizzera non è solo finanza. Molto del suo benessere, della sua forza economica e del suo potere sul piano internazionale, sono tuttavia legati ai servizi finanziari. Le regole adottate negli ultimi trent’anni e che la Svizzera non ha ostacolato – sottolinea Petrella – oggi possono diventare elementi di rottura e di fragilizzazione nel sistema economico elvetico”.
Come gli altri paesi, la Svizzera tenta disperatamente di resistere. Ma lo fa, secondo Petrella, in modo maldestro cedendo, come ha ceduto, alle pressioni americane: “La dinamica nei confronti degli USA che possiamo riassumere cosi ‘Ti do 800 milioni, ma poi stai zitto e mi lasci in pace’, non mi pare una risposta molto intelligente. Al di là di questo episodio, la verità è che anche la Svizzera deve rispondere alla crisi strutturale di un sistema che ha contribuito a fare crescere”.
Secondo Riccardo Petrella in un sistema come il nostro, è probabile che le soluzioni vere ed efficaci di trasformazione del sistema, non saranno adottate. Perlomeno a corto termine. E le ragioni sono lì, tutte da vedere.
La logica del “si salvi chi può”
“Dopo una prima fase in cui tutti hanno evidenziato la gravità della situazione, convinti però sotto-sotto di poterne uscire abbastanza velocemente, l’esame di realtà non ha più potuto essere rimandato. I politici – evidenzia Petrella – hanno dovuto riconoscere che la crisi è davvero molto grave e che non ce l’avrebbero fatta, mantenendo le soluzioni politicamente accettabili dai sistemi dominanti”.
“Davanti ad una situazione così, la logica del ‘ciascuno per sé’ e del ‘si salvi chi può’, si è fatta largo in maniera forte. In un contesto in cui l’Unione europea (Ue) si è dimostrata molto debole e in cui ogni paese tenta di uscirne con il minor numero di piume spennate – sottolinea l’economista – la Svizzera, così come gli altri Stati che non sono poi così innocenti rispetto a queste cose, tenta di tenere a galla il sistema finanziario, che a sua volta tenta disperatamente di salvare se stesso”.
Insomma invece di cambiare profondamente, la finanza e l’industria continuano ad affermare “ce la faremo”. “Ma ce la faranno a fare cosa? A ristabilire le cose di prima? A riproporre le stesse dinamiche? commenta Riccardo Petrella.
In verità è che il ripiegamento su se stessi e il disperato tentativo di salvare le proprie penne (imprese, industrie, sistema energetico), è legato all’assenza di un accordo comune. “E non c’è accordo non perché ogni paese è governato da imbecilli (i nostri governanti non lo sono affatto), ma perché i principi sui quali il sistema si è sviluppato, impedisce ai nostri governanti di essere responsabili nell’interesse generale”.
Dalla competitività alla cooperazione
In un sistema che fa fatto della competitività la sua bandiera e della concorrenza sfrenata un valore assoluto, cambiare rotta è un’impresa difficile. “Come si fa – aggiunge Petrella – a pretendere che ora tutti diventino cooperativi?” Non è fattibile, ma è però possibile avviare davvero un processo di cambiamento, che deve iniziare da noi.
“E’ ora che torniamo ad essere cittadini, e non consumatori o piccoli azionisti. Il capitale ha coltivato l’illusione che tutti potessero accedere alla ricchezza rapidamente”. Ma a lasciarci le penne non sono mai i grandi gruppi, che giocano con le cifre rosse, ma i piccoli, rigorosamente al verde.
Riscoprire il bene comune è il primo passo verso un nuovo progetto di società. “Il principio dei beni comuni, dei servizi essenziali alla vita individuale e collettiva, è fondamentale. I beni comuni – sottolinea Riccardo Petrella – rinviano all’idea dell’insieme dei principi, delle istituzioni, delle risorse, dei mezzi e delle pratiche che permettono a un gruppo di individui di costituire una comunità umana”.
“Una comunità – conclude il professore – capace di assicurare il diritto ad una vita degna a tutti, così come la loro sicurezza collettiva, rispettando la diversità, promuovendo la solidarietà, stilando un nuovo patto con le generazioni future, avendo cura della sostenibilità globale del Pianeta”.
swissinfo, Françoise Gehring, Mendrisio
Riccardo Petrella è professore emerito all’Università Cattolica di Lovanio (Belgio), già direttore nel 1970 del Centro Europeo di Ricerche Sociali Comparative a Vienna e dal 1978 del Programma Forecasting and Assessment in Science and Technology alla Commissione delle Comunità Europee.
Insegna anche alla “Libera Università di Bruxelles” (sessione olandese) e presiede l’Istituto Europeo di Ricerca sulla Politica dell’Acqua di Bruxelles.
È attivamente impegnato nello studio della mondializzazione, del welfare, dell’educazione e, negli ultimi tempi, dei problemi dell’acqua (diritto alla vita, bene comune…).
A questo proposito ha fondato il Comitato Internazionale per il Contratto Mondiale dell’Acqua, presieduto da Mario Soares. Dal 2001 insegna presso l’Accademia di architettura di Mendrisio.
Nel libro “Una nuova narrazione del mondo” (2007) Riccardo Petrella interpreta l’ attuale situazione economica e sociale del mondo dominata dalla fede nella tecnologia, dalla fiducia nel capitalismo e dalla convinzione dell’impossibilità di alternative al sistema attuale.
Nella seconda parte del libro propone una diversa narrazione del mondo fondata su 7 principi: il principio della vita, dell’umanità, del vivere insieme, dei beni comuni, della democrazia, della responsabilità e dell’utopia.
I tre elementi che hanno fondato per secoli gli Stati-Nazione sono imprescindibili: Identità, Fiducia e Solidarietà. Senza le prime due non potrà mai esserci solidarietà e senza solidarietà non potrà esserci nessuna società.
Secondo Petrella attualmente non siamo più una società perché non esiste più solidarieta né esistono più beni comuni da organizzare e amministrare insieme, per il bene collettivo.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.