Parole assordanti a causa del silenzio
L'intervento infuocato del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad a Ginevra è descritto con sdegno dai giornali elvetici. Secondo la stampa, boicottare la conferenza di Durban II come hanno fatto alcuni paesi, non serve tuttavia a nulla.
«Il discorso dell’odio», «Vergogna per la Svizzera», «Show antisemita di Ahmadinejad».
Il discorso del presidente iraniano, che non ha lesinato parole dure nei confronti di Israele definendolo un regime «brutale» e «razzista», è stato condannato con fermezza dai giornali svizzeri.
Le esternazioni dell’«istigatore di Teheran», come lo definisce il Blick, non sono tuttavia nuove. Gli editorialisti si sono così principalmente soffermati sulla reazione dei paesi occidentali e sul senso di una conferenza contro il razzismo che lascia la parola a un negazionista.
Il discorso di Mahmud Ahmadinejad è stato inopportuno ed è da condannare con la più grande fermezza, scrive Le Temps, che biasima però gli Stati occidentali, rei di avergli in qualche sorta «aperto la strada».
Dopo aver ottenuto dai paesi islamici e africani quello che volevano nella bozza di documento finale (rinuncia del concetto di diffamazione delle religioni e dei risarcimenti per il periodo della schiavitù), si legge sul foglio romando, cinque Stati europei hanno rifiutato di partecipare alla Conferenza. Come dire ai musulmani e africani: «Fate pure delle concessioni, ma sappiate che non saranno mai abbastanza».
Il boicottaggio non serve
Sottolineando lo sbaglio di boicottare il vertice, Le Matin trova «deprimente» che nella sala dell’ONU non vi fosse nessuno a replicare alle parole del presidente iraniano. «Non basta voltare le spalle», denuncia l’editorialista romando, secondo cui «il boicottaggio non è un’arma, la parola sì».
Puntando il dito contro i Paesi occidentali, come Germania e Francia, Le Matin sostiene che «è a causa del silenzio di coloro che avrebbero dovuto denunciarlo, che le parole di Ahmadinejad sono assordanti».
Nemmeno per il bernese Der Bund il boicottaggio è la soluzione. «Non bisogna lasciare il campo libero ad Ahmadinejad senza lottare».
Malgrado i suoi difetti, aggiunge Le Temps, l’ONU rimane uno spazio multilaterale necessario al dialogo: «Era lì che bisognava replicare ad Ahmadinejad».
«Se la conferenza detta di Durban II fosse stata preparata in modo adeguato, con la ferma volontà di rispettare i suoi obiettivi – si legge sul Giornale del Popolo – il presidente iraniano non avrebbe osato sfidare la comunità internazionale con le sue tesi aberranti sull’Olocausto e lo Stato ebraico»
Relazioni Svizzera-Israele
Aspramente criticata da Israele per l’incontro di domenica tra il presidente elvetico Hans-Rudolf Merz e Ahmadinejad, la Svizzera è nuovamente caduta «nella trappola iraniana», ritiene il Tages Anzeiger.
Come già in occasione della visita della ministra degli affari esteri Micheline Calmy-Rey a Teheran nel 2008, scrive il quotidiano zurighese, il regime dei Mullah ha mostrato ancora una volta al mondo intero e al suo popolo di non essere isolato a livello internazionale.
Certo, Ahmadinejad non è un agnello innocente, osserva dal canto suo la Berner Zeitung, rammentando che la missione di Merz non era tuttavia di tessere le lodi del presidente iraniano. La Svizzera rappresenta gli interessi degli Stati Uniti in Iran dal 1980, ricorda il giornale, con il mandato di riportare i due paesi al tavolo delle trattative. «Ma soltanto con il dialogo si possono rompere due fronti induriti».
Commentando la decisione di Israele di richiamare il suo ambasciatore a Berna – «una delle misure più severe della diplomazia internazionale» – la Basler Zeitung giudica «incomprensibile» che lo Stato ebraico prenda la Svizzera come capro espiatorio.
Stando a La Regione Ticino, che cita l’ex ambasciatore israeliano a Berna, le relazioni tra i due paesi sarebbero «al minimo storico».
Conferenza poco credibile
Controversa pure l’assenza di Calmy-Rey a Ginevra. Per la Basler Zeitung la ministra ha preso una decisione «giusta», mentre secondo il 24 Heures, la consigliera federale ha evidenziato un atteggiamento poco coerente.
Ha deciso di non andare a Ginevra per paura di partecipare a una degenerazione generalizzata, afferma il foglio svizzero francese, ma non ha avuto questo pudore quando si è recata in Iran con il velo per firmare un contratto sul gas «nell’antro del diavolo».
Il problema di questa incresciosa faccenda non è Merz, né Calmy-Rey o la Svizzera, ritiene la Luzerner Zeitung, ma «risiede nell’essenza di questa conferenza».
«Quando la lotta contro razzismo e intolleranza è condotta da paesi che violano i diritti umani come Libia, Iran, Pakistan o Cuba – conclude la Luzerner Zeitung – è la credibilità che viene a mancare».
swissinfo, Luigi Jorio
La prima conferenza dell’ONU sul razzismo era stata organizzata nel settembre del 2001 nella città sudafricana di Durban.
Il summit era stato teatro di numerose provocazioni, in particolare contro Israele.
I partecipanti alla manifestazione avevano evitato in extremis il naufragio, adottando all’unanimità una dichiarazione finale, ‘ripulita’ dai riferimenti antisemiti, e un piano d’azione per lottare contro il razzismo. Israele e Stati Uniti avevano abbandonato il vertice.
La seconda conferenza dell’ONU sul razzismo si è aperta lunedì a Ginevra e si chiuderà il 24 aprile. Obiettivo del summit è di esaminare i passi che sono stati compiuti dal 2001 e quanto rimane ancora da fare.
I partecipanti dovranno pronunciarsi su un progetto di dichiarazione, dalla quale sono stati eliminati i toni anti-occidentali, i riferimenti antisemiti e la nozione di “diffamazione delle religioni”, difesa da paesi musulmani ma invisa all’Occidente, che vi intravede un inaccettabile limite alla libertà d’espressione.
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