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Sguardi sospesi, alle cinque della sera

Gioco di specchi: lo sguardo di Burri su Picasso che guarda la corrida René Burri

Generazioni diverse, unite da una medesima passione: la fotografia. Marco D’Anna e René Burri incrociano i loro sguardi nel Projet Corrida. Seguendo una partizione individuale per una composizione collettiva, narrano la loro corrida. A Locarno.

A las cinco de la tarde. È un verso che torna puntuale, inesorabile, imperterrito, doloroso, come i precisi rintocchi di una campana che non lascia scampo. A las cinco de la tarde, alle cinque della sera: il poeta andaluso Federico Garcia Lorca l’ha scritto una trentina di volte nel suo Lamento per Ignacio Sanchéz Mejías, un valoroso torero spagnolo morto a Madrid il 13 agosto 1934.

La corrida è al centro di un progetto che i due fotografi svizzeri René Burri e Marco D’Anna hanno percorso, a distanza di 54 anni, seguendo la stessa pista. Due viaggi, in due epoche molto diverse, nei misteri della corrida, in parte svelati dagli sguardi sensibili e attenti di due fotografi che le immagini non le rubano, ma le colgono e le accolgono. Così nei loro sguardi si specchia la società che li circonda, con tutte le sue aspirazioni e contraddizioni.

Allegoria della vita

Al Festival Film Locarno e negli spazi della Galleria Amman, D’Anna e Burri hanno deciso di presentare i loro sguardi incrociati, forse per scoprire quanto sono prossimi, o quanto la corrida sia un’immutabile allegoria della vita, come ha sottolineato Domenico Lucchini – direttore del CISA (Conservatorio internazionale di Scienze audiovisive) e grande conoscitore d’arte – nel presentare la mostra.

Sfiorando le piste di Hemingway e di Picasso, Domenico Lucchini propone un percorso di ricognizione su rituali, tragedie, frammenti, movimenti e sequenze della corrida, che i due fotografi hanno interpretato separati da poco più di mezzo secolo, ma con una forza concettuale e artistica che azzera le distanze. Foto in bianco e nero, immagini a colori, formati diversi, supporti diversi per narrare un mondo dove le sfumature hanno il nitore di una lama.

Sguardi incrociati, dunque. Ma anche sguardi sospesi, che osservano ma non giudicano. Che attendono la manifestazione della realtà, degli opposti che si alternano e che abitano il cuore pulsante della corrida: vita e morte, bene e male, luce e ombra, gioia e dolore, donna e uomo, creazione e distruzione. Eros e Thanatos.

Il punto di congiunzione

Baudelaire le chiamerebbe correspondances. Certo è, come hanno fatto notare Marco D’Anna e Domenico Lucchini, che spesso le cose non succedono per caso. E nemmeno i luoghi, dove le idee prendono forma, sono un azzardo. Tarifa, dove Marco D’Anna e René Burri si sono incontrati, non è solo una località andalusa, non è solo il comune più meridionale dell’Europa continentale, è anche il punto di congiunzione tra due continenti, tra due culture. È soprattutto il punto di congiunzione di un comune sentire, di due storie personali e professionali.

Burri, che nella sua lunga carriera di fotoreporter ha fotografato molti conflitti, nella corrida ha ritrovato l’allegoria dell’uomo costantemente in lotta con la sua parte animale. La lotta dei toreri nell’arena, la lotta di Picasso per dipingere l’orrore di Guernica e la battaglia di un bambino per custodire la sua innocenza: queste le straordinarie immagini che nascono dall’obiettivo di René Burri quando negli anni ’50 si mette di fronte a un toro.

Quando, a distanza di 50 anni, Marco D’Anna fotografa la corrida negli stessi luoghi di René Burri, quella che sembrava una tradizione immortale, è sempre più bersagliata da critiche. La modernità respinge lo spettacolo della morte e una ritualità che non capisce più? Fondendo in modo originale riprese e fotografie, Marco D’Anna riesce a creare uno spazio di riflessione attraverso un raffinato linguaggio estetico.

«Sono e resto un fotografo»

Invitato da Stefano Knuchel, regista e giornalista RSI, a sperimentare nuovi linguaggi, Marco D’Anna ha colto la sfida di trasformare il suo strumento quotidiano in qualche cosa di diverso. «Non mi interessa, per ora, filmare con la cinepresa. Il mio mondo – spiega a swissinfo.ch – è quello della fotografia. Ma oggi ci sono macchine che ti permettono di cogliere le immagini in movimento».

«È vero che cinema e fotografia sono molto legati, sono binomi inscindibili. In questo gioco formale – aggiunge Marco D’Anna – ho voluto così sperimentare questa possibilità. Projet Corrida accosta immagini fisse, sequenze in movimento. È un gioco di rimando tra fotografie e immagini in movimento, non solo video. Scoprire che nel 1957 René Burri aveva fatto la stessa cosa, ossia documentare una corrida con fotografie e riprese con una camera 16mm, è stato sorprendente, ma non casuale. Abbiamo così deciso di montare insieme i due lavori».

Punti di congiunzione innegabili, risultato intrigante. Le foto riprendono, come ha ricordato Domenico Lucchini «i rituali della corrida, dall’intervento dei banderillas, a quello dei picadores, alla suerte suprema, il momento in cui il torero conficca la spada nel cuore del toro». Senza omettere la parte più legata alla devozione religiosa, alla vestizione e a gestualità cariche di simboli.

“5:30”, a las cinco de la tarde

Alle cinque della sera è solitamente l’ora di avvio della corrida; è la stessa ora in cui il torero Ignacio Sanchéz Mejías viene ferito a morte il 13 agosto 1934. “5:30” è il corto di Marco D’Anna, che non nasconde i lati cruenti della corrida. «È un mondo che non mi appartiene – dice D’Anna – ma non spetta a me giudicare. Il mio lavoro è quello di documentare, di costruire una narrazione in immagini». Sospendendo il giudizio.

«In questo senso René Burri mi ha cambiato la vita, per questo per me è molto più di un amico: è un maestro di vita. Lui mi ha fatto capire che il lavoro di fotografo non si può scindere dalla propria filosofia di vita. Ci deve sempre essere una coerenza, un rigore e una capacità di apertura. Sono molto legato al mio bisogno di ricerca e di documentazione. Ma so benissimo che per un fotografo è importante confrontarsi con i nuovi linguaggi digitali. Bisogna essere pronti a mettersi in gioco, riposizionarsi. Senza mai tradire se stessi».

Nel quadro dei programmi speciali/Corti d’autore del Festival Film Locarno, Projet corrida viene proiettato lunedì 8 agosto alle 16.00 a La Sala e riproposto sabato 13 agosto alle 11 a L’Altra Sala.

Projet Corrida si compone di:

Corrida, Uno sguardo di René Burri, della durata di 9 minuti; sceneggiatura di Stefano Knuchel e musica di Zeno Gabaglio;

5:30, corto realizzato da Marco D’Anna, della durata di 8 minuti, musiche di Enrique del Carmen, Felixjd e Dj Habett;

– una mostra fotografica ospitata nella Galleria Amman a Locarno fino al 3 settembre, dedicata ai lavori sulla Corrida dei due fotografi.

Nato a Zurigo nel 1964, Marco D’Anna fin da giovanissimo ha intrapreso la carriera di fotoreporter, ottenendo il Diploma Federale di fotografo nel 1984.

In seguito si forma frequentando importanti fotografi tra i quali Gabriele Basilico, René Groebli, René Burri e Mario De Biasi.

Nel 1986 apre l’Atelier di Lugano.

Le sue fotografie sono entrate in collezioni private e pubbliche (tra le altre, la collezione Americana della Polaroid) e sono state pubblicate su numerosi libri e riviste nei vari ambiti della fotografia (National Geographic, edizioni Franco Maria Ricci, Vanity Fair, Rolling Stone, Flair, Sport Week, Grazia, Corriere della Sera e Repubblica).

Dal 2004 al 2010 ha viaggiato intorno al mondo con lo scrittore Marco Steiner, ripercorrendo i luoghi che hanno ispirato il grande artista Hugo Pratt nelle saghe degli Scorpioni del Deserto e di Corto Maltese. Insieme hanno realizzato le prefazioni dei quattordici volumi delle avventure di Corto Maltese.

Noto e attivo a livello internazionale, René Burri è nato nel 1933 a Zurigo. All’età di 13 anni, fotografa Winston Churchill di passaggio in Svizzera. Tre anni più tardi, entra alla scuola delle arti applicate di Zurigo (Kunstgewerbeschule).

Nel 1959 diventa membro dell’agenzia  Magnum e nel 1982 presidente. Dalla crisi di Suez nel 1956 fino al massacro della piazza Tiennanmen nel 1989, René Burri percorre il globo in lungo e in largo per riviste e quotidiani prestigiosi.

Nel 1963, realizza un grande reportage a Cuba, dove ha l’occasione di incontrare Fidel Castro e Che Guevara. Nel 1965, parte per la Cina. Nel 1967, copre la Guerra dei Sei Giorni ed espone all’Art Institute di Chicago.

Nel 2011, gli viene conferito lo Swiss Press Photo Award alla carriera.

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