Soldini, il grido della passione che svela e rivela
A tre anni di distanza, Silvio Soldini torna a incantare il pubblico di Soletta con uno spaccato dell'Italia reale, una storia di passione, di sogni rincorsi e speranze tradite. Ambientato in una Milano di periferia, "Cosa voglio di più" è in gara per il Prix du public.
La vita di Anna ha il sapore della certezza: un matrimonio, una casa, un lavoro sicuro, un pranzo in famiglia e una sabato sera con gli amici. È una vita scandita dalla routine, una catena ordinata, una sicurezza tanto innegabile quanto illusoria. Basta uno sguardo però a rompere gli schemi: due corpi si parlano, si chiamano, si cercano e all’improvviso ogni certezza s’infrange.
Cosa voglio di più è la storia di un’attrazione fuori dal comune, di una ricerca del diverso, della paura e della necessità di interrogarsi. Con uno stile quasi documentaristico, Silvio Soldini insegue i problemi e le contraddizioni di una generazione di quarantenni confrontata a un’assenza di orizzonti, in un contesto tra il precariato e la piccola borghesia milanese.
«Dopo Giorni e Nuvole volevo fare una commedia, racconta il regista italo-svizzero a swissinfo.ch. Poi però mi sono reso conto che il dramma vissuto da questi personaggi (una famiglia alle prese con il licenziamento del padre, ndr.) aveva profondamente toccato il pubblico. Gli attori non erano più solo interpreti, ma persone, ricordi. Allora mi è venuta voglia di raccontare un’altra storia vera, di sondare ancora un po’ in questo universo affettivo, partendo però da due impiegati».
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Una passione che non fa sconti
La pellicola racconta le vicende di Anna (Alba Rohrwacher) e Domenico (Pierfranceso Favino), alle prese con una passione sconvolgente e con il peso del tradimento. Con una moglie (Teresa Saponangelo) e due figli, Domenico – immigrato dalla Calabria – deve fare i conti con un universo di tradizioni e precarietà e un salario che non basta mai. Anna invece ha un posto sicuro come impiegata, è sposata con Alessio (Giuseppe Battiston) e medita se concepire un figlio, senza però mai riuscire a prendere una decisione definitiva.
La cinepresa di Soldini accompagna i due protagonisti in un crescendo di emozioni: l’ansia di vedersi, la paura di lasciarsi, quel bacio rubato sotto al portone e quell’abbraccio furtivo in un motel a ore. «Ho cercato di esplorare il tema dell’amore nelle sue molteplici sfaccettature, spiega Soldini. La comprensione di Alessio, la gelosia di Teresa e la passione travolgente di Anna e Domenico. Il loro è un amore che infiamma e fa paura, perché crea disequilibrio. È un tipo di amore che non tutti hanno occasione di conoscere nel corso della vita».
Per la prima volta, Soldini esplora da vicino anche la sessualità della coppia, proponendo delle scene che non hanno mai nulla di voyeuristico, ma mantengono una naturalezza e una delicatezza del tutto particolari. «Il pubblico è fin troppo abituato a scene di sesso con la musichetta in sottofondo oppure fin troppo hard. Io ho cercato di raccontarle in modo diverso, più realistico, senza fare differenze con le altre parti del film. Volevo che lo spettatore riuscisse davvero ad immedesimarsi in Anna e Domenico».
Talvolta i personaggi risultano perfino un po’ comici, tanto sono impacciati in quel motel fatto di specchi e passione per 50 euro ogni quattro ore. A fare da sfondo alla storia tra Anna e Domenico c’è una Milano di periferia, nella quale Soldini non tornava a girare dai tempi di “Un’anima divisa in due”, del 1993.
Di origine ticinese, Silvio Soldini nasce a Milano nel 1958. Dopo aver studiato cinema a New York, nella prima metà degli anni Ottanta realizza i suoi primi filmati in Italia. Nel 1990, il lungometraggio “L’aria serena dell’ovest”, ottiene i favori della critica. Il successo presso il pubblico giunge nel 2000 con “Pane e tulipani“, lungometraggio premiato con il David di Donatello (9) e il Nastro d’Argento (5). Seguono “Brucio nel vento” (2002), “Agata e la tempesta” (2004) e “Giorni e nuvole” (2007). Con quest’ultimo lungometraggio, Silvio Soldini si aggiudica il David di Donatello per la miglior attrice protagonista (Margherita Buy) e la miglior attrice non protagonista (Alba Rohrwacher) e un Nastro d’argento sempre per l’interpretazione di Margherita Buy. Negli ultimi tre anni, ha realizzato una serie di documentari: “Un piede in terra e l’altro in mare” (2007), “Quattro giorni con Vivian” (2008), “Un paese diverso” (2008).
Una lama in pancia
Con questo suo ultimo lungometraggio, presentato tra l’altro anche alla Berlinale 2010, Silvio Soldini continua quindi idealmente dopo Giorni e nuvole il tentativo di raccontare la realtà italiana partendo dal cuore della società stessa. «L’Italia sta vivendo un momento storico particolarmente difficile, anche a causa di chi c’è attualmente al potere», sottolinea Silvio Soldini. «È difficile guardare con serenità al futuro, soprattutto per le nuove generazioni. Un tempo i giovani potevano sperare di fare meglio dei loro genitori, di avanzare verso il progresso, raggiungere il successo. Ora ci vuole molto più coraggio per osare, per staccarsi dalla quotidianità e rincorrere i propri sogni».
In questo contesto di incertezza, stupisce che alla fine del titolo Soldini non ci abbia messo un punto interrogativo: “Cosa voglio di più?”. «Identificare i propri desideri e rimettere in questione una vita intera non è un’impresa facile. Ma non lo è neppure accettare il presente e adattarsi», afferma il regista. «L’esperienza di Anna la porta a capire ciò che vorrebbe di più dalla vita. Il problema però rimane ed è quello di riuscire a combinare ciò che ha con ciò che vorrebbe avere».
La storia raccontata da Soldini non è certo nuova, eppure in un qualche modo riesce a rompere gli schemi. Apre interrogativi, ma non offre risposte. A volte disturba, perfino. Forse per la sua immediatezza o forse perché lascia spazio ad interpretazioni non sempre romantiche. «Il tipo di cinema nel quale mi immedesimo implica da sempre un lavoro con tutti i sensi», ammette Soldini. «Significa scavare dentro alla propria psicologia, ai ricordi, alle emozioni, alle sensazioni. Ogni film si trasforma in un piccolo passo di un percorso che va inventandosi e che ti porta a una conoscenza maggiore della vita e degli uomini. E forse è proprio questo il bello di fare cinema».
Come da tradizione, durante le Giornate del cinema di Soletta vengono nominati i candidati ai Quartz 2011, i premi del cinema svizzero.
Per il miglior lungometraggio sono stati selezionati: “Cosa voglio di più” (Silvio Soldini), “La petite chambre” (Stéphanie Chuat e Véronique Reymond), “Der Sandmann” (Peter Luisi), “Sennentuntschi” (Michael Steiner) e “Stationspiraten” di Michael Schaerer.
“Cosa voglio di più” e “La petite chambre”, assieme a “Der
Sandmann”, sono in lizza anche per l’Oscar alla miglior sceneggiatura.
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