Un secolo raccontato a mano libera
Più di 50mila disegni di bambini sono custoditi in uno scantinato nella periferia di Zurigo. Da alcuni anni, una storica dell'arte li sta analizzando per capire come vi si riflettano i cambiamenti a livello sociale, politico e didattico. Tra le opere scoperte, anche quelle dei giovani Dürrenmatt, Carigiet e Piatti.
Anna Lehninger si muove precisa, come un metronomo nello scantinato alla periferia di Zurigo. Sale sulla scala traballante, apre scatole di cartone e cassettoni, scartabella per alcuni lunghi minuti e ridiscende con alcuni fogli. Li passa in rassegna, li osserva e poi, la sorpresa si disegna, ancora una volta, sul viso di questa giovane storica dell’arte.
Quelle che ha davanti agli occhi sono opere realizzate con la tecnica del collage, quella tecnica resa possibile dalle riviste patinate e dai cataloghi entrati nelle case degli svizzeri con il boom economico. Sono figure mostruose, moderni Frankenstein, e sono testimoni del loro tempo, come gli altri 50mila disegni conservati nell’archivio della Fondazione Pestalozzianum a Oerlikon.
L’archivio è uno spaccato rappresentativo dell’arte pittorica infantile nell’ultimo secolo nel mondo. La raccolta contiene disegni di bambini di tutti i continenti, anche se non tutti gli Stati sono rappresentati in maniera uguale.
«La ricca collezione di disegni di alcuni Stati, come Svezia e Giappone, permette di conoscere a fondo metodi o programmi di insegnamento di singoli docenti, scuole o classi. È possibile mettere a confronto l’educazione figurativa all’estero con quella in Svizzera, riscontrando analogie e differenze. Per esempio, negli anni Trenta del secolo scorso, gli obiettivi didattici nella Cecoslovacchia erano simili a quelli perseguiti a Zurigo. Nello stesso periodo, i disegni di una classe di Monaco erano già impregnati dell’ideologia e della forma espressiva del nazionalsocialismo», ci spiega la storica dell’arte Anna Lehninger.
Soprattutto il primo direttore dell’Istituto internazionale per lo studio del disegno Jakob Weidmann si dedicò al confronto con altre istituzioni analoghe nel mondo. Con la sua attività, Weidmann intendeva promuovere la pace nel mondo favorita dallo scambio di disegni tra bambini di razza e lingua diverse.
Oggigiorno, la collaborazione con altre collezioni simili è sporadica. In futuro, i responsabili della Fondazione Pestalozzianum sono intenzionati a intensificare questa cooperazione per ritrovare i disegni di bambini svizzeri in archivi all’estero e per capire quale influsso hanno avuto le mostre itineranti organizzate dall’istituto elvetico sulla didattica del disegno in altri paesi.
Dürrenmatt, vincitore sfortunato
Di tuffi al cuore come questo, la 33enne di Vienna, che da una decina di anni vive, studia e lavora a Zurigo, ne ha sentititi tanti negli ultimi tre anni. Per esempio, il giorno in cui, quasi per caso, ha scoperto i disegni di un giovane Fritz Dürrenmatt, di quel Dürrenmatt che da adulto ha scritto «La visita della vecchia signora» e «I fisici», opere teatrali cui deve la sua fama internazionale.
Sono sei disegni tracciati a matita, matite colorate e inchiostro che ricordano la sua precoce passione per la pittura, la storia e i personaggi epici. Datati 1934, gli schizzi presentano coraggiosi personaggi, come gli indiani d’America o Adrian von Bubenberg, il leggendario difensore della città di Morat durante l’assedio dei Borgognoni del 1476. «In verità, stavo cercando un altro disegno di Dürrenmatt, pubblicato in un calendario Pestalozzi degli anni Trenta e in cui lo scrittore svizzero aveva rappresentato una storica battaglia dei confederati. Quel disegno non l’ho ancora trovato e temo che non faccia più parte della collezione», ci spiega Anna Lehninger.
Il 13enne Fritz Dürrenmatt, così si firma sul retro, invia le opere in occasione dell’annuale concorso di disegno indetto dal calendario Pestalozzi. E lo fa, forse, con ancora le lacrime agli occhi. «Dürrenmatt aveva già partecipato al concorso, vincendo il primo premio: un orologio da tasca. Nel momento di scartare il regalo, preso dall’emozione, Friedrich lascia però cadere il prezioso oggetto che si rompe irrimediabilmente. Probabilmente invia i sei disegni con la speranza di aggiudicarsi di nuovo un orologio. Questa volta la giuria gli conferirà solo una menzione», racconta la storica dell’arte.
Altri sviluppi
Matite, pastelli e collage
Altri nomi importanti
Quelli di Dürrenmatt, non sono gli unici tesori di carta conservati nell’archivio. Anna Lehninger ha scoperto un ritaglio dell’artista grigionese Alois Carigiet. Incollato su un foglio ingiallito dal tempo c’è il profilo del fratello del pittore e illustratore di racconti per bambini, dello Schellenursli, per citare soltanto il più famoso. Oppure il ritratto a matita del figlio di Albert Einstein, del 13enne Eduard, l’incisione di Celestino Piatti, rinomato grafico e pittore di origini ticinesi, il disegno di Globi – il papagallo parlante, con il basco in testa e i pantaloni a scacchi rossi e neri – del futuro consigliere federale Kaspar Villiger, la rappresentazione di una fuga di Hugo Koblet durante una gara ciclistica, scena realizzata da Franz Hohler, scrittore, cabarettista e cantautore svizzero.
L’archivio non stupisce soltanto per queste opere di bambini, diventati famosi da adulti, ma soprattutto per la sua ricchezza e varietà. I 50mila disegni provengono da circa 25 paesi e sono stati realizzati durante la lezione di disegno o in occasione di un concorso in Svizzera o all’estero. La collezione della Fondazione Pestalozzianum è una tra le più importanti d’Europa, con quelle di Vienna, Praga, Mannheim o Losanna.
Sfogliando i disegni è possibile assistere allo scorrere del tempo, gettare uno sguardo sui cambiamenti nella società, sui fatti più significativi del secolo scorso e ripercorrere l’evoluzione nella didattica del disegno. «C’è materiale sufficiente per decenni di ricerca. È molto interessante vedere come i bambini hanno raffigurato la realtà che li circondava», indica la Lehninger.
Altri sviluppi
Imparare a disegnare per diventare cittadini completi
Specchio di eventi e cambiamenti
Il XX secolo non è certo stato avaro di avvenimenti storici. Alcuni hanno colpito particolarmente l’immaginario dei giovani artisti. Sono, per esempio, la difesa nazionale, la Seconda guerra mondiale – rappresentata dai papà, zii, cugini in divisa, dall’armamentario del soldato o dalla battaglia delle colture – le competizioni sportive, il primo allunaggio.
I disegni sono anche uno specchio dei processi sociali, soprattutto in seno alla famiglia. «Se fino agli anni Sessanta, i ruoli a casa erano ben definiti e rispettavano la tradizione, dagli anni Settanta, i figli iniziano a disegnare il padre intento a riordinare la cucina, a dare il biberon al bebè, la madre mentre siede al posto di guida in automobile», precisa la ricercatrice.
Tolti dalle loro custodie, i fogli raccontano un secolo a colori. Sotto lo squadro austero di alcuni busti di Pestalozzi, Anna Lehninger cerca, tra le linee leggere, le pennellate pesanti, i collage variopinti, la storia vista attraverso gli occhi dei bambini e dei giovani.
L’archivio di disegni di bambini e giovani fa parte delle collezioni della Fondazione Pestalozzianum di Zurigo e conta oggi circa 50mila opere.
Sorto nel 1932 come Istituto internazionale per lo studio del disegno, l’archivio si prefigge di documentare l’evoluzione nell’insegnamento del disegno a scuola. Il primo direttore, Jakob Weidmann (1897-1975), intende rinnovare l’educazione figurativa, liberandola dal tradizionale esercizio della fedele ricopiatura di un modello.
A questo scopo, Weidmann intrattiene un vivo contatto con docenti di altri Stati, come Giappone, Svezia o India. L’insegnante di disegno e riformatore collaborava con questi paesi nella realizzazione di numerose mostre itineranti per diffondere la nuova concezione della didattica del disegno.
Con il passare dei decenni, l’archivio si arricchisce di sempre nuove collezioni private, tra le quali quella del concorso del calendario Pestalozzi (22mila disegni) e di altre raccolte private (14mila disegni).
Per il momento, dei 50mila disegni, soltanto 400 sono stati digitalizzati. La Fondazione Pestalozzianum spera di poter continuare in futuro quest’attività di inventariazione e catalogazione delle opere.
Dall’agosto 2012, Anna Lehninger, storica dell’arte e collaboratrice di progetto presso l’Istituto per culture popolari dell’Università di Zurigo, analizza i disegni da un punto di vista antropologico-culturale. La collezione è a disposizione anche di altri ricercatori.
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