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Il canone radio-tv non va abolito, ma la SSR va ridimensionata

una persona in uno studio di regia
La SSR, un'associazione di diritto privato senza scopo di lucro, dispone di 7 reti televisive e di 17 reti radiofoniche che coprono le quattro regioni linguistiche e culturali svizzere. swissinfo.ch

La Società svizzera di radiotelevisione (SSR) gode di un vasto sostegno popolare e la proposta di abolire il canone era troppo radicale, commentano editorialisti e politologi dopo il voto sull’iniziativa “No Billag”. Tutti, SSR compresa, concordano sul fatto che l’emittente pubblica deve riformarsi.

«L’iniziativa era troppo radicale. Un sì avrebbe significato la fine dell’attuale SSR. Il popolo vuole continuare ad avere una radiotelevisione pubblica che offre dei programmi in tutte le lingue e regioni», si legge sul sito internet della Neue Zürcher Zeitung (NZZ). «La SSR gode evidentemente di un grande sostegno tra la popolazione», osserva il Tages-Anzeiger.

Rammentando il dibattito sempre più acceso sul canone radiotelevisivo in Germania o le affermazioni di Macron in Francia – secondo cui la televisione pubblica è la «vergogna della Repubblica» – Medienwoche sottolinea che contrariamente alla tendenza europea, «il popolo svizzero sta chiaramente dalla parte della SSR. Ha dimostrato di essere disposto a pagare per un servizio pubblico nei media».

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Campagna troppo lunga

Per il romando Le Temps, uno dei fattori principali del fallimento dell’iniziativa è «l’incapacità dei suoi promotori di abbozzare una visione credibile di un paesaggio audiovisivo svizzero senza SSR». Gli svizzeri, scrive il quotidiano, «non sono pronti a sacrificare un pilastro dell’identità nazionale con il solo pretesto che questo costa troppo. Indipendentemente dai suoi difetti, la SSR è un elemento indispensabile della sovranità della Svizzera nel settore dell’informazione».

I promotori dell’iniziativa non avevano un’idea precisa e per loro si trattava essenzialmente di una questione di denaro, sostiene il Blick, facendo notare che, solitamente, le proposte esclusivamente populiste non sono accolte in Svizzera. «In Svizzera non si vogliono rivoluzioni, ma evoluzioni. Ad aver davvero sorpreso in tutta questa storia è stato soltanto il dibattito che ha preceduto il voto: un dibattito che raramente in Svizzera è stato così profondo e duro», commenta il St. Galler Tagblatt.

Intervistato dalla radiotelevisione svizzera di lingua francese RTS, il politologo Louis Perron rileva che una delle particolarità della campagna è stata la sua durata. Essa è iniziata già in autunno e si è rapidamente infiammata, in particolare sulle reti sociali. Una durata inabituale che è stata fatale all’iniziativa. «È molto difficile mantenere delle emozioni così a lungo», secondo Perron.

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Secco No ad abolizione canone radio-tv Billag

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Cura dimagrante per la SSR

Malgrado la netta bocciatura dell’iniziativa No Billag, il voto non dev’essere interpretato come un assegno in bianco in favore dello statu quo, avverte Le Temps. «La SSR ha un costo elevato, una definizione imprecisa della sua missione di servizio pubblico e un eccessivo credo nel suo carattere indispensabile».

Sulla stessa linea, il Tages-Anzeiger fa notare che la SSR dispone di «ingenti risorse finanziarie» (1,6 miliardi di budget, di cui quasi 1,3 provenienti dal canone) e c’è da chiedersi se le sue attività siano giustificate e auspicabili nell’attuale portata. «Sono necessarie delle riforme».

Il voto odierno rafforza la SSR, ma la campagna elettorale ha evidenziato che l’azienda suscita un certo malcontento, in particolare per la sua dimensione, commenta la NZZ. Per il giornale di Zurigo, la SSR deve focalizzarsi essenzialmente sulla radio e sulla televisione. Il canone va quindi dimezzato e il compito della SSR limitato alla sua attività principale: l’informazione e la cultura, auspica la NZZ.

Un ridimensionamento peraltro già annunciato dallo stesso direttore della SSR, Gilles Marchand: «Ci vogliono riforme. Dobbiamo risparmiare e concentrarci meglio sulle nostre priorità: informazione, cultura, mondo digitale (…) Questa campagna ha stimolato un grande dibattito sul ruolo del servizio pubblico in un paesaggio mediatico completamente rivoluzionato. Per la SSR, quindi, questo risultato non è un traguardo, ma solo un inizio».

Prima di tutto, ha detto Marchand, «la SSR allestirà un piano di efficienza e di reinvestimento pari a 100 milioni di franchi a partire dal 2019. Così facendo la SSR ridurrà i propri budget. Dovrà infatti adattarsi al calo dei proventi del canone [che nel 2019 passerà da 451 a 365 franchi all’anno, ndr], al limite massimo di entrate che le è stato imposto e all’andamento degli introiti commerciali». Per contribuire a rafforzare la piazza mediatica svizzera di fronte alla concorrenza internazionale, la SSR cercherà inoltre ancora più attivamente di instaurare collaborazioni utili con gli altri media svizzeri.

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Il netto no all’iniziativa per abolire il canone, osserva Le Temps, offre alla SSR una chance di riformarsi nelle migliori condizioni: senza pressione e con il sostegno dei cittadini.

Commenti dall’Italia

La votazione odierna ha avuto eco anche in Italia, dove il dibattito sul canone radio-tv è altrettanto vivo. «I cittadini elvetici continueranno a pagare l’«obolo» che, con i suoi oltre 400 franchi annui (circa 400 euro) è il più caro di tutta Europa. Nessuno dei cantoni della Confederazione ha fatto eccezione e persino il Ticino, che in altre occasioni aveva votato controcorrente rispetto al resto del Paese, ha scelto di continuare a pagare il canone», scrive il Corriere della Sera.

Un consenso tanto largo per il mantenimento della tassa fa comunque specie, in particolare visto dall’Italia dove la tassa a favore della Rai era fino a poco tempo fa una delle più evase e dove in campagna elettorale è stata proposta la sua abolizione da parte del Pd, sottolinea il giornale di Milano.

Il risultato odierno non deve però stupire, puntualizza il Corriere della Sera, rammentando che «non è la prima volta che la base elettorale elvetica dà risposte sorprendenti per chi vive al di fuori dei confini svizzeri». Il quotidiano ricorda ad esempio che negli anni ‘90 la cittadinanza approvò l’introduzione di una tassa di scopo per finanziare l’alta velocità ferroviaria e la costruzione del tunnel del Gottardo, il più lungo d’Europa. Opera poi portata a termine addirittura in anticipo sui tempi previsti.

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Nel suo commento, il Sole 24 Ore ritiene che un sì a No Billag «avrebbe chiaramente messo in crisi verticale la SSR, ma avrebbe dato alcune difficoltà anche alle 34 radio e televisioni private locali, che ricevono una piccola fetta del canone».

Dal canto suo, l’Unione Sindacale Giornalisti Rai (Usigrai), schierata a fianco dei dipendenti SSR, indica in una nota che in Svizzera sono stati «sconfitti il populismo, il qualunquismo e la retorica contro il servizio pubblico». Oggi, scrivono i giornalisti, siamo soddisfatti: «prima di tutto per loro, che hanno salvato i posti di lavoro, poi però anche per questa vittoria di chi crede nel servizio pubblico televisivo e multipiattaforma come elemento irrinunciabile di tutte le democrazie europee».

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SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

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