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UBS: dal sogno all’incubo americano

Keystone

L'UBS è sotto forte pressione a causa di un'inchiesta in corso negli Stati Uniti. L'istituto è sospettato di complicità in frode fiscale. In gioco c'è anche il segreto bancario svizzero.

La morsa della giustizia americana stringe ogni giorno di più il colosso bancario elvetico. I guai per l’istituto sono iniziati in maggio in seguito a un’accusa di frode fiscale commessa da un ex dipendente americano dell’UBS ai danni dell’International Revenues Service.

Rinviato davanti a un giudice federale di Fort Lauderdale, in Florida, l’uomo si è dichiarato colpevole, ha annunciato giovedì il Ministero americano della giustizia. Ha ammesso di aver aiutato alcuni suoi facoltosi concittadini a evadere il fisco, nascondendo fino a 200 milioni di dollari in Svizzera e nel Liechtenstein dal 2001 al 2006. Il danno subito dall’erario USA è stimato a 7,2 milioni di dollari.

L’uomo, che rischia 5 anni di carcere e 250mila dollari di multa, ha detto al giudice di essere stato “incitato a fare questo tipo di attività” quale dipendente dell’UBS. Una dichiarazione che rischia di influenzare le indagini sulla banca elvetica in corso negli Stati Uniti. Washington la sospetta di non avere segnalato alle autorità americane – come invece imposto da un accordo concluso nel 2001 – i clienti che sottostanno al fisco USA e di averli aiutati a nascondere i loro capitali.

Sospetti di una pratica diffusa

Gli investigatori americani sono convinti che l’uomo sotto accusa in Florida non fosse l’unico agente dell’evasione fiscale presso l’UBS. Secondo il procuratore, la grande banca avrebbe voluto “impedire la perdita di 20 miliardi di dollari che amministrava per conto dei suoi clienti e che le facevano guadagnare 200 milioni all’anno”. Complessivamente, stando al New York Times, Washington stima a 300 milioni di dollari gli introiti complessivi sfuggiti in tal modo al fisco.

Il Ministero americano della giustizia esige ora che l’UBS riveli i nomi dei clienti statunitensi dei suoi servizi di gestione patrimoniale. Questo elenco potrebbe contenere fino a 20mila nomi.

Il Ministero ha comunicato venerdì la sua richiesta a una delegazione dell’Ufficio federale di giustizia e del Dipartimento federale delle finanze, in trasferta a Washington su invito degli Stati Uniti, che hanno già chiesto assistenza giudiziaria a Berna. Le autorità svizzere non hanno ancora deciso se daranno seguito alla richiesta.

Un danno d’immagine

La vicenda intanto crea grosse difficoltà all’UBS, proprio in un momento di riorganizzazione. In seguito alle perdite plurimiliardarie legate alla crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti, il numero uno mondiale della gestione patrimoniale stava cercando di riconquistare credibilità. Questa nuova tegola giudiziaria su cui sono puntati i riflettori dei media sta invece creando diffidenza fra una clientela di super-ricchi che in primo luogo desidera la massima discrezione.

Dalla sua sede americana a New York, l’UBS afferma di seguire con grande serietà le inchieste in corso. Oltre al Ministero della giustizia, anche la SEC, l’autorità di vigilanza sulla Borsa americana, sta investigando sulle prestazioni fornite dall’UBS ai clienti USA.

In una nota, l’UBS aggiunge che “affronterà e correggerà in modo adeguato e responsabile qualsiasi problema sollevato dalle inchieste”. La banca afferma di tenersi pronta, se si rivelasse necessario, ad “adottare le misure disciplinari adeguate”.

Segreto bancario svizzero nel mirino internazionale

L’UBS ha sempre assicurato che avrebbe collaborato con le autorità statunitensi, rispettando tuttavia il segreto bancario svizzero. Quest’ultimo aspetto preoccupa l’intera piazza bancaria elvetica.

Secondo il professor Teodoro Cocca, esperto di asset management presso l’Istituto Johannes Kepler di Linz, in Austria, queste inchieste fanno parte di un attacco coordinato alla controversa prassi delle banche svizzere. Lo specialista, che in passato ha insegnato all’Istituto di economia bancaria dell’università di Zurigo, paragona le investigazioni americane a quelle tedesche sulle frodi fiscali con la complicità di fondazioni del Liechtenstein.

Cocca ritiene che l’attacco degli Stati Uniti e dell’Unione europea contro i paradisi fiscali sia ormai inarrestabile. “È un attacco diretto e coordinato al cuore del sistema finanziario svizzero. Costituisce una minaccia a lungo termine e la Svizzera non può fare granché”, afferma il professore.

La pietra d’inciampo nelle relazioni con la Svizzera è il rifiuto della Confederazione di considerare un crimine l’evasione fiscale e di revocare il segreto bancario per tale motivo. “Una decina d’anni fa veniva ancora accettato che alcune società offshore in Stati terzi fungessero da rifugio per gli evasori fiscali. Ma il mondo è cambiato e nel paese globale odierno è pericoloso chiamarsi fuori da determinate leggi”, rileva Cocca.

A suo avviso, “prima o poi anche in Svizzera la differenza giuridica fra evasione e frode fiscale dovrà scomparire o cambiare”.

swissinfo, Marie-Christine Bonzom, Washington
(Traduzione e adattamento di Sonia Fenazzi)

La delegazione dell’Ufficio federale della giustizia e del Dipartimento federale delle finanze che si trova attualmente a Washington tenterà di stabilire se si tratta di un caso di evasione o di frode fiscale.

La distinzione è fondamentale per decidere se le autorità elvetiche possono accordare assistenza giudiziaria.

L’evasione fiscale, che consiste a non dichiarare dei redditi al fisco intenzionalmente o per omissione, non costituisce un crimine in Svizzera. Perciò non giustifica la revoca del segreto bancario.

Di conseguenza la Svizzera non accoglie alcuna domanda di assistenza giudiziaria per questioni di evasione fiscale.

Al contrario la frode fiscale, che comporta la falsificazione di documenti, può essere perseguita penalmente. In tal caso il segreto bancario può dunque essere revocato da un giudice svizzero competente e l’assistenza giudiziaria accordata.

L’azione UBS ha subito venerdì le conseguenze delle dichiarazioni dell’ex dipendente della banca davanti al giudice in Florida. Ha chiuso la seduta alla Borsa svizzera con un calo del 3,27% a poco più di 23 franchi.

Il titolo UBS è stato quello dello Swiss Market Index (SMI), pure in discesa dell’1,25%, che ha subito la maggior flessione.

Secondo un operatore, le vicissitudini dell’UBS negli Stati Uniti hanno un influsso negativo non solo sul più grande istituto svizzero, ma sull’intera piazza bancaria elvetica.

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