Gioie e dolori nella conquista di altri mercati
L'economia svizzera è particolarmente aperta al mondo: più di un franco su due viene guadagnato all'estero. I successi non sono però garantiti.
Uno dei mercati che più fa sognare le aziende svizzere è quello cinese, dove la ministra dell’economia Doris Leuthard si appresta ad effettuare un’importante visita di lavoro ufficiale.
Da anni la crescita dell’economia cinese stupisce ed affascina il mondo. Mentre la maggior parte dei paesi occidentali si ritiene soddisfatta da un ritmo di crescita del 2-3%, la Cina, trimestre dopo trimestre, presenta tassi decisamente più vigorosi che sfiorano il 10%.
Al di là di tutte le contraddizioni interne che ancora affliggono il paese asiatico, il meno che si possa dire è che il gigante si è destato. E con lui, pure il suo enorme mercato interno che suscita l’acquolina in bocca anche agli imprenditori all’origine dei prodotti Swiss Made.
“La febbre della Cina continua”, dice a swissinfo Beat Bürgi, direttore dello Swiss Business Hub (SBH) di Pechino. “In assenza di disastri maggiori, continuerà almeno fino al 2010. Ogni anno riceviamo centinaia di richieste d’informazioni”.
Ma la realtà indica che, in certi casi, l’attrazione per la Cina può diventare fatale. Alcuni esperti parlano addirittura di isteria collettiva.
“In Svizzera troppe aziende ritengono di dover assolutamente essere presenti su questo mercato”, prosegue Bürgi. “Ma la Cina non fa per tutti. Oggi solo un quarto delle 300 società svizzere che vi lavorano realizza degli utili”.
Vendere o produrre?
Per chi è interessato alla Cina, il primo spartiacque riguarda il tipo d’attività che vuole svolgervi. Semplicemente trovare un nuovo mercato per i propri prodotti oppure delocalizzare parte della produzione per beneficiare dei bassi costi della manodopera locale?
“Nel primo caso, che riguarda circa l’80% delle aziende che ci contattano, i problemi sono minori. Basta infatti trovare un rappresentante locale competente”, sottolinea Bürgi.
A condizione poi però che il prodotto, magari di successo in Svizzera, possa interessare anche i cinesi. E il caso affermativo non è per niente scontato.
Se l’azienda vuole invece anche produrre in Cina, le cose si complicano ulteriormente. “Innanzitutto l’investimento finanziario è molto maggiore”, commenta Beat Bürgi. “Ed entrano in gioco numerosi altri fattori legati alla realtà locale”.
Ad esempio la corruzione, il quadro legale complicato che muta molto velocemente o la difficoltà a far rispettare la proprietà intellettuale.
Ingegneri sfuggenti
La maggior parte delle aziende svizzere attive in Cina si concentra nei settori tecnologici, come ad esempio l’industria delle macchine o quella elettronica.
Nonostante le università cinesi sfornino ogni anno milioni di diplomati nelle discipline tecniche o in quelle scientifiche, la qualità dei collaboratori locali rimane un problema.
“Inizialmente molti di loro non hanno esperienze pratiche e le società devono formarli, magari anche in Svizzera, per alcuni mesi”, rileva il direttore dello SBH.
“Poi, considerata l’enorme concorrenza che esiste sul mercato cinese, quando tornano a casa e dispongono di un livello effettivamente produttivo, c’è un elevato rischio che si buttino alla ricerca di impieghi a migliori condizioni”.
Svizzera parsimoniosa
La sfida cinese richiede dunque particolare attenzione. Nella fase iniziale dell’approccio, le aziende possono comunque contare sul sostegno logistico e informativo dello SBH.
“Possiamo anche effettuare degli studi di mercato preliminari o fornire una serie di contatti locali. Ma non ci occupiamo di questioni operative o imprenditoriali: non è il ruolo dello Stato”, sottolinea Bürgi.
Lo SBH di Pechino dispone di uffici anche a Shanghai e a Canton. Per le sue attività di sostegno all’economia svizzera in Cina può contare su un effettivo di ben…5 persone.
Poche, molto poche. A titolo di paragone la Svezia dispone di 15 persone attive nella sola Pechino nella promozione delle esportazioni. E l’Austria ne ha 40 in tutto il paese.
swissinfo, Marzio Pescia, Pechino
Le aziende svizzere attive in Cina sono circa 300, dove dispongono di circa 700 filiali.
La Cina è il secondo maggior partner commerciale della Svizzera in Asia dopo il Giappone.
Nel mondo esistono 15 Swiss Business Hub (SBH). Quelli in Asia si trovano a Singapore, Tokyo, Mombay e Pechino.
Queste strutture fanno parte della rete Osec, l’Organizzazione di promozione delle esportazioni svizzere, e sono a disposizione delle aziende e dei privati svizzeri che s’interessano ad un particolare mercato estero.
Gli SBH si occupano prevalentemente di realizzare delle analisi preliminari di mercato e facilitano la creazione di contatti o uffici di rappresentanza locali.
Il programma della ministra dell’economia Doris Leuthard, accompagnata da una delegazione economica, prevede una visita ufficiale in Cina dall’8 al 14 luglio.
In seguito, dal 15 al 18 luglio, la Leuthard proseguirà il suo viaggio recandosi in Vietnam.
L’obiettivo della missione è quello di curare ed approfondire, sia a livello multilaterale che bilaterale, le relazioni con due tra gli Stati asiatici più dinamici.
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