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In bicicletta alla conquista del diritto di voto

La Commissione federale per le questioni femminili ha scelto di raccontare l'evoluzione in poche parole, con la parabola della storia della bicicletta.

Le pari opportunità fra donna e uomo hanno percorso un lungo cammino.

La prima bicicletta si chiamava Draisina e fu brevettata nel 1818 dal barone tedesco von Drais grazie all’appoggio della granduchessa di Baden. Ma ancora per decine e decine di anni, una signora ai pedali sarà ritenuta sconveniente, tanto che all’inizio del novecento ancora fanno scalpore le dichiarazioni di una pioniera del ciclismo femminile, la tedesca Amelie Rother: “Mai più treni persi o affollati tram a cavalli! In piena libertà e autonomia si può decidere fino all’ultimo quando e dove arrivare”.

Cento anni dopo, la situazione per fortuna è molto cambiata: l’altra metà del cielo guida tutti i mezzi di locomozione ed ha accesso alle professioni.

Le università svizzere aprirono le loro porte alle donne grazie alle studentesse russe, cacciate dagli atenei in patria dopo la rivolta del 1863: la prima laureata in medicina a Zurigo nel 1867 si chiamava Nadezca Suslova.

La prima insegnante universitaria c’è stata nel 1891, la prima avvocata nel 1923: sono veri record, a fronte degli altri paesi d’Europa. Più difficile l’ingresso nella politica: nella Confederazione le donne hanno ottenuto il diritto di voto nel 1971 (oltre un secolo dopo la Svezia: 1866).

Nei Cantoni di Vaud e Neuchâtel già nel 1959 e in Ticino nel 1969. La palma del conservatorismo va invece all’Appenzello interno, costretto nel 1990 a concedere il voto alle donne dal Tribunale federale.

Serena Tinari

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