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In Thailandia per misurare le necessità

Micheline Calmy-Rey conforta un ragazzo svizzero in un ospedale di Phuket Keystone

La ministra degli esteri svizzera, Micheline Calmy-Rey, è profondamente toccata dalla situazione in Thailandia, uno dei Paesi colpiti dal maremoto del 26 dicembre.

La consigliera federale si è recata di persona nelle zone sinistrate per rendersi conto delle necessità e per far visita ai feriti svizzeri.

Giunta in Thailandia con una delegazione di cinque persone per rendersi conto personalmente della situazione causata dal maremoto di una settimana fa, la consigliera federale Micheline Calmy-Rey si è detta impressionata dal lavoro che stanno svolgendo i soccorritori.

Ma ha espresso anche rammarico per le critiche rivolte in questi giorni all’operato dell’ambasciata svizzera a Bangkok, accusata di scarsa collaborazione.

La Calmy-Rey ha visitato un ospedale di Phuket, l’ex paradiso delle vacanze che conta il maggior numero di vittime svizzere e vi ha incontrato alcuni feriti. Poi ha parlato anche con gli esperti elvetici impegnati nella difficile opera d’identificazione delle vittime, ormai irriconoscibili, ringraziandoli per l’importante lavoro che stanno svolgendo.

Ha quindi avuto un colloquio con il ministro degli interni thailandese e il governatore della provincia di Phuket. In serata a Bangkok incontra il personale dell’Ambasciata elvetica, per poi far tappa, il giorno dopo, a Colombo, in Sri Lanka.

Aiuti dal cielo a Sumatra

L’aiuto, finalmente, arriva dal cielo per i villaggi indonesiani rasi al suolo dall’onda di terremoto.

Gente affamata è corsa verso gli elicotteri militari statunitensi e indonesiani che portano cibo e acqua ‘pulita’, già prima che atterrassero in questa parte della costa di nord-ovest dell’isola di Sumatra. Oltre la metà delle 129.817 vittime accertate finora, sono morte qui.

È un inizio lento e ancora inadeguato. Secondo responsabili delle Nazioni Unite ci vorranno ancora due settimane prima che alcune delle comunità colpite possano essere raggiunte dagli aiuti, lasciando alla disidratazione, alla fame e alle malattie tempo sufficiente per esigere altre vite. Rapporti dell’Unicef parlano già di bambini che cominciano a morire di infezioni polmonari.

In alcuni posti vicini a Banda Aceh, capitale della provincia settentrionale di Sumatra, Aceh, scene di selvaggia disperazione hanno portato a sospendere le operazioni di aiuto.

«Alcuni elicotteri hanno tentato di atterrare nei villaggi costieri alla periferia di Banda Aceh. Ma la folla che si accalcava tra urla e implorazioni per avere cibo ha impedito l’operazione», racconta un responsabile del World Food Programme dell’Onu. Confezioni di cibo e sacchetti d’acqua sono stati lanciati dal cielo.

La più imponente operazione di soccorso dalla II Guerra mondiale

Nello Sri Lanka, la natura si accanisce ancora con piogge torrenziali, che allagano i campi profughi.

I timori aumentano per la sorte dei sopravvissuti che si trovano sulle isole più sperdute dei due arcipelaghi indiani delle Andamane e delle Nicobare. Semisommerse, i soccorritori sono costretti a usare piccoli gommoni per portare qualche genere di conforto.

La portaerei statunitense Abraham Lincoln, ora all’ancora al largo di Sumatra ha dato un impulso significativo all’opera di soccorso. «Elicotteri fanno la spola tra la grande unità e la terraferma».

Il comandante di uno di questi elicotteri, il capitano Larry Burt, ha testimoniato di aver visto corpi galleggiare sul mare anche a una distanza di 20 miglia dalla costa.

«È semplicemente indescrivibile – racconta – Lungo la battigia c’è gente che sventola bandiere improvvisate per attirare la nostra attenzione. Sono così tanti! E non puoi fermarti per tutti».

Questi voli fanno parte della più imponente operazione di soccorso messa in atto dal dopoguerra, con oltre 2 miliardi di dollari in aiuti raccolti finora.

Un’operazione che deve combattere contro il maltempo e contro l’incubo logistico di portare generi di prima necessità a oltre 5 milioni di persone.


swissinfo e agenzie

Offerte in favore delle vittime possono essere fatte sul CCP: 10-15’000-6 con la menzione “Sisma in Asia”.
I famigliari degli svizzeri presenti nelle regioni colpite possono chiamare il numero 0041-31-325-33-33 del Dipartimento degli affari esteri.
L’aiuto finanziario degli Stati è salito a quasi 2 miliardi di dollari, di cui un terzo circa promessi dal Giappone.

Bilancio di domenica: più di 130 mila i morti in una decina di Paesi del Sud-Est asiatico nonché dell’Africa orientale.

Tra i più colpiti l’ Indonesia, con più di 80 mila (ma si presume potrebbero essere 200 mila), Lo Sri Lanka, più di 29 mila (presunti più di 35 mila), l’india, circa 14 mila.

In Thailandia, Paese in cui si è recata la ministra degli esteri elvetica, i morti accertati sono 4.993, ma si presume potrebbero essere più di 8 mila.

16 i decessi confermati di cittadini elvetici, ma non si hanno praticamente più speranze per 95 persone. Dispersi svizzeri: 500.

Cittadini stranieri: confermato il decesso di almeno 350 persone, dispersi più di 7mila.

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