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La lotta ai falsi inizia sulle Alpi svizzere

Lo scanner messo a punto dalla ditta Alpvision per rilevare i codici invisibili a occhio nudo. Alpvision

Una pulce invisibile che può essere applicata su qualsiasi prodotto: la ditta Alpvision di Vevey propone una nuova tecnologia rivoluzionaria per combattere la piaga delle falsificazioni.

Nel mondo circolano già oggi milioni di prodotti protetti dai sistemi messi a punto da questa azienda innovativa, nata pochi anni fa come start-up presso il Politecnico federale di Losanna.

Dalle finestre della sede di Vevey si vedono le Alpi. E uno dei fondatori dell’impresa, il francese Fred Jordan, si è talmente innamorato delle vette svizzere da rifugiarsi con la sua famiglia a quota 1.200 metri. “Cercavamo un nome facile da ricordare e Alpvision ci è sembrato, nel complesso, perfetto”.

Roland Meylan, ingegnere e co-fondatore dell’azienda, ricorda con una nota tenera nella voce i primi passi dell’avventura: “Ci siamo incontrati all’EFPL, il Politecnico federale di Losanna”, racconta, “e abbiamo deciso di provare a sfruttare la tecnologia delle immagini per difendere i prodotti dalla contraffazione”. Era l’anno il 1999 – appena una manciata di anni dopo, Alpvision si ritrova ad essersi ritagliata uno spazio di tutto rispetto nel panorama internazionale.

I falsi sono ovunque

Farmaci e sigarette, cosmetici e alimentari. Orologi e fiche da gioco. Documenti, francobolli e banconote. Potenzialmente, qualunque oggetto può essere falsificato. Un fenomeno che inquieta le aziende e pure le autorità: perdite finanziarie a parte, il falso può mettere a repentaglio la salute dei consumatori. Le dogane cercano di intercettare le merci contraffatte. Ma il mercato del falso produce prodotti sempre più perfetti – e sempre più difficile diventa smascherarli.

Alpvision ha messo a punto un sistema semplice e geniale: “Un marchio invisibile a occhio nudo, che non si può rimuovere senza distruggere il prodotto”, spiega Meylan con malcelato orgoglio. La pulce spiona si chiama Cryptoglyph, misura 30 micron di diametro e si applica sulle merci. Si legge con uno scanner – o con un semplice cellulare dotato di fotocamera – che invia le informazioni a un cervellone che conferma l’autenticità dell’oggetto.

La rivoluzione è digitale

Ma per la ditta romanda, gli inizi sono stati difficili: “Il nostro sistema è rivoluzionario rispetto alle tecnologie precedenti – qualcosa di paragonabile è stato forse, nel mondo della musica, il passaggio dai dischi di vinile ai cd. I primi tempi, non era facile convincere i clienti: molti hanno tuttora una cultura materialistica e non digitale. Sono abituati a toccare con mano quello che comprano – ma noi vendiamo software e soluzioni integrate: numeri – e non cose”.

Nell’ultimo anno, l’incremento d’affari di Alpvision ha toccato quota 30 per cento: “Nel mondo ci sono già molte migliaia di milioni di prodotti protetti dai sistemi Alpvision – merci di consumo, ma anche documenti. E il prossimo anno, andrà ancora meglio”, gongola Meylan.

Avventura transgenerazionale

Tre soci al timone per un incontro fra le generazioni: Meylan tocca la sessantina, mentre Fred Jordan e Martin Kutter navigano attorno ai quaranta. Dieci dipendenti a tempo pieno e una rete di partner: ci vogliono anche due anni per mettere a punto la soluzione su misura per un cliente.

Ma chi sono gli affezionati di Alpvision? La privacy è d’obbligo: “Per i nostri clienti è un elemento chiave: se rivelassi i loro nomi, finirei in tribunale”, ammette Meylan. Si mormora che fra loro ci sia un grande nome dell’industria farmaceutica, che soprattutto nei paesi in via di sviluppo è molto toccata dal fenomeno della contraffazione – ma è impossibile saperne di più.

Anche nel mondo della finanza, ci sarebbero grandi e piccoli nomi conquistati dalle soluzioni Alpvision per la certificazione di documenti, titoli e banconote.

Nella pubblica amministrazione, è della partita il governo etiope. E quello svizzero? Direttamente, nessuna istanza elvetica usa i sistemi Alpvision. Ma Roland Meylan non esclude che tramite alcuni clienti, questo avvenga: “Vendiamo soluzioni integrate e non possiamo rintracciarne l’uso che i nostri clienti, a loro volta, ne fanno”.

Made in Switzerland

Eppure, la Svizzera “soffre moltissimo della piaga della contraffazione”, sottolinea Meylan. Perché: “Il nostro paese produce principalmente proprietà intellettuale: l’ambito prediletto dai falsari. Attualmente possono impunemente vendere i prodotti del genio elvetico al miglior offerente, che le sfrutta alla faccia del diritto d’autore”.

A differenza di altri paesi del continente, la Confederazione “sta a guardare: la contraffazione è sostanzialmente tollerata, non ci stiamo proteggendo abbastanza. Penso che anzitutto, bisognerebbe educare la gente: comprare un oggetto contraffatto significa sostenere una forma di criminalità”. E d’altronde, conclude: “Vale la regola aurea del mercato: se non ci fosse domanda, non ci sarebbe offerta”.

swissinfo, Serena Tinari

La contraffazione è la riproduzione o l’utilizzo – totale o parziale – di un marchio, un disegno, un modello, un brevetto o un diritto d’autore senza l’autorizzazione del legittimo titolare.

Nell’Unione Europea nel 2005 sono stati sequestrati 75 milioni di articoli contraffatti. Nel 2004, il 54 per cento di tutte le merci confiscate proveniva dalla Cina.

Il terzo Congresso globale sulla lotta alla contraffazione si terrà al Centro per le conferenze internazionali di Ginevra il 30 e 31 gennaio 2007.

Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), fra il 3 e il 5% delle merci presenti sul mercato mondiale sono dei falsi.
Molti addetti ai lavori, però, considerano prudenti queste stime e sostengono che il falso avrebbe ormai conquistato il 10% del commercio planetario.
Il giro d’affari si situerebbe fra i 250 e i 400 miliardi di euro l’anno.
IMPACT, task force dell’Organizzazione mondiale della sanità sulla contraffazione dei farmaci, stima che siano falsificati fra l’1 e il 30% dei prodotti farmaceutici.

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