Mühlemann se ne va, ma i problemi restano
La partenza di Lukas Mühlemann dalla presidenza della direzione del Credit Suisse Group (CSG) non ha colto di sorpresa gli analisti finanziari.
L’uscita di scena non risolverà comunque i problemi in cui si dibatte la seconda banca svizzera.
“Le dimissioni non sorprendono”, ha detto Jérôme Schupp, analista presso la banca Syz & Co. L’annuncio, all’ inizio di luglio, del ritiro di Mühlemann dalla presidenza del consiglio di amministrazione non ha contribuito a ridare credibilità all’istituto e le dimissioni odierne sono una conseguenza logica di questo dato di fatto.
Georg Krayer, presidente dell’Associazione svizzera dei banchieri sottolinea il bisogno di prevedibilità del sistema bancario, malgrado sia dispiaciuto per l’abbandono così improvviso di una figura importante del panorama finanziario degli ultimi anni: “Con la partenza di Mühlemann si conclude una fase di insicurezza, con il suo ritiro l’istituto bancario potrà guardare avanti”.
I problemi restano
La strategia di Mühlemann si è risolta in un fiasco, in quanto eccessivamente dipendente dagli umori dei mercati finanziari. “L’UBS si è invece mostrata più prudente: si è orientata maggiormente verso la gestione patrimoniale, che genera utili”.
I problemi del CSG, anche dopo le dimissioni di Mühlemann, comunque rimangono: la banca, secondo Schupp, dovrà operare una profonda ristrutturazione, che potrebbe comportare la cessione del gruppo assicurativo Winterthur.
L’ipotesi di matrimoni con altri istituti appare per il momento poco probabile. “C’è infatti molto lavoro da svolgere all’interno della banca prima di pensare ad eventuali fusioni”.
Ricuperare la credibilità
Claudia von Türk, specialista della banca Pictet & Cie, ha spiegato che “Lukas Mühlemann non era più credibile, né all’interno della banca, né all’esterno”. In estate i mercati avevano reagito con delusione alla notizia delle sue dimissioni dalla presidenza del cda, che consideravano una “mezza misura”.
La von Türk giudica positivamente la decisione di instaurare una direzione bicefala: i neo direttori John Mack e Oswald Grübel “si intendono a meraviglia e sono complementari come gemelli siamesi”.
La doppia presidenza può essere considerata un’originalità in Europa, e soprattutto in Svizzera, ma negli Stati Uniti è relativamente frequente.
Separare le entità
Secondo Heinrich Wiemer, analista della banca zurighese, Sal.Oppenheim, la presidenza bicefala lascia presagire ulteriori passi. Il CSG quale holding dell’intero gruppo, ha detto Wiemer, ha perso la sua ragione d’essere.
Credit Suisse Financial Services (CSFS), attivo sul mercato bancario e assicurativo, e la banca di investimenti Credit Suisse First Boston (CSFB) sono già ora due entità autonome dal profilo giuridico: dispongono di due CEO distinti e di due consigli di amministrazione.
La prossima mossa potrebbe consistere in una separazione, in modo da fare delle due entità due società quotate in borsa.
Presto una svolta
Christoph Ritschard, analista della Banca cantonale di Zurigo, non condivide per niente questa opinione. “Il CSG ha chiaramente indicato nei suoi comunicati stampa che intende mantenere l’attuale struttura”, ha commentato.
La separazione di CSFS e CSFB si rivelerebbe un’operazione troppo complessa, senza contare che le sinergie tra private banking e investment banking andrebbero perse.
Per Ritschard la situazione non è comunque drammatica, dato che il CSG negli ultimi mesi ha intrapreso passi di fondamentale importanza. Il “turnaround” è alle porte: solo la debolezza dei mercati finanziari ha finora impedito che si traducesse in risultati concreti.
Il problema della Winterthur
“La ripresa del gruppo dipenderà dalle nuove strutture, dalle nuove persone e dai nuovi obiettivi che essi si prefiggeranno”, dice a swissinfo François Savary, analista finanziario indipendente a Ginevra.
“John Mack, detto “Mack the knife” è un uomo efficiente, che è già riuscito a ridimensionare il Credit Suisse Forst Boston”, sottolinea Savary. “Quello che in questo momento costa al CSG è il fattore umano e la Winterthur.
Non sarebbe meglio venderla? Questo è il grande interrogativo”, sottolinea l’analista ginevrino, che conclude: “in questo momento è tuttavia difficile trovare un acquirente. Ma i mercati interpreterebbero una simile vendita come un segnale positivo”.
Di analogo parere David Hussey, capo analista alla Barclays, specialista in banche europee, secondo il quale gli affari per il CSG stanno andando bene, “ad eccezione della Winterthur”.
Hussey ritiene che l’annuncio delle dimissioni avrà l’effetto di un catalizzatore per i futuri cambi e rileva che è stata la strategia troppo “espansiva” di Mühlmenn a nuocere al Credit Suisse Group.
swissinfo e agenzie
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