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Il Consiglio per i diritti umani sta diventando un “mini Consiglio di sicurezza”?

persone sedute nella sala del consiglio per i diritti umani
L'ambasciatrice di Israele presso il Consiglio per i diritti umani, Meirav Eilon Shahr, attende l'esito del voto su una risoluzione che chiede alla comunità internazionale di fermare la "vendita e il trasferimento di armi e munizioni" verso il suo Paese, 5 aprile 2024. Keystone / Salvatore Di Nolfi

Gli Stati membri dell'ONU si rivolgono sempre di più all'organo ginevrino responsabile del rispetto dei diritti umani nel mondo per far adottare mozioni che non avrebbero nessuna speranza di riuscita al Consiglio di sicurezza a New York.

A inizio aprile, una risoluzione del Consiglio per i diritti umani lanciava un appello alla comunità internazionale affinché si mettesse fine alle “vendite e al trasferimento di armi e munizioni” a destinazione di Israele, riferendosi al “plausibile rischio di genocidio a Gaza”. Toni altrettanto duri sarebbero inimmaginabili in seno al Consiglio di sicurezza dell’ONU, in cui gli Stati Uniti, stretti alleati di Tel Aviv, hanno diritto di veto.

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Questo esempio non è un caso isolato. Capita sempre più spesso che le mozioni che non avrebbero nessuna possibilità di fronte al veto delle grandi potenze a New York (Cina, Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Russia) vengano discusse invece a Ginevra, dove ha sede l’organo delle Nazioni Unite responsabile del rispetto dei diritti umani nel mondo.

“Il Consiglio per i diritti umani ha sempre più la tendenza di riprendere delle funzioni che sarebbero altrimenti svolte dal Consiglio di sicurezza”, conferma Felix Kirchmeier, direttore della Piattaforma diritti umani all’Accademia di diritto internazionale umanitario di Ginevra.  

Nessun veto, più membri

Anche se solo il Consiglio di sicurezza può imporre sanzioni, ordinare un intervento militare o appellarsi alla Corte penale internazionale, non è raro vedere i e le rappresentanti degli Stati membri del Consiglio per i diritti umani sconfinare negli affari di “pace e sicurezza” dei colleghi e delle colleghe newyorkesi. Per esempio, chiedendo un cessate il fuoco oppure aprendo inchieste su presunti crimini di guerra.

Nessun Paese dispone di un diritto di veto nel Consiglio per i diritti umani, il quale è anche più rappresentativo della comunità internazionale nel suo insieme, poiché conta 47 membri, contro i 15 (di cui cinque permanenti) del Consiglio di sicurezza. Benché le decisioni dei Consiglio per i diritti umani non siano giuridicamente vincolanti, hanno comunque un peso morale.

La crescente importanza di questo organo si constata osservando il programma delle sue tre sessioni annuali, che non smettono di allungarsi. Questa primavera, diplomatici e diplomatiche hanno passato sei settimane a negoziare nel Palazzo delle Nazioni, un record. La ragione è il moltiplicarsi delle risoluzioni adottate a cui va dato seguito.

Sala cosiglio diritti umani
Dalla sua creazione nel 2006, il Consiglio per i diritti umani ha messo in atto 38 meccanismi di inchiesta incaricati di far luce sui crimini di guerra commessi, tra gli altri Paesi, in Ucraina e in Siria; conflitti invece “bloccati” a New York. Keystone / Valentin Flauraud

Presa di coscienza

“Non direi che il Consiglio di sicurezza sia stato rimpiazzato, ma penso ci sia una crescente presa di coscienza che altri organi dell’ONU sono sotto-utilizzati”, afferma Louis Charbonneau, direttore per le Nazioni Unite presso Human Rights Watch, una ONG internazionale con sede a New York. “Il Consiglio per i diritti umani ci offre alcune opzioni; se vogliamo una commissione d’inchiesta – che può anche raccogliere prove di crimini – non abbiamo bisogno del Consiglio di sicurezza”.

Dalla sua creazione nel 2006, il Consiglio per i diritti umani ha messo in atto 38 meccanismi di inchiesta. Questi ultimi sono formati da esperti ed esperte indipendenti incaricati di indagare sulle atrocità commesse, per esempio, nelle guerre in Ucraina, in Siria o in Myanmar; tutti conflitti “bloccati” al Consiglio di sicurezza.

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Consiglio per i diritti umani

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Questo contenuto è stato pubblicato al Le potenze occidentali rischiano la propria credibilità quando difendono in modo non equo i diritti umani, sostiene la ricercatrice Christelle Genoud. Intervista.

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“Il lavoro degli inquirenti ha solo un minimo impatto immediato sul terreno, ma spiana la strada a future procedure giudiziarie quando le armi tacciono”, spiega Kirchmeier. “È un ruolo molto importante. Il Consiglio per i diritti umani è in grado di stabilire delle responsabilità anche quando il Consiglio di sicurezza è bloccato”.

Le informazioni raccolte dalla Commissione d’inchiesta sulla Siria, ad esempio, sono servite alla giustizia tedesca nell’ambito di un processo storico a Coblenza in seguito al quale, per la prima volta, due ex ufficiali del regime siriano sono stati condannati, uno di loro per crimini contro l’umanità.

Maggiore prevenzione

Pur salutando gli sforzi del Consiglio per i diritti umani per stabilire le responsabilità, il direttore di Human Rights Watch Group Marc Limon ritiene che l’istanza onusiana debba essere più attiva in ambito di prevenzione durante le prime fasi di una crisi.

“Molte situazioni sono troppo gravi e in fase troppo avanzata affinché il Consiglio per i diritti umani possa fare qualcosa. Dovrebbero essere portate all’attenzione del Consiglio di sicurezza, ma purtroppo avviene il contrario. Quando i conflitti non possono essere trattati a New York a causa del veto, le potenze occidentali li portano a Ginevra per mostrare che ‘l’ONU sta facendo qualcosa'”, spiega.

Secondo lui, piuttosto che riunirsi esclusivamente per “sessioni speciali” sui conflitti, l’organo ginevrino dovrebbe lanciare l’allarme e instaurare un dialogo nel momento in cui emergono i primi segnali precursori di una crisi. Quando questa degenera, per esempio in un conflitto armato, il Consiglio per i diritti umani dovrebbe incitare il Consiglio di sicurezza ad agire, aggiunge.

Donna in assemblea
L’ambasciatrice ucraina al Consiglio per i diritti umani durante un dibattito d’emergenza, nel febbraio 2022, organizzato in risposta all’invasione del suo Paese da parte della Russia. Afp

Polarizzazione dei dibattiti

Il Consiglio per i diritti umani permette dei progressi inimmaginabili presso il Consiglio di sicurezza, ad esempio mettendo in causa l’operato di un membro permanente del suddetto. L’organo ginevrino l’ha fatto per la prima volta nel 2022, nominando un relatore speciale per la Russia.

Tuttavia, l’importazione a Ginevra di tensioni esistenti a New York non è senza conseguenze sui dibattiti, spesso molto accesi. “La polarizzazione e le tensioni in seno al Consiglio probabilmente non sono mai state così forti”, osserva Kirchmeier.

Questo aspetto si è accentuato con le guerre in Ucraina e a Gaza. Gli Stati hanno dovuto scegliere da che parte schierarsi e le posizioni si sono irrigidite, afferma il ricercatore, secondo cui il deterioramento dei dibattiti sui conflitti ha reso più difficile ottenere consenso su altri temi, dato che la fiducia reciproca tra delegazioni si è erosa.

Di norma, il Consiglio per i diritti umani prende decisioni secondo la regola del consenso: in assenza di una volontà contraria, le risoluzioni sono approvate senza votazione. Il ricorso crescente ai meccanismi di inchiesta – introdotti contro la volontà dei Paesi toccati – suscita immancabilmente delle opposizioni. E così nel 2021, per la prima volta nella storia, il Consiglio ha respinto una risoluzione che chiedeva il rinnovo di un’indagine in Yemen.

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La lotta si sposta a New York

Le tensioni a Ginevra hanno ripercussioni anche a New York, dove sono prese le decisioni finanziarie. “C’è una pressione crescente per tagliare il finanziamento delle inchieste commissionate dal Consiglio per i diritti umani”, afferma Charbonneau.

La Fifth Committee, una commissione dell’Assemblea generale dell’ONU responsabile delle questioni di budget, è il teatro di questa lotta. Un gruppo di Paesi guidato dalla Cina e dalla Russia, con il sostegno ad esempio dell’Egitto, del Nicaragua, del Venezuela e della Corea del Nord, tenta di far naufragare il finanziamento delle inchieste votate a Ginevra.

“Questi Paesi non riescono a bloccare i mandati a cui si oppongono in seno al Consiglio per i diritti umani, allora cercano di utilizzare una porta sul retro, ovvero cercando di impedire il finanziamento dei meccanismi. Lo fanno da tanto tempo, ma sono diventati più aggressivi”, aggiunge Charbonneau.

L’anno scorso, il Sudan ha per esempio proposto di tagliare i fondi di una missione incaricata di indagare sui crimini commessi nella guerra che devasta il Paese. L’anno prima, l’Etiopia ha tentato di fare la stessa cosa con un’inchiesta nella regione del Tigrai. Questi sforzi si risolvono generalmente con un minore stanziamento di risorse finanziarie o umane.

Tra i principali contribuenti al budget dell’ONU, gli Stati Uniti e i Paesi europei si oppongono in principio a questi tentativi. Tuttavia, loro stessi avevano sostenuto Tel Aviv nei suoi sforzi per indebolire una commissione d’inchiesta su Israele e i Territori palestinesi.

Consiglio di sicurezza
Incaricato del mantenimento della pace nel mondo, il Consiglio di sicurezza a New York è, nella pratica, regolarmente paralizzato dal veto dei suoi cinque membri permanenti. Copyright 2024 The Associated Press. All Rights Reserved.

Presto un organo principale?

Il Consiglio per i diritti umani dispone di risorse limitate rispetto ad altri organi delle Nazioni Unite. Il sistema dei diritti umani nel suo complesso, nonostante sia uno dei tre pilastri dell’ONU (insieme alla pace e allo sviluppo), riceve solo il 4% circa del bilancio dell’organizzazione.

A ciò si aggiungono le difficoltà finanziarie che l’ONU deve affrontare. L’anno scorso diversi Paesi, tra cui il principale donatore, gli Stati Uniti, non hanno versato i loro contributi in tempo, causando una crisi di liquidità. Questo ha portato a un blocco delle assunzioni, che ha colpito in particolare il personale della missione d’inchiesta in Sudan.

Il Consiglio per i diritti umani rimane un organo sussidiario. I suoi membri dovranno quindi accontentarsi di cercare di osservare, condannare e indagare senza alcun potere reale, in attesa di diventare forse un giorno un organo principale al pari del Consiglio di sicurezza o del Consiglio economico e sociale.

È in corso un processo di revisione per il periodo 2021-2026. Nell’ambito di questo processo, l’Assemblea Generale dovrà decidere se rendere il Consiglio per i diritti umani un organo principale, ma le possibilità sono scarse.

“Per il momento, tutto ciò che riguarda la riforma delle Nazioni Unite è fermo. E non ci si può aspettare un cambiamento serio finché i membri permanenti del Consiglio di sicurezza saranno coinvolti in conflitti”, afferma Kirchmeier.

A cura di Virginie Mangin/if

Traduzione: Zeno Zoccatelli. Revisione: Sara Ibrahim

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