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Oro, industria svizzera e ticinese sotto i riflettori

Presso la Argor-Heraeus l'oro viene lavorato in molti modi. KEYSTONE/KARL MATHIS sda-ats

(Keystone-ATS) L’industria svizzera – e molto ticinese – della lavorazione dell’oro è sorvegliata speciale in tempi di sanzioni alla Russia, uno dei più grandi produttori mondiali del metallo giallo.

Presso la società mendrisiense Argor-Heraeus si è sicuri di non ricorrere alla materia prima di provenienza russa.

La Svizzera è leader mondiale nel trattamento dell’oro. Le raffinerie in Ticino e in Romandia lavorano fino al 70% del metallo estratto nel mondo, a seconda delle stime. Quattro delle più importanti raffinerie del mercato globale si trovano in territorio svizzero: Metalor (a Neuchâtel), MKS Pamp (a Ginevra, con importante succursale a Castel San Pietro), Valcambi (Balerna) e Argor-Heraeus (Mendrisio).

L’agenzia di stampa finanziaria Awp ha visitato Argor-Heraeus. Chiunque guardi dall’esterno il poco appariscente edificio difficilmente si aspetterebbe di trovare una delle più importanti fonderie d’oro dietro le mura protette da filo spinato. La fabbrica, nelle immediate vicinanze del tempio dello shopping Fox Town, sembra discreta. E non è facile entrare nello stabile, nonostante un invito ufficiale come giornalista. Per prima cosa è necessario firmare un accordo di riservatezza. In esso il firmatario si impegna a non manipolare il metallo prezioso o a “sottrarlo all’azienda”. Il fatto che non sia permesso portarsi a casa qualche lingotto d’oro non rappresenta certo una sorpresa: ma l’obbligo di segretezza che lo accompagna conferma che l’industria è all’altezza della sua reputazione di riservatezza.

In origine, le raffinerie dell’oro in Svizzera appartenevano alle grandi banche, ma oggi sono diventate tutti indipendenti: le grandi istituzioni finanziarie sono ora i clienti. Le fonderie elvetiche approfittano della buona reputazione della Svizzera e fanno del loro meglio per mantenerla: sono presenti nella Good Delivery List della London Bullion Market Association, la borsa dell’oro di Londra. Oltre ad Argor-Heraeus, anche le altre tre società svizzere del settore si inseriscono in tale importante elenco.

In tutto il mondo sono 64 le imprese che fanno parte del gruppo, spiega il co-Ceo di Argor-Heraeus, Robin Kolvenbach, presso la sede dell’azienda. “L’oro che non viene lavorato dalle ditte che figurano in questo elenco non è di fatto commerciabile”, spiega all’Awp. Tradotto: nessuno vorrebbe comprarlo per non scottarsi le dita.

Perché soprattutto dopo lo scoppio della guerra in Ucraina l’industria dell’oro è di nuovo nel mirino. Questo poiché la Russia è un importante produttore di oro e chiunque compri ancora oggi metallo proveniente dal paese di Vladimir Putin da un lato contribuisce a finanziare la guerra contro l’Ucraina e dall’altro infrange le sanzioni internazionali.

Kolvenbach spiega che Argor-Heraeus è estremamente cauta nell’affrontare questo problema. Ed è stato così fin dall’inizio. Per esempio, poche ore dopo l’inizio dell’invasione sono state interrotte tutte le relazioni commerciali in cui l’oro russo svolgeva un ruolo di qualsiasi tipo. “Rifiutiamo tutto l’oro che potrebbe in qualche modo servire a finanziare la guerra”, sottolinea il manager.

Si cerca di fare “tutto ciò che è umanamente e tecnicamente possibile” per rintracciare l’origine della materia prima. Circa 100 dei 500 dipendenti di Argor-Heraeus sono almeno in parte impegnati a garantire l’applicazione dei rigorosi standard. “Se abbiamo dei dubbi che non riusciamo a chiarire, rimandiamo i lingotti consegnati ai clienti”, ha spiegato.

Non tutti sono però convinti che la tracciabilità dell’oro sia davvero sempre ben garantita: in passato, alcune organizzazioni non governative, tra cui Swissaid, avevano espresso critiche al riguardo. Nei mesi successivi all’inizio della guerra, l’associazione di aiuto allo sviluppo aveva notato un aumento delle importazioni di oro dagli Emirati Arabi Uniti. Subito dopo lo scoppio del conflitto si è registrato anche un massiccio incremento dell’import da Dubai: secondo Swissaid gli Emirati sono conosciuti come centro di smistamento di oro di origine problematica. L’organizzazione riteneva plausibile che potesse trattarsi di oro russo camuffato.

Argor-Heraeus è però sicura del fatto suo: afferma non solo di controllare la propria catena di approvvigionamento in modo molto rigoroso, ma anche di non voler nemmeno essere coinvolta nel finanziamento di guerre di qualsiasi tipo. L’impresa ricorda anche come oggi gli investitori e i consumatori vogliano essere sicuri che l’oro che acquistano proviene da fonti pulite e sostenibili. Quale azienda del ramo, Argor-Heraeus si dice consapevole della sua responsabilità nell’avere un impatto positivo sulla catena di valore aggiunto.

Per gli amanti della storia economica, Argor-Heraeus trae la sua origine da Argor, fondata a Chiasso nel 1951. Nel 1973 il 100% dell’azienda è stata acquistata da UBS. Nel 1986 attraverso una joint venture fra UBS e Heraeus nasce Argor-Heraeus e due anni più tardi viene aperta la nuova sede di Mendrisio. Dal 2017 la società è parte al 100% del gruppo Heraeus, impresa tedesca in mani familiari con radici sino al 17esimo secolo e specializzata nei metalli preziosi, nei metalli speciali e in altri campi quali le tecnologie mediche.

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