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Impegno svizzero per il cessate il fuoco globale nella lotta al coronavirus

Yemen coronavirus patients
Anche Paesi devastati dalla guerra come lo Yemen sono ora colpiti dal coronavirus. Un cessate il fuoco globale per combattere la pandemia di Covid-19 potrebbe contribuire a porre fine a tali conflitti? Keystone

L'appello del segretario generale dell'ONU per un cessate il fuoco globale al fine di contribuire alla lotta contro la pandemia di coronavirus è stato rilanciato in maggio dalla Camera del popolo elvetica. La Svizzera e alcune ONG svizzere utilizzano i loro "buoni uffici" e la loro esperienza di mediazione dei conflitti per cercare di contribuire a far sì che ciò diventi realtà. Ma i gruppi armati stanno davvero deponendo le armi e la pandemia potrebbe portare più pace a lungo termine?

“È un momento opportuno”, afferma David Harland, direttore esecutivo del Centro per il dialogo umanitario (HD Center) di Ginevra. “Penso che il segretario generale delle Nazioni Unite abbia scelto bene il momento. Perché, se falliamo nelle zone di guerra, penso che non solo milioni di persone molto vulnerabili corrano il rischio di ammalarsi o morire, ma c’è anche una forte probabilità che esportino il virus nel resto del mondo. E c’è una reale possibilità che esportino conflitti in altre parti del mondo”.

L’HD Center è specializzato nella mediazione confidenziale nelle zone di conflitto e afferma che sta lavorando attivamente per cercare di trasformare in realtà l’esortazione al cessate il fuoco del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Secondo quanto ha dichiarato David Harland a swissinfo.ch, l’ONG diplomatica privata è “riuscita a facilitare una decina di dichiarazioni di cessate il fuoco”, alcune delle quali sono unilaterali. Cita come esempio l’Iraq, dove ci sono triplici combattimenti tra Stati Uniti, milizie sciite appoggiate dall’Iran e ISIS. “Gli Stati Uniti e le milizie sciite sono stati d’accordo di smettere di combattere, il che è stato un bene per la salute pubblica e un bene per la pace”, dice. “Ciò ha creato uno spazio all’interno del quale l’Iraq, dopo un lungo periodo, potrebbe formare un governo”.

David Harland aggiunge che la sua organizzazione ha anche sostenuto gli sforzi del governo svizzero per facilitare la pace nel Camerun: anche nello Stato africano alcuni dei gruppi separatisti anglofoni, che combattono contro il governo del presidente Paul Biya, hanno dichiarato un cessate il fuoco unilaterale.

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photo de l’Intercontinental

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In una dichiarazione scritta a swissinfo.ch, il Ministero svizzero degli affari esteri (DFAE) sottolinea che “i cessate il fuoco hanno un impatto positivo sulla situazione umanitaria e medica” e “aiutano anche a rafforzare la fiducia per i futuri negoziati di pace”. Il DFAE afferma di sostenere i negoziati per il cessate il fuoco come parte dei suoi “buoni uffici” e che “nel contesto della lotta contro la Covid-19, ha avuto successo in Camerun e Colombia ed è in contatto con altre parti”.

Gruppi armati

“Ci sono tantissimi conflitti in tutto il mondo con diversi tipi di intensità, ma queste zone di conflitto sono chiaramente dove gli Stati hanno scarso controllo”, spiega a swissinfo.ch Alain Délétroz, direttore dell’organizzazione umanitaria Appello di Ginevra, che si focalizza su gruppi armati per renderli consapevoli delle norme e dei principi umanitari di base. “In alcuni Stati attualmente teatri di conflitti armati, come l’Afghanistan, più della metà della popolazione è fuori dal controllo del governo centrale. Se si vuole un approccio globale alla pandemia di Covid-19, è estremamente importante assicurarsi che anche queste aree del mondo possano essere trattate correttamente”.

Alain Délétroz afferma che “abbiamo quattro importanti attori non statali armati che hanno annunciato di voler rispettare il cessate il fuoco”. Si tratta di tre gruppi nel nord-ovest della Siria, uno nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo e uno nel Sud-Est asiatico.

Il mandato dell’Appello di Ginevra non è la mediazione della pace, ma Alain Délétroz afferma che il lavoro svolto dall’organizzazione umanitaria con alcuni gruppi armati in tutto il mondo significa che può anche svolgere un ruolo nella promozione del cessate il fuoco. “Ciò succede, ovviamente, quando si inizia a coinvolgere queste persone, portandole a comprendere i loro obblighi e il fatto che non sono sole. Nelle loro menti c’è un’evoluzione e questa spesso finisce anni dopo anche nel volersi sedere al tavolo dei negoziati su questioni politiche”, dice. “Ma quando raggiungiamo tale stadio, l’Appello di Ginevra ha il dovere di togliersi di mezzo umilmente e metterli in contatto con la diplomazia ufficiale o altri partner come l’HD Center che ha la capacità e i mezzi professionali per istituire un calendario di negoziati politici”.

Sia l’HD Center che l’Appello di Ginevra affermano che stanno lavorando tramite i loro contatti e il personale locale sul campo, alcuni dei quali possono ancora muoversi discretamente, mantenendo le distanze sociali richieste nel contesto di pandemia di Covid-19, e attraverso Internet.

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Siria, Yemen e Libia

Effettivamente, ci sono tantissime zone di conflitto in tutto il mondo, ma quelle che attualmente sono maggiormente in primo piano nei media internazionali sono Siria, Yemen e Libia. Cosa sta succedendo lì?

“In Siria, il livello dei combattimenti quotidiani è relativamente basso per gli standard di quella guerra ed è in calo”, afferma David Harland. Invece “in Libia è certamente cresciuto. Eppure, entrambe le parti avevano dichiarato che avrebbero cessato il fuoco. Una parte aveva anche detto che avrebbe osservato una tregua del Ramadan. Ma in realtà il conflitto lì si è intensificato”.

Il direttore esecutivo dell’HD Center ritiene che lo Yemen sia particolarmente interessante. “L’Arabia Saudita ha risposto all’appello del segretario generale delle Nazioni Unite, accettando un cessate il fuoco di due settimane”, afferma Harland, “e penso che probabilmente l’Arabia Saudita stia cercando una via per uscire dallo Yemen o per porre fine alla fase più attiva del suo intervento. Penso che l’inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen, Martin Griffiths, stia cercando attivamente di vedere se altri aderiranno all’accordo di cessate il fuoco. Se l’appello sarà accolto e attuato dagli Houthi e da altri, penso che ci sia una reale possibilità che guerra possa concludersi, perché credo che alcune parti, come l’Arabia Saudita, stiano cercando ragioni per disimpegnarsi”.

Prospettive di pace a più lungo termine

“La ferrea costante dei cessate il fuoco è che non funzionano mai se non portano da qualche parte”, osserva Harland. “Quindi un cessate il fuoco non può mai essere un obiettivo a sé stante. Non ci sono praticamente esempi di ciò che abbia mai funzionato. Ma dove funziona, o fa parte di un’iniziativa per creare spazio politico, come in Iraq, o parte di un’iniziativa per creare dello spazio umanitario, come nel nord-est della Siria”.

I cessate il fuoco per combattere la pandemia di Covid-19 potrebbero quindi portare a una pace duratura? “Penso che laddove i cessate il fuoco siano chiaramente legati all’azione umanitaria – ci sono alcuni segnali in tal senso in Siria – o dove siano chiaramente legati a un processo politico in corso, come in Iraq, ci sono buone ragioni per credere che potrebbero continuare”, risponde David Harland. “La Svizzera sta cercando di fare la sua parte in quei posti in bilico, come il Camerun, lo Yemen e forse il Sudan”.

Appello parlamentare svizzero

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Anche la Camera del popolo svizzera, nel corso della sessione parlamentare straordinaria dedicata al coronavirus all’inizio di maggio, ha lanciato un appello per un cessate il fuoco globale per combattere la pandemia. Alla luce delle conseguenze del coronavirus sulle infrastrutture mediche nei Paesi ricchi, “si può solo essere angosciati per l’impatto che avrà nelle regioni in guerra e nei campi di rifugiati”, ha rilevatoCollegamento esterno la deputata socialista Brigitte Crottaz, relatrice della Commissione preparatoria.

“Gli svizzeri capiscono molto bene che, dato che il loro Paese è ricco, hanno potuto disporre di ingenti somme di denaro per ridurre al minimo il costo economico, sociale, umano e politico del lockdown”, afferma David Harland. “Penso che gli svizzeri siano perfettamente consapevoli del fatto che tale opzione non esiste nei Paesi poveri afflitti da conflitti, dove tantissime persone vulnerabili saranno stressate e arrabbiate e così via. Penso che tutto ciò che può essere fatto, compreso dal parlamento svizzero, per sostenere misure che mantengano basso il livello di violenza potenziale, sia veramente importante”.

Certo, la dichiarazione del parlamento svizzero è simbolica, commenta Alain Délétroz, ma rappresenta anche un “sostegno politico a qualcosa di cui il mondo ha bisogno”. “Quello che possiamo vedere è che alcuni attori hanno risposto all’appello del segretario generale, ma poi la realtà sul campo non è cambiata molto. Quindi, questa è la grande sfida per le Nazioni Unite, gli svizzeri e gli altri Stati diplomatici”.

Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi

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