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Chernobyl, 25 anni dopo

L'attualità è dominata dal disastro atomico di Fukushima, in Giappone, e dalle conseguenze delle radiazioni su popolazione e ambiente. La memoria corre inevitabilmente a Chernobyl, dove il 26 aprile del 1986 si verificò il primo grande incidente nella storia del nucleare. Reportage.

Nella primavera di 25 anni fa, la nube radioattiva liberatasi dalla centrale di Chernobyl, nel nord dell’Ucraina, varcò le frontiere nazionali e si diffuse nei cieli dell’Europa. Dalla Finlandia all’Italia si misurarono livelli di radioattività estremamente elevati.

Il paese che più fu toccato dal disastro e che ne sta ancora subendo le conseguenze è la Bielorussia. La frontiera che la separa dall’Ucraina è soltanto a pochi chilometri da Chernobyl.

Migliaia di persone furono evacuate dalle città e dai villaggi situati nel sud-ovest della Bielorussia. I due terzi degli abitanti di Bragin – la cittadina più grande della zona, a soli 35 chilometri da Chernobyl – furono rialloggiati nella capitale Minsk o in altri centri più grandi.

Di questi 10’000 sfollati, soltanto pochi hanno fatto ritorno a Bragin. Swissinfo.ch si è recato sul posto nel mese di marzo.

A un quarto di secolo di distanza dal disastro di Chernobyl, le tracce dei danni causati dall’esplosione del reattore sono ancora evidenti. I villaggi circostanti sono deserti. Per le strade regna uno strano silenzio. Centinaia di case sono in rovina e dai loro tetti sono spuntati alberi e cespugli.

Sulla piazza Lenin, nel centro di Bragin, si trova il monumento dedicato a Vasiliy Ignatenko, il primo pompiere del posto a giungere a Chernobyl dopo l’esplosione. Morì 14 giorni dopo. Sul piedistallo che sorregge il busto, alcune targhe ricordano i dodici villaggi che sono stati spazzati via in seguito al disastro.

Radioattività per 300 anni

Grazie alla generosità e alla qualità dei programmi svizzeri di aiuto umanitario, le persone residenti nelle zone più sinistrate hanno ritrovato una vita più o meno normale.

L’intervento elvetico in Bielorussia si è concentrato nelle regioni maggiormente colpite dalle radiazioni. Nella maggior parte dei casi, i fondi e gli sforzi sono stati investiti nella sensibilizzazione delle famiglie sui potenziali pericoli.

Schanna Chubsa è la rappresentante locale dell’organizzazione non governativa Green Cross Svizzera, attiva nella zona da 17 anni. All’epoca della catastrofe di Chernobyl Schanna aveva 11 anni: la sua è stata una delle poche famiglie a rimanere a Bragin dopo il disastro. Oggi è impegnata all’interno di club famigliari e di gruppi di mamme e bambini, nei quali si discute del sostegno alla comunità e di aspetti sanitari.

«La gente vuole capire», ci dice Schanna. «Se raccolgono un frutto nella foresta vogliono sapere dove devono portarlo per testare il livello di radioattività. Chi coltiva patate nel proprio giardino vuol sapere come ridurre il rischio di contaminazione».

Sebbene ci siano ancora adulti che non ascoltano i consigli con la necessaria serietà, Schanna può contare sul pieno sostegno delle giovani generazioni. «Sono spesso i bambini a farsi sentire quando le mamme non seguono i suggerimenti. Durante le mie visite a domicilio ho sentito più volte i figli dire “mamma, devi lavare bene le patate e bollire la carne”».

Le famiglie possono sottoporsi a controlli medici due o tre volte all’anno. Ci sono poi dei laboratori regionali in cui si può controllare il livello di radioattività nelle derrate alimentare e ricevere consigli.

Secondo gli scienziati, il terreno attorno a Chernobyl continua a costituire una minaccia sanitaria. Ci vorranno probabilmente 300 anni per rimuovere completamente il cesio 137, un sottoprodotto radioattivo della fissione nucleare dell’uranio.

Dei cartelli posti ai bordi delle strade e all’entrata delle foreste mettono in guardia sui pericoli della radioattività nel suolo. Alla gente si raccomanda di non raccogliere funghi e bacche e di non nutrirsi di selvaggina.

Ricostruire una comunità

Anche la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC, l’agenzia svizzera di aiuto allo sviluppo) ha svolto un ruolo cruciale nella ricostruzione della regione sudoccidentale della Bielorussia. Nel quadro del suo programma decennale, terminatosi nel novembre 2010, ha contribuito a migliorare le infrastrutture locali, il sistema sanitario e i servizi di emergenza.

La DSC ha equipaggiato l’ospedale di Bragin con apparecchi di diagnosi a ultrasuoni e ha fornito computer e connessioni internet ad alta velocità alle scuole. Ai bambini viene inoltre offerta la possibilità di seguire corsi di informatica.

«Questi giovani hanno creato subito il loro sito internet. Per la prima volta hanno potuto comunicare al mondo intero quello che stava succedendo qui», spiega Slava Kulchytski, responsabile del programma della DSC.

Molto importante per questa regione rurale della Bielorussia è stato pure lo sviluppo agricolo. La mancanza di opportunità sociali ed economiche ha in effetti reso la gente passiva e dipendente dagli aiuti sociali. Il contributo della DSC alla produzione locale di cibo non contaminato ha portato a un incremento dei redditi del 25%.

Il risultato più importante della DSC è comunque stato raggiunto attraverso il sostegno al Centro internazionale di formazione dei soccorritori (IPPK), vicino a Minsk.

«I vecchi camion dell’esercito svizzero sono stati trasformati in veicoli di addestramento e soccorso», afferma Slava Kulchytski.

Il centro ha già formato delle squadre di salvataggio di oltre 15 paesi, inclusi tre stati dell’Unione europea, ed è considerato uno dei migliori nell’Europa dell’est.

Il disastro alla centrale di Chernobyl ha provocato numerose vittime e una contaminazione su larga scala. La catastrofe avrà importanti ripercussioni sulla società per i prossimi decenni. I progetti di aiuto in alcune delle zone più contaminate hanno però consentito alla gente di riprendere il controllo delle loro vite. E di guardare positivamente verso il futuro.

L’intervento della Svizzera nella regione di Chernobyl si è concentrato in diversi ambiti. L’obiettivo comune dei progetti in Ucraina, Bielorussia e Russia è di alleviare gli effetti della catastrofe nucleare.

Windows on Chernobyl: in collaborazione con organizzazioni governative e diverse agenzie dell’ONU è stata lanciata la piattaforma informativa chernobyl.info.

Sul sito si trovano informazioni generali sulla catastrofe e nozioni sulle conseguenze del disastro su uomo, fauna e ambiente.

Salute madre-bambino: per migliorare le condizioni sanitarie delle madri e dei bambini nelle zone altamente radioattive sono state sviluppate e migliorate le strutture sanitarie di base (ospedali e ambulatori).

Sistema integrale di monitoraggio delle radiazioni: attraverso la prevenzione e l’informazione sono state adottate misure per limitare l’assunzione di dosi supplementari di radiazioni, ad esempio tramite l’alimentazione.

La Segreteria di Stato dell’economia (SECO) ha poi contribuito con diversi milioni di franchi al Chernobyl Shelter Fund, destinato alla costruzione di un super sarcofago attorno al reattore danneggiato, e al Nuclear Safety Account, un fondo per risanare o chiudere le centrali atomiche obsolete dell’Europa dell’Est.

A 25 anni di distanza dal disastro di Chernobyl si registrano ancora alti livelli di contaminazione radioattiva in molti alimenti di base.

Lo rileva uno studio di Greenpeace condotto nel marzo del 2011, secondo cui i livelli di radioattività più alti sono stati riscontrati nel latte e nei funghi.

In un villaggio della regione di Rivnenska, Greenpeace ha trovato ad esempio concentrazioni di Cesio 137 che nel 93% dei campioni di latte analizzati eccedono di un fattore compreso tra 1,2 e 16.3 volte i livelli previsti per i bambini in Ucraina.

In Ucraina, ricorda l’associazione, 18’000 chilometri quadrati di terreni agricoli sono stati contaminati in seguito all’esplosione di Chernobyl.

Si stima che il

40% dei boschi

, pari a una superficie di 35’000 km2, siano contaminati.

Traduzione dall’inglese di Luigi Jorio

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