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Politici svizzeri non particolarmente esemplari

La Svizzera è uno dei Paesi meno corrotti al mondo, ma alcuni suoi politici sono attualmente sotto inchiesta per aver accettato dei regali. E questa sarebbe solo «la punta dell’iceberg» secondo Transparency International.


Il mondo politico svizzero non è immune alla corruzione. Pierre Maudet e Christian Miesch sono attualmente oggetto di indagini giudiziarie, Pascal Broulis di indagini preliminari. I due consiglieri di Stato e l’ex consigliere nazionale sono sospettati di aver ricevuto denaro, regali o viaggi. Il reato è quello di «accettazione di vantaggio» secondo le disposizioni del Codice penale in materia di corruzione. Basta che una persona riceva un favore «in considerazione dell’espletamento della sua attività ufficiale» ed è passibile di un massimo di tre anni di reclusione. Non fanno stato regali insignificanti o autorizzati dal regolamento.

Il Codice penale e i suoi articoli piuttosto vaghi sono gli unici veri limiti imposti ai politici svizzeri in materia di corruzione. Che sia a livello comunale, cantonale o federale, ogni persona eletta ha un ampio margine di manovra per gestire i propri «regali» e i rapporti con i lobbisti.

Fiducia e sensibilizzazione

Gli uffici dell’Assemblea federale inviano una lettera ai consiglieri eletti, in modo da sensibilizzarli sui temi della corruzione e dell’accettazione di vantaggi. Non vengono fissati dei limiti, considerando che «spetta ai parlamentari valutare se l’accettazione di un regalo o di un altro vantaggio possa compromettere la loro indipendenza e rischi di farli incorrere in un perseguimento penale». Nella lettera si fanno esempi di cosa possa essere considerato un regalo insignificante: un mazzo di fiori, una bottiglia di vino, un invito a cena o a un evento; a condizione che questi favori non si accumulino in modo significativo. Gli uffici specificano anche che la partecipazione a un viaggio su invito di un gruppo d’interesse è accettabile, a condizione che il parlamentare «paghi egli stesso le spese del viaggio».

Per quanto riguarda i partiti politici, quelli che ci hanno risposto (Verdi, PLR, PPD, Verdi liberali, UDC, PS e Partito Evangelico) non fanno firmare nessuna carta etica o codice di condotta ai loro candidati o eletti. Alcuni comitati cantonali richiedono una lista dei mandati problematici e un estratto del casellario giudiziario o del registro delle esecuzioni. Fa eccezione la sezione bernese del PPD, che in occasione delle elezioni municipali del 2016 aveva chiesto ai suoi candidati di sottoscrivere un «codice d’onore» che li impegnava a rispettare le leggi e i valori del partito.

La presunzione d’innocenza si applica a tutte le persone “fino a quando non sono state condannate con sentenza definitiva”, secondo il Codice penale svizzero. Le persone menzionate in questo articolo che sono oggetto di indagini o indagini preliminari sono quindi, ovviamente, presunte innocenti. Essi contestano le accuse a loro carico.

Nella maggior parte dei casi i partiti partono dal presupposto che i propri politici si atterranno alle linee guida, così come alle regole e le direttive ufficiali. E confidano nel fatto che ognuno dei suoi membri si assumerà le proprie responsabilità individuali.

«La punta dell’iceberg»

La Svizzera è uno dei Paesi meno corrotti al mondo, si situa al terzo posto nell’ultima classifica di Transparency International. «Ma occorre essere prudenti» avverte Martin Hilti, direttore della sezione svizzera di Transparency. «Si tratta di un confronto con altri Paesi, questo però non significa che in Svizzera vada tutto bene». Le procedure legali contro Pierre Maudet o Christian Miesch non sorprendono Martin Hilti: «i nostri politici non dimostrano una particolare sensibilità nei confronti dei conflitti d’interesse. Ecco perché le persone elette accettano troppo spesso vantaggi illeciti». E i pochi casi noti non sono che «la punta dell’iceberg» secondo il direttore di Transparency Svizzera. 

L’associazione si batte per l’introduzione di nuovi strumenti in grado di prevenire e punire i casi di corruzione in politica; e per fissare delle regole sulla trasparenza dei finanziamenti ai partiti, alle campagne elettorali e alle votazioni (un’iniziativa popolareCollegamento esterno in questo senso sarà prossimamente sottoposta al popolo). Delle regole sulla trasparenza del lobbismo, un codice etico obbligatorio per i politici con possibilità di sanzioni e una miglior protezione dei delatori. «Già solo il sospetto che un politico sia corrotto è un veleno per la nostra democrazia» sostiene Martin Hilti «perché i cittadini finiscono col perdere la fiducia nei loro rappresentanti eletti».

Tre casi al centro dell’attualità


Il caso Maudet

Pierre Maudet
Il consigliere di Stato ginevrino Pierre Maudet (PLR) presta giuramento il 31 maggio 2018 dopo la sua elezione in governo. © KEYSTONE / MARTIAL TREZZINI

Nel maggio 2018 i media ginevrini sollevano degli interrogativi sul viaggio che il consigliere di Stato ha compiuto negli Emirati Arabi Uniti, proprio pochi mesi prima che l’aeroporto di Ginevra estendesse la concessione a una compagnia aerea emiratina. Pierre Maudet ha trascorso quattro giorni ad Abu Dhabi con la sua famiglia e il direttore del suo gabinetto nel novembre del 2015. Ai giornalisti aveva spiegato che si trattava di un viaggio privato, che era stato invitato da amici, che aveva pagato il volo, ma che il soggiorno era stato saldato dall’amico di un amico…

Un discorso confuso che attira l’attenzione anche del Ministero pubblico. Quest’ultimo apre un’indagine nell’agosto 2017, molto prima che il caso fosse reso pubblico. A fine agosto 2018 richiede che Pierre Maudet venga privato della sua immunità, convinto che il liberale-radicale abbia mentito e che il suo viaggio in realtà sia stato completamente pagato dal principe ereditario dell’emirato. L’importo totale ammonterebbe a diverse decine di migliaia di franchi. Il Ministero pubblico vuole citare in giudizio il politico per accettazione di vantaggio.

Da quel momento gli eventi precipitano: il 5 settembre Pierre Maudet confessa di aver mentito, il 13 settembre rinuncia alla presidenza dell’Esecutivo ed è privato anche della gestione di polizia e aeroporto, l’immunità gli viene tolta il 20 settembre ed è interrogato per la prima volta dal Ministero pubblico il 28 settembre. L’inchiesta è tuttora in corso.


Il caso russo

Géraldine Savary et Pascal Broulis
Géraldine Savary, consigliera agli Stati socialista, e Pascal Broulis, consigliere di Stato liberale radicale. Keystone

Alla fine del giugno 2018 il Tages Anzeiger rivela che il ministro delle finanze vodese si è recato più volte in Russia negli ultimi anni. Pascal Broulis compiva questi viaggi in compagnia del miliardario Frederik Paulsen, che con la sua multinazionale Ferring è uno dei più importanti contribuenti del canton Vaud. Frederik Paulsen inoltre è anche console onorario della Russia a Losanna. Pascal Broulis replica ai giornalisti che si trattava di viaggi privati, pagati di tasca propria, ma rifiuta di fornire le fatture.

Nel frattempo viene fatta un’interpellanza al Gran Consiglio vodese per sapere se la ditta Ferring ha beneficiato di sgravi fiscali o di altre agevolazioni da parte del Cantone. Il 12 settembre, tre consiglieri comunali di Losanna spediscono una lettera raccomandata al Ministero pubblico, che decide così di intraprendere delle indagini.

Anche la consigliera agli Stati vodese Géraldine Savary è coinvolta in queste indagini siccome ha partecipato ai viaggi in Russia organizzati da Frederik Paulsen. A metà settembre il Tages Anzeiger ha rivelato che la socialista si era recata anche in Spagna, sempre in compagnia del presidente della società Ferring.

Il caso kazako

Christian Miesch
L’ex deputato nazionale UDC Christian Miesch. © KEYSTONE / EQ IMAGES / Monika Flueckiger

Nel gennaio 2015 molti media si mostrano allarmati dall’influenza di Thomas Borer – ex ambasciatore svizzero e lobbista – in rappresentanza degli interessi del Kazakistan. Avrebbe tentato di influenzare dei parlamentari a presentare interventi in favore del presidente kazako. In particolare i media lo accusano di aver redatto un’interpellanza a favore del regime difesa da Christian Miesch, consigliere nazionale UDC (destra conservatrice). 

Nel settembre 2018 il Parlamento decide di revocare l’immunità all’ex consigliere nazionale – evento estremamente raro. Il Ministero pubblico può quindi perseguire il basilese per corruzione passiva e accettazione di vantaggio. Lo stesso vale per Thomas Borer, accusato di corruzione attiva e concessione di un vantaggio. L’ex ambasciatore avrebbe versato 4635 franchi a Christian Miesch per l’acquisto di un abbonamento FFS di prima classe anche se ne possedeva già uno.

Thomas Borer contesta le accuse.


Traduzione di Barbara Buracchio

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