Generosità tedesca contro discrezione svizzera
Mentre la Germania apre le sue porte e il suo cuore ai rifugiati siriani, cosa fa la Svizzera? Tra il sospetto di un’eccessiva cautela e l’opacità delle cifre che non dicono tutto, la realtà sembra piuttosto quella di un buon allievo che potrebbe fare di più.
Dopo l’orrore silenzioso di un bambino morto su una spiaggia turca, anche le immagini festose giunte lo scorso fine settimana dalla Germania hanno scosso il mondo. A Monaco e a Francoforte la folla, accogliendo i profughi a braccia aperte, ha dimostrato che la decisione presa poche ora prima del governo Merkel non si basava solo sulle parole.
Nello stesso momento e per contrasto, sul marciapiede della stazione di Buchs, nella Svizzera orientale, un piccolo gruppo di volontari dava il benvenuto a un’unica famiglia siriana: un quadro piuttosto desolato. La Svizzera avrebbe dovuto arrossire di fronte alla generosità del grande vicino?
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«Ciò che accade in questi giorni in Germania è effettivamente eccezionale. Il paese torna a essere il motore che è stato durante la crisi dei Balcani, all’inizio degli anni Novanta. Angela Merkel manda un triplice messaggio, al suo popolo, ai siriani e all’Europa, alla quale dice: ‘Ora tocca a voi seguirci’», afferma Robin StünziCollegamento esterno, dottorando all’università di Neuchâtel. Ma anche se la Svizzera non è proattiva, come lo è la Germania, lo specialista di questione legate all’asilo non la considera neppure troppo cauta. «In termini di apertura, è piuttosto al di sopra della media in Europa».
Per giudicare se la Svizzera ha fatto abbastanza, «si può guardare a quello che è già stato fatto, dopo il 2013, e che non necessariamente ha trovato molto spazio nei media», dice dal canto suo Céline Kohlprath, portavoce della Segreteria di Stato della migrazioneCollegamento esterno (SEM).
3000 contro 800’000
Nel 2013, quando si parlava dell’impiego di armi chimiche in Siria, il governo federale ha deciso che i siriani già arrivati in Svizzera potevano farsi raggiungere dai membri della loro famiglia (i figli anche maggiorenni, fratelli e sorelle e nonni). Finora, 4700 persone sono arrivate in Svizzera grazie a questa misura. «Non tutti hanno depositato una domanda d’asilo», precisa Céline Kohlprath. «Ma quelli che non l’hanno fatto hanno comunque ottenuto un permesso di soggiorno temporaneo»
Nel 2013 la Svizzera ha anche deciso di accogliere un contingente speciale di 500 siriani particolarmente vulnerabili, soprattutto donne e bambini. Fino ad oggi 410 di loro sono giunti in Svizzera e beneficiano di questo programma pilota, che mette l’accento sull’integrazione e sul coaching.
Il 6 marzo 2015 inoltre il Consiglio federale ha autorizzato i siriani che beneficiano di un’ammissione provvisoria a farsi raggiungere dalla loro famiglia, senza attendere i tre anni che rappresentano la regola in questi casi. Entro la fine dell’anno il governo si aspetta l’arrivo di mille persone e intende accoglierne altre 2000 nei due anni successivi.
Spesso citata dalla stampa, la cifra sembra un po’ ridicola: 3000 persone contro le 800’000 che la Germania è disposta a far giungere nel paese entro la fine dell’anno. Ma bisogna stare attenti agli errori di prospettiva, avverte Robin Stünzi: «I media sono stati un po’ troppo veloci ad adottare questa cifra, che fin dall’inizio è stata annunciata come un limite massimo. Vorrebbe dire un altro mezzo milione di rifugiati negli ultimi mesi dell’anno. Ora, per esperienza si sa che i picchi di ingressi si registrano in estate. Davvero non vedo come si potrebbe arrivare a una cifra simile».
Dietro le cifre
Non saranno quindi 800’000 le persone accolte in Germania. Ma neppure in Svizzera le cifre dicono tutto. Sulle 1000 ammissioni speciali previste quest’anno, le autorità non hanno visto arrivare finora che 79 persone, vale a dire «molto meno di quanto ci aspettavamo dopo l’esperienza del 2013», ammette Céline Kohlprath.
Perché così pochi? Il fatto è che i beneficiari di queste misure governativeCollegamento esterno non sono persone che si presentano alla frontiera. Sono selezionati «in stretta collaborazione con l’Alto commissariato per i rifugiati», nei campi che l’agenzia delle Nazioni Unite gestisce nei paesi vicini della Siria (attualmente ci sono più di 1,9 milioni di rifugiati in Turchia, 1,1 milioni in Libano, 630’000 in Giordania e 250’000 in Iraq). Inoltre i loro dossier sono sottoposti ai servizi di intelligence, che sono chiamati a evitare eventuali infiltrazioni jihadiste. E tutto questo richiede tempo.
Contrariamente a quel che ha fatto il governo di Berlino, Berna non ha aperto improvvisamente le porte di fronte a un afflusso massiccio, che in ogni caso non c’è. Che arrivino via mare o via terra, i profughi seguono strade che non passano necessariamente dalla Svizzera. Inoltre si sa che cercano spesso di raggiungere i loro compatrioti o parenti all’estero e i siriani non sono molto numerosi in Svizzera. La prassi più liberale della Germania o della Svezia in materia di diritto d’asilo rende infine la Svizzera meno attraente.
Questo spiega senza dubbio le ultime cifre mensili della SEM: in agosto la Svizzera ha registrato 3899 domande d’asilo, vale dire appena 3 più del mese precedente. Tra di loro, 1610 provenivano dall’Eritrea, 461 dall’Afghanistan e solo 401 dalla Siria.
Alla fin fine, per restare nelle cifre, dall’inizio della guerra nel 2011 (e fino al 31 agosto 2015), la Svizzera ha accolto esattamente 9199 siriani. Tra loro 2307 hanno ottenuto asilo politico e 5540 un’ammissione provvisoria. La sorte dei rimanenti 1300 non è ancora decisa.
«Un buon allievo, ma non un eroe»
Troppo? Troppo poco? In piena campagna elettorale – le elezioni federali si terranno il 18 ottobre – ogni partito ha la sua risposta. Un assaggio di queste diverse posizioni si avrà a partire da mercoledì, in occasione della sessione speciale del Consiglio nazionale dedicata al tema dell’asilo.
Nell’attesa Etienne Piguet, geografo e vicepresidente della Commissione federale della migrazione, si è divertito, in un blogCollegamento esterno del settimanale L’Hebdo, a sottoporre le cifre elvetiche ai vari criteri che potrebbero essere adottati per un’eventuale chiave di ripartizione europea, che ancora non esiste.
Se si guarda solo alla dimensione del paese e alla sua popolazione, la Svizzera fa molto più del suo dovere. Nel 2014 ha accolto oltre 22’000 richiedenti l’asilo di varie nazionalità, anche se avrebbe potuto fermarsi a 9000. L’esperto ritiene però che i criteri non siano sufficienti, perché non tengono conto della ricchezza del paese. Se si aggiungono PIL e tasso di disoccupazione, allora la Svizzera dovrebbe accogliere un po’ più di richiedenti di quanto fa ora.
La conclusione di Etienne Piguet: «La Svizzera è certamente un buon allievo in termini di accoglienza, ma considerando la sua ricchezza non ha nulla di eroico. Se vuole onorare la sua tradizione umanitaria, potrebbe aprire ancora di più le sue porte».
Alla tradizione umanitaria vuole credere anche Robin Stünzi: «Sento che in Svizzera sia in atto una presa di coscienza, soprattutto nei confronti dei siriani. E le decisioni prese di recente da Germania, Francia, Gran Bretagna e forse presto da altri paesi la rafforzeranno. C’è stata senza dubbio la terribile foto del piccolo Aylan, ma già prima la gente era consapevole che bisognava aiutare queste persone».
Traduzione di Andrea Tognina
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