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Ginevra gioca le sue carte vincenti

Bandiere russe e statunitensi all aeroporto di Ginevra
Keystone / Martial Trezzini

Il summit Biden-Putin è un voto di fiducia per Ginevra e la Svizzera. Per la "Ginevra internazionale" è una scarica di defibrillatore dopo la paralizzante pandemia.

È stato un bel colpo, non c’è dubbio: il summit tra Joe Biden e Vladimir Putin a Ginevra è uno dei più grandi exploit diplomatici del Governo svizzero degli ultimi anni. In termini di politica interna, tuttavia, ha potuto sfruttare questo successo per poco tempo. Un solo giorno dopo l’annuncio, infatti, il Governo ha comunicato la morte dell’Accordo istituzionale con l’Unione europea – uno dei più grandi naufragi della politica estera dalla fine della guerra fredda.  

Ma ora lo storico evento domina la scena. Il Paese è al centro dell’attenzione internazionale e il tempismo è eccellente: in Europa e Nordamerica le misure per combattere il coronavirus sembra stiano dando frutti e ci sono segnali che la pandemia stia finendo.

È un ritorno alla normalità anche nell’arena diplomatica. La pressione per organizzare nuovamente incontri importanti in presenza sta aumentando e il summit Russia-Stati Uniti è il segnale di partenza di questa nuova fase. Per la Ginevra internazionale si tratta di un evento che non può essere sottovalutato: il ritorno della politica internazionale sui suoi soliti binari, infatti, appare logico solo a posteriori.

Eingang Parc La Grange
Le misure di sicurezza per il summit hanno paralizzato mezza città – Il Parc La Grange, dove si svolge l’incontro, è comunque chiuso. swissinfo.ch

Negli ambienti diplomatici si sente dire che traspariva un certo nervosismo dall’amministrazione elvetica: la pandemia aveva forse provocato un danno irreparabile a Ginevra in quanto cuore del multilateralismo? Il trasferimento di conferenze, incontri, e riunioni nello spazio digitale era considerato una vera minaccia per la location reale e questo è stato percepito tanto a Ginevra quanto a Berna.

Nel cuore del multilateralismo

Ma non ci si sbarazza facilmente delle tradizioni – e la Svizzera non è rimasta con le mani in mano. Dal punto di vista logistico, ha potuto attingere alla sua ricca esperienza, adattandola alle nuove circostanze. Durante i meeting online, è spesso impossibile vedere quante persone stanno lavorando dietro le quinte: segretari, traduttori, interpreti, media. Prima tutti riuniti a Ginevra, si sono spesso dovuti coordinare da molti luoghi diversi.

Naturalmente, anche altre città che si distinguono per il loro ruolo di sede della politica internazionale hanno dovuto affrontare gli stessi problemi. Ma, grazie al suo networking, la Ginevra internazionale è partita in vantaggio: il mix di scienza e politica ha trovato terreno fertile con le organizzazioni internazionali, le istituzioni accademiche e la forte presenza della società civile. Queste sono sempre state le carte vincenti della città.

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Il cuore del multilateralismo è senza dubbio la presenza delle Nazioni Unite, che organizza 12’000 incontri all’anno nel Palazzo delle Nazioni e il cui segretariato è formato da quasi 3’500 persone. Benché la grande politica dell’ONU sia di casa a New York, è a Ginevra, grazie a decine di organizzazioni specializzate, che si definiscono gli standard internazionali che influenzano la vita quotidiana della gente a livello globale.

La competizione, tuttavia, è feroce. I quartier generali dell’ONU sono a New York, Ginevra, Vienna e Nairobi e ci sono decine di “duty stations” in tutto il mondo. In seno alle Nazioni Unite, c’è molta pressione per introdurre un sistema di rotazione e far sì che i funzionari non si trovino intrappolati esclusivamente in luoghi con un alto tenore di vita.

Si intende in questo modo rendere l’organizzazione più dinamica – e, naturalmente, le location al di fuori delle nazioni occidentali auspicano che il cambiamento possa renderle più importanti. La politica delle grandi potenze viene perseguita in un contesto classico in questo summit, ma il mondo non è più lo stesso da quando russi e statunitensi si sono incontrati l’ultima volta a Ginevra nel 1985.  

Nella Confederazione ne sono coscienti: nel 2005, i politici hanno approvato la legge federale per la Svizzera in quanto Stato ospiteCollegamento esterno, volta a salvaguardare l’attrattività di Ginevra. La legge regola l’insediamento delle istituzioni internazionali e le questioni giuridiche come i privilegi e le immunità. La funzione di Stato ospite è un punto centrale della politica estera elvetica e già prima della pandemia si era deciso di rafforzare ulteriormente Ginevra nell’ambito del multilateralismo nello spazio digitale.

>> Leggete di più sulla “Ginevra digitale” qui:

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Non da ultimo, nella legge è anche previsto lo stanziamento di risorse finanziarie per ristrutturazioni e nuovi edifici – l’obiettivo è legare le organizzazioni a Ginevra sul lungo termine. Questo avvantaggia le piccole delegazioni per le quali la mancanza di fondi potrebbe rappresentare un ostacolo al loro insediamento. Per esempio, la Svizzera invita in modo specifico piccoli Stati del Pacifico a stabilire missioni permanenti a Ginevra. Da un lato, questo ha lo scopo di consolidare l’universalità della città. Dall’altro, si creano amicizie che possono condurre ad alleanze strategiche negli organi decisionali internazionali.

Quando il mondo osserva il summit Biden-Putin, non vede dunque che la punta dell’iceberg della politica internazionale che si forma qui ogni giorno.   

Una linea diretta

Esperti e analisti ritengono che le relazioni tra Stati Uniti e Russia siano a un minimo storico. La Svizzera è dunque fiera di essere riuscita a portare il summit nel Paese. Il ministero degli esteri dice che la Svizzera sta dando il suo contributo alla ripartizione degli oneri della politica mondiale – una sottile allusione al fatto che la Confederazione sta dando un contributo sproporzionato.

Per il momento, non è dato sapere come si sia arrivati alla decisione designare la Svizzera. Quando Biden ha annunciato che avrebbe voluto incontrare Putin, anche altri Paesi hanno dato la propria disponibilità. Il fatto è che la Confederazione è reputata come mediatore dalle due parti: quando si è acceso il conflitto in Ucraina, la Svizzera, che allora deteneva la presidenza dell’OSCE, ha discusso a più riprese con la Russia. L’allora ministro degli esteri elvetico Didier Burkhalter ha avuto vivaci scambi con Mosca nel 2014. Preziose relazioni possono formarsi anche così.

Il presidente della Confederazione Guy Parmelin e il ministro degli esteri Ignazio Cassis hanno in programma entrambi un incontro bilaterale con Biden (tenutosi martedì sera) e Putin. Si tratta di un gesto abituale nei confronti dei padroni di casa, ma è anche un momento opportuno per toccare questioni importanti al più alto livello. Biden ha menzionato la Svizzera nel suo discorso inaugurale – come paradiso fiscale. Non era un complimento. L’opportunità di avere una linea diretta con il presidente USA, che non è certo a corto di dichiarazioni dirette, ha sicuramente fatto piacere al Governo elvetico.

 Un nuovo ottimismo

Alla conferenza stampa seguita al colloquio con Biden, Parmelin ha confermato che si è discusso dei jet militari statunitensi (una delle possibilità contemplate dalla Svizzera per il rinnovo delle sue forze aeree) e dei negoziati sull’accordo di libero scambio auspicato dalla Confederazione. Altri temi importanti sono stati la ricerca e l’educazione – e naturalmente i buoni uffici della Svizzera: nei trenta minuti si è parlato molto dell’Iran, ha comunicato Cassis.

Il colloquio si è svolto in un’atmosfera cordiale e il ritorno degli Stati Uniti nel multilateralismo è stato il benvenuto. Il presidente della Confederazione ha dichiarato che la nuova amministrazione americana ha portato una ventata di nuovo ottimismo nella politica mondiale.

Riguardo all’incontro con il presidente russo, le autorità elvetiche hanno comunicato in modo piuttosto criptico che lo scopo è “coltivare un dialogo costruttivo e critico con la Russia al fine di rafforzare ulteriormente le relazioni”. Il tema più concreto dal punto di vista di Mosca è sicuramente il caso dell’uomo d’affari russo Vladislav Klyushin, attualmente detenuto in Vallese. La Svizzera l’ha arrestato in marzo su richiesta statunitense. Washington lo accusa di frode fiscale e ne ha richiesto l’estradizione. Per la Russia, Klyushin ha un ruolo importante nella propaganda del Cremlino.

Secondo il ministro degli esteri svizzero, verranno discusse problematiche legate alla sicurezza nel contesto dell’OSCE.

Strategicamente la Svizzera è sempre interessata a nuovi mandati – anche in questo campo la concorrenza si sta facendo agguerrita, poiché non è certo l’unico Paese neutrale a svolgere questo tipo di ruolo.

Un altro interesse svizzero è la candidatura svizzera per un seggio al Consiglio di sicurezza dell’ONU nel 2023-24.

La scelta di Ginevra per il vertice è un segnale di fiducia, secondo gli ambienti diplomatici. Il Paese è considerato in grado di gestire la logistica di un evento così importante e di saperlo fare con la necessaria discrezione. Con una sola mossa, la Svizzera ha accresciuto di molto il suo capitale politico.

>> La Russia e gli Stati Uniti si sono incontrati più volte a Ginevra. Uno sguardo al passato in questo articolo:

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