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L’insicurezza pesa sugli impiegati delle banche

Ristrutturazioni, licenziamenti, scandali, attacchi al segreto bancario: da alcuni anni varie incertezze gravano sull'ambiente di lavoro nelle banche Keystone

Migliaia di impiegati delle banche svizzere, i cui dati sono stati trasmessi alla giustizia americana, vivono una pesante situazione d’incertezza. Solo pochi si sono però opposti alla consegna dei loro nomi a Washington, per il timore di perdere il posto di lavoro.

“Sicuramente non è così, come si è letto a volte nei giornali, che tutti gli impiegati delle banche svizzere non possono più viaggiare negli Stati uniti. Non vi sono segnali, in base ai quali gli Stati uniti avrebbero intenzione di arrestare tutti i banchieri svizzeri. Non vogliono di certo riempire le loro prigioni in questo modo”, afferma Balz Stückelberger.

“Non possiamo però escludere, che alcune persone dovranno rispondere dinnanzi alla giustizia americana”, aggiunge il direttore di AGV Banken, l’associazione padronale delle banche svizzere. “Vi è effettivamente un’insicurezza tra il personale delle banche e non possiamo semplicemente ignorarla”.

Un’insicurezza che sussiste ormai da due anni, da quando il Dipartimento americano di giustizia ha annunciato di aver posto sotto inchiesta una decina di banche svizzere, sospettate di aver aiutato migliaia di clienti ad evadere il fisco negli Stati uniti, violando le leggi americane. Le autorità giudiziarie americane hanno preteso di ricevere dalle banche svizzere tutti i dati delle transazioni controverse, compresi i nomi degli impiegati che si sono occupati dei clienti soggetti al fisco americano.

Nel 2011, la giustizia americana annuncia di aver posto sotto inchiesta una decina di banche svizzere: sono sospettate di aver aiutato migliaia di clienti ad evadere le imposte degli Stati uniti, violando le leggi americane.

Il dipartimento americano di giustizia esige tutte le informazioni sulle transazioni delle banche, compresi nomi e dati degli impiegati coinvolti nelle attività USA.

Nel 2012, il governo svizzero autorizza le banche a collaborare con la giustizia americana e a fornire nomi e dati degli impiegati. Le banche forniscono migliaia di dati richiesti a Washington, in molti casi senza informare anticipatamente i collaboratori.

Nel 2013 il dipartimento americano di giustizia esige ulteriori dati. Il governo svizzero propone al parlamento di regolare la trasmissione delle informazioni attraverso un’apposita legge (Lex USA).

Nel giugno scorso, il parlamento boccia la Lex USA, ritenendola non necessaria e contraria ai principi di sovranità della Svizzera.

Il 3 luglio, la ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf propone un “piano B”: le banche potranno trasmettere i dati richiesti su autorizzazione del governo, senza violare l’articolo 271 del Codice penale, che vieta la collaborazione con autorità straniere.

Diritti calpestati

Nell’aprile dell’anno scorso, il governo svizzero ha autorizzato le banche a collaborare con il dipartimento americano di giustizia e a fornire “tutte le informazioni necessarie alla salvaguardia dei loro interessi”. Un rifiuto di collaborare avrebbe difatti significato la fine delle banche sotto inchiesta.

“Anche se non ha una presenza fisica negli Stati uniti, ogni banca deve fare pagamenti in dollari. Per accedere ai mercati internazionali deve avere un conto clearing in dollari a Londra o New York. Ora, se finisce sulla lista nera delle autorità americane, non può più eseguire pagamenti in dollari. Praticamente può chiudere i battenti”, spiega Pierre Louis Manfrini, avvocato e docente presso l’Istituto di alti studi in amministrazione pubblica (IDHEAP) di Losanna.

Solo l’anno scorso, sarebbero così stati forniti a Washington i nomi di almeno 10’000 impiegati o ex impiegati delle banche finite nel mirino della giustizia americana. Inizialmente, molte di queste persone non sono state informate in anticipo sulla consegna dei loro dati e non hanno quindi nemmeno avuto la possibilità di opporsi legalmente. L’Incaricato per la protezione dei dati è così intervenuto, chiedendo alle banche di rispettare la legislazione in materia d’informazione e di trasparenza.

Regole di trasparenza

Dopo lunghi negoziati, il 29 maggio scorso l’Associazione svizzera degli impiegati di banca (ASIB) ha firmato con AGV Banken e con l’Associazione svizzera dei banchieri (SwissBanking) una convenzione che offre una migliore protezione ai collaboratori contro le conseguenze della trasmissione dei loro dati.

In base alla convenzione, i datori di lavoro s’impegnano ad informare in anticipo i collaboratori sui documenti che li concernono, a offrire loro assistenza finanziaria e legale in caso di procedimenti da parte della giustizia americana e a garantire agli impiegati coinvolti nelle operazioni USA una protezione contro le discriminazioni e i licenziamenti.

“I datori di lavoro sono ora tenuti a rispettare le regole d’informazione e di trasparenza. Il problema è che gli impiegati non fanno ricorso al diritto di opporsi alla trasmissione dei loro dati, nel timore di perdere il posto di lavoro”, osserva però Denise Chervet, segretaria generale dell’ASIB. Finora, non più di una ventina di persone si sono opposte alla consegna dei loro nomi, ma tra queste vi sono quasi soltanto ex collaboratori o pensionati.

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Viaggi a rischio

La convenzione non pone però gli impiegati al riparo da eventuali perseguimenti penali negli Stati uniti. Nonostante intense trattative, il governo svizzero non è riuscito ad ottenere un accordo globale con Washington per regolarizzare il passato: le autorità americane intendono tuttora proseguire le loro inchieste.

“Gli Stati uniti non vogliono in primo luogo delle persone. Vogliono informazioni dalle banche sulle loro attività con la clientela americana. I dati richiesti dovrebbero servire innanzitutto a chiarire queste attività. Ma il problema va preso sul serio e un rischio rimane per gli impiegati”, ritiene Balz Stückelberger.

Rischi evidenziati anche da Pierre Louis Manfrini: “Tra i nomi trasmessi agli Stati uniti vi sono anche quelli di segretarie, che hanno anche solo spedito un’e-mail per il loro superiore. La giustizia americana non è sicuramente interessata ad arrestare una segretaria, però se questa persona viaggia negli Stati uniti rischia di andare incontro a serie complicazioni. Personalmente raccomando a coloro che figurano nella lista di rimanere a casa”.

Il 29 maggio scorso, l’Associazione svizzera degli impiegati di banca (ASIB), l’Associazione padronale delle banche svizzere (AGV Banken) e l’Associazione svizzera dei banchieri (SwissBanking) hanno firmato una  convenzione, volta a garantire una protezione ai collaboratori contro le conseguenze della trasmissione dei loro dati alla giustizia americana.

Questa convenzione viene considerata dal governo come uno standard da rispettare in caso di consegna di informazioni a Washington, contenenti nomi e dati del personale bancario.

Secondo il governo, le banche che intendono collaborare con la giustizia americana “devono provvedere alla massima protezione dei loro collaboratori”.

In particolare devono adempiere l’obbligo di informare in anticipo gli impiegati, fornire assistenza in caso di conseguenze legate alla trasmissione dei dati e garantire una protezione contro discriminazioni e licenziamenti.

Senza base legale

L’insicurezza per i collaboratori delle banche non è di certo diminuita dopo il rifiuto della “Lex USA” da parte del parlamento svizzero, nel giugno scorso. Con questa legge, il governo elvetico avrebbe voluto fissare le condizioni legali per regolare la trasmissione dei dati e risolvere la controversia con gli Stati uniti. A inizio luglio, la ministra delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf ha presentato un “piano B”, in base al quale i dati potranno venir trasmessi anche senza legge: ogni banca dovrà chiedere l’autorizzazione al governo.

Una soluzione che non convince Pierre Louis Manfrini. “Il governo ha chiesto al parlamento di adottare una legge per autorizzare la consegna dei dati agli Stati uniti. Il parlamento ha rifiutato ed ora il governo vuole autorizzare lo stesso la loro trasmissione. Secondo me, esiste un problema serio di base legale”.

Uno scetticismo condiviso da Denise Chervet. “Dopo il rifiuto della ‘Lex USA’, la situazione rimane problematica non solo per i collaboratori, già confrontati con continue ristrutturazioni, ma anche per tutta la piazza finanziaria. La piazza finanziaria ha bisogno di sicurezza, che rappresenta da sempre uno dei suoi punti forti. I problemi con gli Stati uniti vanno risolti il più presto possibile, affinché la piazza finanziaria possa ritrovare questa sicurezza”. Resta ancora da vedere come reagiranno gli Stati uniti al “piano B”.

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