La scomparsa di un ribelle antieuropeista
Con la morte di Giuliano Bignasca, fondatore e presidente a vita della Lega dei Ticinesi, scompare un politico colorito e controverso. Negli ultimi due decenni, il «Nano», come era soprannominato, ha profondamente trasformato la cultura politica del Ticino.
«Giuliano Bignasca è morto»: l’annuncio ha colto tutti un po’ di sorpresa giovedì mattina. Non solo in Ticino, ma in tutta la Svizzera e anche nella vicina Italia.
Il decesso del «padre padrone» della Lega, che il prossimo 10 aprile avrebbe compiuto 68 anni, è avvenuto nella notte tra mercoledì e giovedì. Bignasca è stato trovato senza vita nella sua casa di Canobbio verso le 8.30. Le cause precise della morte non sono ancora note.
Con la sua morte scompare un personaggio pittoresco, arcigno, per certi versi rivoluzionario, detestato da molti, ma con un fiuto politico eccezionale, una qualità che i suoi avversari hanno sempre riconosciuto.
L’imprenditore di Lugano, scalpellino di formazione, era l’anima e il principale finanziatore della Lega dei Ticinesi, fondata nel 1991 sulla scia del successo ottenuto nella vicina Lombardia da Umberto Bossi. Il movimento era nato in segno di protesta contro la «lottizzazione» di appalti e funzioni del settore pubblico da parte di partiti storici e delle cosiddette «grandi famiglie» del cantone.
Sin dalle prime elezioni cantonali nell’aprile dello stesso anno, la Lega si dimostrò un attore con il quale bisognava fare i conti, ottenendo quasi il 13% dei voti. Dato spesso per moribondo, il movimento di Bignasca ha sempre trovato le risorse – e i temi giusti – per dettare l’agenda politica e far breccia nell’elettorato, fino a diventare due anni fa il primo partito nel governo cantonale ticinese. «La Lega era Bignasca», ha affermato giovedì il consigliere di Stato leghista Marco Borradori.
A livello nazionale, la Lega non ha mai giocato un ruolo importante. Dal 1991, riesce comunque a far eleggere regolarmente (ad eccezione delle legislature 1995-1999 e 2003-2007) due deputati in Consiglio nazionale. Lo stesso Bignasca ha seduto nella Camera bassa tra il 1994 e il 1995 e tra il 1999 e il 2003. A Berna non si è però mai sentito a suo agio, anche perché padroneggiava male il tedesco. Nel 2000 è stato eletto in municipio a Lugano, per il quale era ricandidato alle prossime elezioni in programma in aprile.
La Lega dei Ticinesi è ufficialmente fondata il 17 gennaio 1991 come movimento di protesta contro la “lottizzazione” di appalti e funzioni del settore pubblico, da parte di partiti storici e delle cosiddette “grandi famiglie” del cantone sudalpino.
Si presenta come un movimento “vicino alla gente”, contro l’adesione della Svizzera all’Unione europea e alle organizzazioni internazionali e a difesa degli interessi del Ticino nei confronti della Confederazione. In materia d’immigrazione è sulla stessa linea restrittiva dell’Unione democratica di centro (UDC).
Artefice e presidente a vita della Lega è l’imprenditore luganese Giuliano Bignasca, un liberale deluso dal proprio partito, che ha iniziato la sua rivolta contro la partitocrazia con la pubblicazione, dal 18 marzo 1990, del settimanale “Il Mattino della domenica”. Il domenicale diventerà poi l’organo ufficiale del partito.
Attualmente a livello cantonale detiene due seggi su cinque in governo e 21 su 90 in parlamento. Alle elezioni del 10 aprile 2011 è diventata il primo partito del governo cantonale, con il 29,78% dei voti. Al legislativo ticinese, è invece al secondo posto con il 22,84% dei voti.
A livello nazionale, detiene un seggio sugli otto ticinesi alla Camera del popolo. La Lega dei ticinesi fa parte del Gruppo UDC alle Camere federali.
Un antieuropeista convinto
Ciò non significa però che la Lega non abbia avuto nessun influsso a livello nazionale. Il suo sostegno al referendum del 1992 contro l’adesione allo Spazio economico europeo fu ad esempio fondamentale. La vittoria del ‘no’ – ottenuta con una manciata di voti – rappresentò una pesante sconfitta per l’establishement politico ed economico, favorevole al trattato, e una vittoria epocale per gli antieuropeisti, che ha ripercussioni ancora oggi.
Il più grande successo politico della Lega a livello nazionale risale al 1994, quando, praticamente da sola, lanciò un referendum contro l’invio di caschi blu svizzeri all’estero. Vincendolo.
Bignasca e la Lega sono stati e sono tuttora l’incarnazione a livello ticinese di questo atteggiamento antieuropeista e contrario a qualsiasi apertura internazionale. Sulle colonne de Il Mattino della domenica, l’organo ufficiale del movimento leghista, gli attacchi contro l’Unione Europea e l’ONU ancora oggi si sprecano.
Una cosa è certa: le idee della Lega hanno fatto breccia tra i cittadini ticinesi, che negli ultimi anni si sono spostati sempre di più verso posizioni antieuropeiste, votando ad esempio regolarmente contro gli accordi bilaterali con l’UE. Bignasca è stato spesso additato dai suoi avversari come il responsabile di questo chiudersi a riccio del cantone.
La storia della Lega non è però stata costellata solo da successi. Nel 2009, ad esempio, non è riuscita a raccogliere le firme necessarie per ancorare nella costituzione federale il principio del segreto bancario. Oppure – è storia di una settimana fa – si è vista rifiutare dai votanti ticinesi un’iniziativa che proponeva di abbassare le imposte di aziende e privati.
Contro i richiedenti l’asilo e gli stranieri
Gli abusi nel settore dell’asilo e la limitazione dell’immigrazione sono stati gli altri grandi cavalli di battaglia del politico leghista, spesso accusato di xenofobia e di aver imbarbarito il clima politico.
Negli ultimi anni, il leader della Lega ha alzato pesantemente i toni contro l’Italia e i frontalieri, «rei» di rubare il lavoro ai ticinesi. Nel 2011, ad esempio, aveva provocatoriamente proposto di erigere un muro alla frontiera tra i due paesi.
D’altro canto, però, Bignasca ha sempre avuto un occhio di riguardo nel curare le relazioni tra il suo movimento e la Lega Nord. Nel 2005 era stato proprio lui ad invitare a Lugano Umberto Bossi, per la sua prima uscita pubblica dopo il ricovero. «Era un amico della Lega, un uomo ruvido ma geniale. Il nostro rapporto con Bignasca aveva posto le basi per una stretta collaborazione tra noi e il canton Ticino», ha commentato giovedì il governatore della Lombardia Roberto Maroni.
I balivi e la gente
Al pari della Lega Nord, Bignasca ha sempre guardato con sospetto la capitale federale e qualunque decisione proveniente da Oltralpe. Celebri le sue invettive contro «i balivi di Berna», un po’ il corrispettivo della «Roma ladrona» di bossiana memoria.
Dalle pagine del suo giornale, Bignasca ha spesso attaccato con un linguaggio diretto e provocatorio avversari e concorrenti. Attacchi che gli sono costati decine di denunce e qualche condanna. Consumatore di cocaina, il presidente della Lega ha anche dovuto scontare alcuni giorni di reclusione per infrazione alla legge sugli stupefacenti.
Seppur vicini a molte posizioni del partito di destra dell’Unione democratica di centro (in parlamento federale i deputati leghisti fanno parte proprio del gruppo dell’UDC), Bignasca e il suo movimento non hanno mai voluto inserirsi in uno schema destra-sinistra.
Ad esempio, Bignasca era favorevole alla creazione di una cassa malati pubblica unica, una tipica rivendicazione della sinistra. Il presidente della Lega si ergeva a difensore della «gente». E sicuramente sapeva presentire meglio degli altri le preoccupazioni e le paure della «gente». Il suo successo non si può spiegare altrimenti.
(traduzione e adattamento di Daniele Mariani)
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