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La straordinaria reinvenzione dell’autocrazia

Manifestanti
Manifestanti a Pechino con dei fogli bianchi durante una protesta contro le rigide restrizioni anti-Covid, 27 novembre 2022. Keystone / Mark R. Cristino

La nuova generazione di leader non democratici non teme né le elezioni né la partecipazione di cittadini e cittadine alla vita pubblica. Tuttavia, dimenticano il desiderio di libertà della gente, indica il nuovo rapporto sullo stato globale della democrazia.

Shanghai è stata teatro lo scorso fine settimana di proteste che chiedevano la fine delle restrizioni legate al coronavirus più severe del mondo e, in molti casi, più libertà. Le manifestazioni si sono rapidamente diffuse alle principali città cinesi – da Pechino a Wuhan – e a oltre 50 campus universitari.

In Iran, un sollevamento popolare innescato dalla morte di una giovane donna mentre era sotto custodia della polizia sta scuotendo da oltre due mesi lo Stato della Repubblica islamica. A Budapest, lo scorso weekend, docenti, studenti e genitori hanno lanciato un appello alla disobbedienza civile contro il Governo nazionalista di Victor Orban, formando una catena umana lunga 10 chilometri.

Autocrazia in aumento

“Sono reazioni notevoli e possono contribuire a sviluppi positivi”, dice Alexander Hudson, specialista di democrazia presso International IDEACollegamento esterno e coautore di un nuovo rapporto sullo stato globale della democrazia (Global State of Democracy – GsoDD22).

Queste recenti proteste non possono però nascondere il fatto che l’autocrazia ha esteso il suo raggio d’azione nel mondo, emerge dal rapporto.

International IDEA è un’agenzia intergovernativa per la promozione della democrazia con sede a Stoccolma, in Svezia. Pubblica il rapporto sullo stato globale della democrazia dal 2017. Quest’ultimo analizza il modo in cui i Paesi si stanno comportando nel mantenimento e nella salvaguardia dei principi democratici, includendo aspetti quali assistenza di base, assenza di corruzione e uguaglianza sociale.

Stando al rapporto, nel 2021 il numero di Paesi diventati più autoritari sono il doppio di quelli diventati più democratici. In più, “i regimi autoritari hanno intensificato le repressioni e il 2021 è l’anno peggiore che abbiamo analizzato”.

Ritorno agli anni Novanta

Le cifre mostrano che il mondo è tornato al livello in cui era alla fine della Guerra fredda con circa lo stesso numero di democrazie e autocrazie che aveva nel 1990. Su un totale di 173 Paesi considerati nel rapporto, 104 possono essere considerati oggi democrazie.

Quattordici di questi Paesi erano più democratici nel 2021 di quanto fossero l’anno precedente, mentre 48 sono meno democratici. Delle 69 autocrazie analizzate, più della metà sono diventate più repressive nel 2021.

Mentre il rapporto tra il numero di democrazie e quello di autocrazie è più o meno lo stesso del 1990, i leader autocratici sono stati capaci di adattarsi a un mondo più transnazionale e digitale. Prima di intraprendere una guerra aperta contro l’Ucraina e abolire le ultime vestigia di libertà in Russia, il presidente Vladimir Putin ha sviluppato un suo personale marchio di fabbrica di “autocrazia elettorale”, un sistema con elezioni regolari, ingiuste e non libere. Nel 2014, l’ungherese Orban ha parlato della creazione di una “democrazia illiberale”, citando la Russia e la Turchia come esempi.

“Gli strumenti di repressione sono sicuramente diventati più creativi”, afferma Hudson, “ma al contempo le autocrazie sono più suscettibili all’errore. I loro sbagli, come vediamo attualmente con la guerra di Putin, necessitano molto tempo per essere corretti”.

116 sfumature di democrazia

Dal rapporto emerge anche un barlume di speranza per la democrazia. Mentre le proteste si accendono nei regimi autoritari, diversi Paesi hanno aumentato il proprio coefficiente democratico, per esempio il Gambia, lo Sri Lanka, il Cile e la Moldavia.

Altri, come la Svizzera e i Paesi scandinavi, sono stabili per tutte le 116 variabili analizzate dal rapporto, con la conseguenza che tali Paesi conoscono gli effetti a lungo temine della pace e della creazione di ricchezza e di benessere.

Swiss hand in signatures
Consegna delle firme per un referendum contro l’abolizione dell’imposta preventiva. © Keystone / Anthony Anex

“La democrazia svizzera sta bene”, commenta Giada Gianola, docente di scienze politiche all’Università di Berna. “Abbiamo visto miglioramenti in diverse aree (della democrazia) negli ultimi dieci anni, comprese l’implementazione di nuove norme di trasparenza per i partiti politici e una rappresentazione più equa di donne e uomini in Parlamento”. Gianola cita anche il Barometro della democrazia, un progetto nato nella Svizzera tedesca che misura la democrazia e analizza i piccoli cambiamenti nella democratizzazione di un Paese. Nonostante gli aspetti positivi, il barometro ha rilevato anche sviluppi negativi in Svizzera, tra cui una maggiore polarizzazione tra partiti politici ed elettorato, aggiunge l’esperta.

Cosa accadrà?

Il nuovo rapporto descrive lo stato della democrazia nell’attuale crocevia storico. “Date le tendenze odierne, le democrazie sono sotto forte pressione per fare qualcosa. Fortunatamente, degli sforzi sono in corso per consolidare le strutture democratiche”.

Questi sforzi includono – secondo Hudson – una grande varietà di aspetti: dal permettere le proteste alla robustezza delle istituzioni elettorali dimostrata da Paesi come Kenya e Brasile, in cui si sono svolte elezioni generalmente pacifiche nel 2022. Mentre l’autocrazia si sta reinventando, anche le democrazie devono dimostrarsi creative, aggiunge l’esperto, rafforzando e proteggendo le istituzioni esistenti e “democratizzando la democrazia stessa” ad ogni livello politico.

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