Sentimento di impotenza in Somalia
La più grande siccità degli ultimi 60 anni minaccia la vita di circa 12 milioni di persone di cui più di due milioni sono bambini. In Somalia, dove la situazione è particolarmente drammatica, sono presenti Unicef Svizzera e la piccola ONG Neue Wege di Zurigo.
In considerazione della carestia catastrofica nel triangolo Kenia, Somalia ed Etiopia, la comunità internazionale deve agire senza indugio. Il programma alimentare mondiale dell’ONU (PAM) ha avviato mercoledì un ponte aereo nella capitale somala Mogadiscio. Lo scopo è alimentare in primo luogo i bambini denutriti di meno di cinque anni.
In diverse regioni somale, in questi giorni muore un bambino ogni sei minuti. È quanto stima il fondo delle Nazioni unite per l’infanzia Unicef.
La sezione di Unicef Svizzera è presente già da tempo in Somalia con diversi programmi alimentari. In considerazione della crisi attuale, è stato deciso il raddoppio dei fondi per gli aiuti immediati per un totale di 500 000 franchi. Dalla Svizzera gli aiuti provengono tra gli altri anche da Croce rossa svizzera, Caritas e Catena della solidarietà.
Raggiunto un quinto
«Nei primi sei mesi dell’anno, siamo riusciti ad alimentare 100 000 bambini tramite 800 centri alimentari», ci spiega la portavoce di Unicef Svizzera Andrea Kippe. Il numero dei bambini denutriti che si trova in una situazione acuta è stimato a circa 500 000. Anche la quantità di famiglie che necessitano sostegno alimentare è circa di 500 000.
Nella zona più colpita dalla siccità, il sud della Somalia, Unicef Svizzera si prefigge di raggiungere il doppio dei bambini finora alimentati nei prossimi mesi arrivando a 75 000.
Inoltre, il fondo è presente anche nei grandi centri profughi che si trovano in Kenia e in Etiopia dove stanno arrivando migliaia di persone denutrite. Con l’aiuto sul posto, il programma oltre a distribuire beni alimentari comprende l’accesso all’acqua e ai centri di salute, si spera di ridurre il numero di persone che fuggono dal loro paese, afferma Kippe.
Alimenti speciali
I bambini particolarmente deboli che non sono più in grado di assimilare alimenti solidi vengono nutriti con una soluzione terapeutica speciale composta da sale e zucchero somministrata tramite una sonda nasale. «In seguito viene loro dato un latte speciale e quando l’apparato digestivo funziona di nuovo ricevono una pasta a base di arachidi ad alto livello nutritivo», spiega Kippe.
L’attività decennale di Unicef in Somalia non consiste però solamente in aiuti alimentari ma anche nel miglioramento della situazione di vita dei bambini. Uno dei temi principali è la formazione e la protezione infantile.
Oltre a Unicef, una delle poche organizzazioni di aiuto che sono ancora attive in Somalia è la associazione zurighese «Neue Wege in Somalia» (nuove vie in Somalia). L’ONG privata è presente sul campo a Merka ininterrottamente sin dal 1994. Dal 2002, quando la fondatrice Verena Karrer è stata assassinata, l’associazione continua il lavoro avviato dall’infermiera svizzera nella città portuaria di 80 000 abitanti.
A scuola per mangiare
«A Merka gestiamo un ambulatorio, una scuola primaria e secondaria e ci occupiamo di una parte della pulizia stradale», ci spiega il vice presidente Heinrich Frei. Neue Wege impiega circa 100 collaboratori locali.
La piccola organizzazione, finanziata soprattutto da donazioni private e contributi di chiese e fondazioni, permette a 240 bambini poveri di ricevere un pasto caldo ogni giorno a scuola.
Poiché la siccità ha decimato il bestiame e ridotto notevolmente i raccolti, i prezzi per i beni alimentari sono andanti alle stelle. Abdi Omar Mohamed, direttore supplente e insegnante di storia e geografia della Verena Secondary School di Merka, ha inviato una lettera alla ONG zurighese spiegando la situazione drammatica. Un chilo di zucchero costa un dollaro, un chilo di riso o farina mezzo dollaro. Per un chilo di olio vegetale, ci vogliono due dollari e un chilo di carne costa 3 dollari.
Con il suo stipendio di 125 dollari non solo Mohamed mantiene la sua famiglia composta di 14 persone ma paga anche la retta scolastica di sette dei suoi undici figli e il canone d’affitto. Una figlia che soffre da due anni di una malattia cutanea, non può essere curata perché a Merka mancano le infrastrutture necessarie.
Aiuti immediati
Molti abitanti della città si trovano in situazioni precarie. Ali Abdullahi, il direttore dell’ambulatorio, ha accolto tre famiglie di profughi e ora in casa sua è possibile consumare solo un pasto caldo al giorno. Il vice direttore dell’associazione Neue Wege Frei spiega che per questo è stato deciso di inviare un aiuto di 1000 dollari per permettere ad Abdullahi di acquistare alimenti supplementari per lui e altri collaboratori. Inoltre, visto il prezzo degli alimenti sempre più alto, da luglio l’ONG zurighese ha aumentato gli stipendi dei collaboratori di 20 dollari o del 20%.
Grazie al pluriennale lavoro con i collaboratori sul posto, Frei è fiducioso che gli aiuti immediati arriveranno a coloro a cui sono destinati. Ciononostante, rimane un sentimento di impotenza di fronte all’ampiezza della catastrofe e alle sue molteplici cause.
L’attuale crisi alimentare in Somalia è resa ancora più acuta dalle conseguenze di decenni di guerre civili. Per questo, negli ultimi quattro anni, i responsabili dell’ONG zurighese non si sono più potuti recare a Merka.
Ad eccezione di alcuni quartieri della capitale controllati dal governo di transizione, sono le milizie Al-Shabaab ad avere il potere nelle altre zone.
Corso incerto del movimento Al-Shabaab
In febbraio il movimento Al-Shabaab ha fatto chiudere l’ambulatorio di Merka. In seguito però ne ha nuovamente permesso l’apertura.
Anche i segnali più recenti dell’organizzazione islamica sono contradditori. Dopo aver categoricamente rifiutato gli aiuti esteri per molto tempo, da circa due settimane la milizia ha comunicato che gli aiuti erano benvenuti. Però, dopo qualche giorno, la comunicazione è stata nuovamente smentita. «Si direbbe che Al-Shabaab non parli da un canale solo», ritiene Heinrich Frei.
Per lui, l’unico modo per uscire dalla crisi è l’avvio del dialogo da parte del governo transitorio, istituito e finanziato dagli Stati Uniti e dall’Unione europea, con la milizia islamica. Le due potenze mondiali si oppongono però fortemente a questa soluzione.
La peggiore siccità degli ultimi 60 anni che colpisce Gibuti, Etiopia, Kenya e Somalia, minaccia oltre 12 milioni di persone nella regione. La Somalia è il paese più colpito, con oltre 3 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria.
L’Aiuto umanitario della Confederazione ha deciso di accordare un credito supplementare di 4,5 milioni di franchi per sostenere le popolazioni colpite dalla penuria alimentare nel Corno d’Africa. Questa somma è destinata all’aiuto ai profughi in Etiopia e in Kenya e alle persone più vulnerabili in Somalia.
Dall’inizio dell’anno, la Svizzera ha contribuito con circa 14 milioni di franchi all’aiuto al Corno d’Africa.
Numerosi progetti sono sostenuti tramite una rete di organizzazioni partner (UNHCR, CICR, PAM, Ong svizzere e internazionali).
Specialisti del Corpo svizzero di aiuto umanitario sono dal canto loro impegnati soprattutto in missioni nei settori dell’acqua, delle costruzioni e della sicurezza alimentare.
La Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) è attiva nel Corno d’Africa dagli anni 1990.
(traduzione e adattamento dal tedesco, Michela Montalbetti)
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