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«Damasco è una strana oasi di pace»

Negli ultimi giorni, migliaia di siriani hanno cercato rifugio in Turchia Keystone

In Siria la violenza aumenta di giorno in giorno. A Damasco per ora la situazione è tranquilla, afferma l’ambasciatore svizzero, che negli ultimi tempi ha constatato una maggiore apertura della popolazione nell’esprimere la propria opinione politica.

Le notizie provenienti dalla Siria sono spesso contradditorie e difficili da confermare. Negli ultimi giorni, l’esercito ha marciato su Jisr al-Shughur, una città al confine con la Turchia, ufficialmente per «ripulire la località da gruppi di terroristi armati». Molte persone – più di 10’000, stando alle ultime cifre ufficiali – hanno lasciato la regione e si sono rifugiate in Turchia.

Dall’inizio dei moti popolari, nel marzo di quest’anno, circa 1’200 persone hanno perso la vita, stando a quanto dichiarato dal capo delle operazioni umanitarie delle Nazioni Unite Valerie Amos.

swissinfo.ch: Nell’ambasciata svizzera che cosa si percepisce dei moti che imperversano nelle strade di Damasco?

Martin Aeschbacher: Qui a Damasco non percepisco nulla. Il centro della città è assolutamente calmo. In periferia vi sono piccole dimostrazioni e nelle località attorno alla capitale delle manifestazioni un po’ più grandi. Il centro di Damasco è una strana oasi di pace. Ciò vale anche per Aleppo, dove sono appena stato. Colgo la tensione in modo indiretto, durante gli incontri con i miei conoscenti siriani, che sono estremamente preoccupati.

swissinfo.ch: Come si tiene informato su quanto sta avvenendo nel paese? 

M.A.: Procurarsi informazioni è estremamente difficile e spesso sono informazioni contradditorie. È una situazione che ho raramente vissuto prima d’ora. Seguo i programmi della televisione di Stato siriana e quelle delle emittenti in lingua araba Al-Jazeera, Al-Arabia e BBC Arabic. A ciò si aggiungono i giornali ufficiali, un quotidiano semiufficiale privato, quelli panarabi come Al-Hayat e Internet.

Esistono dei buoni siti web specializzati sulla Siria. Sono poi particolarmente importanti i colloqui personali. Bisogna tuttavia fare attenzione alle voci messe in giro, che possono essere anche delle armi politiche. Certe voci sono diffuse a fini ben precisi. Altre nascono dalla paura della gente e forniscono informazioni sullo stato d’animo della popolazione.

swissinfo.ch: Negli ultimi mesi, questi colloqui hanno cambiato tono?

M.A.: La gente è più aperta e parla più facilmente di politica. È qualcosa di nuovo e sorprendente. Quando incontro qualcuno, la conversazione si sposta subito su questioni politiche. Le persone sono preoccupate, poiché c’è una grande incertezza. Inoltre ho notato che le opinioni sono più polarizzate.

swissinfo.ch: Questa apertura verso il dialogo significa che la paura della repressione nei confronti di chi ha opinioni critiche è scomparsa?

M.A.: Sì, fino a un certo punto. Prima i siriani erano estremamente prudenti nell’esprimere la loro opinione. Ciò è cambiato. Sono diventati più aperti. Naturalmente dipende però da chi ci si trova di fronte e dalle circostanze.

swissinfo.ch: In che misura è cambiato il vostro lavoro quotidiano all’ambasciata?

M.A.: La vita sociale si è profondamente modificata. Gli inviti a grosse feste ufficiali, come ad esempio in occasione delle feste nazionali, sono stati sospesi. Incontriamo sì delle persone, ma nel quadro di cerchie più piccole. Oltretutto non vi è praticamente più una delegazione svizzera. Il lavoro economico e culturale si è ridotto. Ho bisogno di più tempo per l’analisi politica e il trattamento delle informazioni.

Una parte importante del mio lavoro è dedicata all’assistenza della colonia svizzera. Ad esempio, sono appena stato ad Aleppo per incontrare e vedere come stanno i cittadini elvetici che vivono lì.

swissinfo.ch: Molti svizzeri hanno lasciato la Siria?

M.A.: Il Dipartimento federale degli affari esteri ha consigliato ai cittadini elvetici di lasciare il paese se la loro presenza non è strettamente necessaria. La maggior parte dei 210 svizzeri che vivono in Siria hanno però la doppia nazionalità e vivono qui in maniera permanente. La loro situazione non può essere paragonata con quella degli espatriati che arrivano nel paese per un paio d’anni per ragioni di lavoro.

Anche il personale dell’ambasciata o quello impiegato dal Comitato internazionale della Croce Rossa è rimasto qui. I due terzi degli svizzeri vivono ad Aleppo e a Damasco, dove per ora la situazione è normale. Finora hanno lasciato il paese solo pochi compatrioti.

swissinfo.ch: E qual è la situazione per quanto concerne le aziende svizzere attive in Siria?

M.A.: La maggior parte delle filiali delle ditte elvetiche sono dirette da siriani. In generale, gli affari sono regrediti. La situazione è però diversa da un settore all’altro. Il turismo, ad esempio, è completamente crollato.

Nestlé è un caso a parte. In Siria questa azienda produce beni di uso quotidiano, che continuano ad essere necessari. L’agricoltura funziona anche abbastanza bene, poiché ha finalmente piovuto. Un altro settore dove si continua a lavorare bene è quello dell’edilizia: in questo momento si costruisce molto, nella maggior parte dei casi in modo illegale.

swissinfo.ch: Due anni fa, l’ambasciata svizzera a Damasco aveva organizzato un concerto con il rapper elvetico Greis, concerto che aveva suscitato l’entusiasmo di molti giovani siriani. Oggi un simile concerto sarebbe ancora possibile?

M.A.: A Damasco in linea di massima sì, poiché la sicurezza è garantita. Tuttavia il clima non è favorevole a grosse manifestazioni. In queste situazioni ci si pone sempre la domanda se sia il caso o meno di organizzare eventi culturali. In diverse regioni del paese, molta gente  è confrontata a condizioni di vita drammatiche. Il sangue scorre.

Personalmente sono dell’opinione che anche in questi casi bisogna cercare di organizzare o di frequentare eventi culturali. Naturalmente in modo limitato. Nella maggior parte delle manifestazioni culturali alle quali ho assistito si è osservato un minuto di silenzio in memoria delle vittime, di qualunque campo esse fossero.

swissinfo.ch: Rispetto a prima, si sente più sorvegliato?

M.A.: Non mi sono accorto di nulla. A Damasco mi muovo sempre liberamente. Ciò che è cambiato è la sicurezza attorno alla capitale. Evito di circolare in automobile fuori dalla città se non è strettamente necessario. Si può facilmente capitare in una manifestazione. Oppure a un blocco stradale iniziano a sparare. Non si sa mai a cosa si va incontro, soprattutto il venerdì e il sabato. Non voglio drammatizzare, ma la situazione è poco sicura.

Il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) ha lanciato venerdì a Ginevra un pressante appello per un accesso immediato in Siria a tutte le persone colpite dalle violenze, comprese le persone arrestate o detenute.

Il presidente del CICR Jakob Kellenberger si è detto pronto a recarsi personalmente a Damasco per incontrare i dirigenti siriani affinché sia finalmente possibile visitare le vittime del conflitto.

«Nonostante le ripetute richieste alle autorità siriane, non ci è stato concesso un vero accesso. Siamo determinati ad aiutare le persone colpite dalla violenza. E siamo determinati a visitare le

persone detenute», ha detto Kellenberger.

Nell’ultimo mese, il CICR ha effettuato insieme alla Mezzaluna Rossa siriana brevi

visite a Daraa, Tartous e Homs. Ciò non ha però permesso loro di acquisire un quadro completo della situazione.

Stando alla capo delle operazione umanitarie dell’Onu, Valerie Amos, sono più di 10mila i siriani fuggiti dal loro paese a causa della repressione del regime del presidente Bashar al-Assad. Le vittime del conflitto hanno trovato rifugio in Libano e in Turchia.

«Sono profondamente inquieta per la violenza degli ultimi mesi in Siria, in seguito alla quale sono morte 1.200 persone», ha detto Valerie Amos.

(fonte: Agenzia telegrafica svizzera ATS)

I rapporti politici tra la Svizzera e la Siria non sono molto intensi. Anche le relazioni commerciali sono modeste, anche se si sono intensificate negli ultimi anni.

La Svizzera esporta soprattutto macchine, prodotti farmaceutici e chimici.


Dal 2005, la direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) ha un ufficio regionale a Damasco. La Siria è coinvolta nel progetto regionale ” Mashreq” della DSC. Il programma intende favorire la creazione di posti di lavoro e migliorare la protezione dell’ambiente.

L’aiuto umanitario della Svizzera è rivolto soprattutto ai rifugiati palestinesi che vivono nei campi profughi in Siria.

Nel 2009, in Siria vivevano 196 svizzeri, di cui 148 con la doppia nazionalità. Nello stesso anno, erano invece 1023 i cittadini siriani a risiedere in Svizzera.

Una superficie

di 185’180 km2 (Svizzera: 41 290 km2) per 21 milioni di abitanti.

Una popolazione composta di arabi (89%), curdi (6%), armeni (2%), cerchessi e assiri (3%).

Una diversità religiosa
suddivisa in sunniti (72%), alawiti (12%), cattolici e protestanti (6%), cristiani ortodossi (4%), druzi (3%), sciiti (3 %).

(Fonte: Courrier International e Le Temps)

(traduzione di Daniele Mariani)

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