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Il compromesso che avvicina Svizzera ed UE

Il cielo sui rapporti tra Svizzera ed UE sembra schiarirsi Keystone

Gli ambasciatori dei 25 paesi membri dell’Unione europea esaminano giovedì il progetto di compromesso sul secondo pacchetto di negoziati bilaterali.

E non è un caso che, proprio alla vigilia dell’incontro, la Svizzera abbia promesso di versare un miliardo di franchi al Fondo di coesione europeo.

Il governo svizzero ha comunicato mercoledì di essere disposto a versare 200 milioni all’anno per 5 anni in favore dello sviluppo sociale ed economico dell’Unione allargata.

La Commissione europea saluta la proposta. Sul principio, commenta il suo portavoce Diego de Ojeda, “si tratta di una buona notizia”.

Il gesto di Berna è dunque stato apprezzato, anche se si è rivelato meno generoso di quello di Oslo.

Bruxelles aveva infatti sempre chiesto alla Svizzera una somma simile a quella versata dalla Norvegia: 350 milioni di franchi l’anno per la realizzazione del nuovo, grande mercato unico.

Ma giovedì, i Venticinque discuteranno soprattutto di bilaterali bis alla ricerca di un accordo all’unanimità. Che sbloccherebbe finalmente la situazione.

Se l’accordo ci sarà, un vertice d’alto livello tra Svizzera ed UE potrebbe essere convocato mercoledì prossimo a Bruxelles, quando, in effetti, è già previsto un incontro tra Romano Prodi, presidente della Commissione, e Joseph Deiss, presidente della Confederazione.

Dieci temi iniziali

Il secondo ciclo di negoziati bilaterali era iniziato il 17 giugno 2002, pochi giorni dopo l’entrata in vigore del primo pacchetto d’accordi.

Le questioni sul tavolo erano dieci. Considerate le difficoltà che presentavano, i negoziati sulla liberalizzazione dei servizi erano stati tuttavia presto interrotti.

I lavori sono avanzati rapidamente in 6 ambiti che non hanno dato adito a controverse particolari. Tra questi, la partecipazione svizzera ai programmi europei d’educazione o all’Agenzia europea dell’ambiente.

Le discussioni si sono così focalizzate su tre questioni: la fiscalità del risparmio, la lotta contro le frodi doganali e l’integrazione della Svizzera negli accordi di Schengen (cooperazione giudiziaria e tra le polizie) e di Dublino (asilo).

Tre questioni che, dettaglio poco trascurabile, rischiavano di intaccare il famoso segreto bancario svizzero.

Accordo sulla fiscalità

Berna si è aggiudicata il primo set. Dopo mesi di difficili negoziati, un accordo era stato raggiunto il 6 marzo del 2003.

L’UE autorizzava così la Svizzera ad introdurre un’imposta alla fonte sui redditi da capitali depositati in Svizzera da residenti comunitari. Una soluzione che preservava il segreto bancario.

Il 3 giugno 2003, l’Unione ha adottato una direttiva sulla fiscalità del risparmio che instaura lo scambio d’informazioni tra le amministrazioni fiscali degli Stati membri per lottare contro la frode. Tre paesi (Lussemburgo, Belgio ed Austria) avevano ottenuto una deroga.

La Svizzera non ha però ancora firmato l’accordo. In nome del “parallelismo” dei negoziati, Berna vuole concludere tutti i dossier simultaneamente.

Da parte sua, l’UE intende chiudere le trattative con i paesi terzi entro la fine di giugno 2004 per permettere l’entrata in vigore delle direttive ad inizio 2005.

Blocco su Schengen e Dublino

L’accordo sulla fiscalità avrebbe dovuto rilanciare le discussioni sui due altri grandi dossier: Schengen e la frode. Almeno lo si sperava. In realtà, i negoziati non sono invece avanzati.

Le divergenze riguardavano l’art. 51 del trattato dell’Unione sull’assistenza giudiziaria. L’UE vorrebbe allargarne il campo d’applicazione all’evasione fiscale.

La Svizzera, al contrario, difende il principio della doppia incriminazione (un delitto deve essere tale nei due paesi). Ciò che esclude l’evasione fiscale, non punibile penalmente in Svizzera.

Dopo una pausa di diversi mesi, le trattative sono ripartite improvvisamente lo scorso aprile. L’UE ha infine accettato la condizione svizzera sul parallelismo dei dossier. Secondo alcune voci, Romano Prodi avrebbe dato ordine ai suoi negoziatori d’accelerare i dibattiti.

Un gesto dalla Svizzera

Si è così giunti ad un progetto di compromesso. La Svizzera accetta di collaborare pienamente nell’ambito della fiscalità indiretta (diritti doganali, IVA, imposte sul consumo di alcool e tabacco,…).

In cambio ottiene una deroga permanente riguardante la fiscalità diretta (imposte sui redditi, le società ed i plusvalori).

Il compromesso, negoziato tra Berna e la Commissione europea, necessita ora dell’avallo dell’intera UE, composta ormai da 25 membri.

Nel frattempo, due nuovi dossier si sono aggiunti al pacchetto dei bilaterali bis: l’estensione ai 10 nuovi membri dell’UE dell’accordo sulla libera circolazione delle persone ed il contributo della Svizzera al Fondo di coesione dell’UE.

Anche questi due progetti figurano quindi nella bozza di compromesso che attende di essere approvato.

swissinfo, Barbara Speziali, Bruxelles
(traduzione: swissinfo, Marzio Pescia)

Il primo pacchetto di bilaterali è entrato in vigore il 1. giugno 2002;
I negoziati sui bilaterali bis sono iniziati solo due settimane dopo, il 17 giugno 2002.

Il nuovo pacchetto d’accordi bilaterali tra la Svizzera e l’Unione europea comprendeva inizialmente 10 temi:

Liberalizzazione dei servizi, doppia imposizione delle pensioni, commercio di prodotti agricoli trasformati, ambiente, statistica, educazione e formazione professionale, media, fiscalità del risparmio, lotta alla frode doganale, cooperazione in materia di giustizia, polizia, asilo e migrazione (accordi di Schengen e Dublino).

A causa della loro complessità, i negoziati sulla liberalizzazione dei servizi sono stati interrotti.

Il progetto di compromesso sul quale sono chiamati ad esprimersi i Venticinque comprende pure i dossier dell’allargamento ai nuovi membri dell’UE dell’accordo sulla libera circolazione delle persone e del contributo svizzero al Fondo di coesione dell’Unione.

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