Il presidente sudafricano in visita a Berna
Lo sviluppo dell'Africa e il rafforzamento delle relazioni economiche al centro delle discussioni tra Thabo Mbeki e i membri del governo svizzero.
Quanto allo spinoso dossier dei rapporti tra i due paesi durante il regime dell’apartheid, Mbeki ha detto di non sostenere le denunce collettive depositate negli USA.
Sostegno politico
Dalla Svizzera, come dal resto dell’Europa, Thabo Mbeki spera di ottenere innanzitutto ampi sostegni politici, e finanziari, per concretizzare il Nepad, il Nuovo partenariato per lo sviluppo dell’Africa, lanciato nel 2001 da alcuni dirigenti africani.
Lo stesso successore di Nelson Mandela è considerato il principale promotore di questo ambizioso programma, che mira a sradicare la povertà e a rafforzare la crescita economica del Continente nero.
Per raggiungere questi obbiettivi, gli Stati africani vogliono impegnarsi a creare nuove basi di pace, stabilità e rispetto dei diritti umani. Ai paesi industrializzati chiedono, invece, di essere integrati nel processo di globalizzazione economica, da cui sono rimasti finora quasi completamente esclusi.
WEF a Durban
Nel corso del recente vertice di Evian, i leader del G8 hanno ribadito il loro sostegno di principio al Nepad. Thabo Mbeki intende però ottenere rapidamente aiuti concreti per realizzare un piano di sviluppo, di cui dovrebbero trarre grande beneficio non solo i paesi africani più poveri, ma anche il Sudafrica.
Un miglioramento del tenore di vita e degli scambi commerciali in Africa interessa chiaramente da vicino le autorità di Pretoria che, dalla fine dell’apartheid, hanno trasformato gradualmente i loro impegni militari in cooperazioni economiche.
I progetti di applicazione del Nepad figurano d’altronde al centro del vertice economico africano, in programma da mercoledì a Durban. L’importante riunione, alla quale partecipano oltre 600 esponenti mondiali, è organizzata dal Forum economico mondiale (WEF) di Ginevra.
Stretti rapporti economici
In attesa del Nepad – una speranza che, purtroppo, non si realizzerà probabilmente a corto termine – il Sudafrica rimane l’unico partner economico di rilievo per l’Europa, come pure per la Svizzera.
Un centinaio di imprese elvetiche sono attive in Sudafrica e danno lavoro a 22’000 persone. Diverse multinazionali svizzere utilizzano inoltre il paese più a sud dell’Africa come base per svolgere le loro attività in altre regioni del Continente nero.
Il volume degli scambi commerciali tra i due paesi ha raggiunto un miliardo di franchi nel 2002. Dalla fine del regime dell’apartheid, gli investimenti svizzeri in Sudafrica hanno superato 770 milioni di franchi, mentre circa 150 milioni sono stati versati dalla Confederazione sotto forma di aiuto allo sviluppo e alla transizione democratica.
Una macchia del passato
I rapporti di amicizia e di cooperazione economica tra i due paesi hanno già una lunga tradizione. Ciò che rappresenta normalmente un fattore di vanto, costituisce in questo caso una macchia che offusca le relazioni tra i due paesi.
La Svizzera era infatti molto attiva in Sudafrica già ai tempi del regime di segregazione razziale, quando la comunità internazionale aveva decretato un embargo nei confronti di Pretoria.
Dall’anno scorso, la Svizzera deve però nuovamente affrontare una raffica di denunce collettive sporte negli Stati uniti a nome delle vittime dell’apartheid.
Mbeki non ha evitato la questione, ma ha detto di non sostenere le denunce: “Non spetta ai tribunali americani risolvere i nostri problemi, tanto meno la questione dei risarcimenti.”
L’ombra di Ed Fagan
Tra i promotori dell’azione giudiziaria figura nuovamente Ed Fagan, l’avvocato americano più conosciuto in Svizzera, da quando ha rappresentato alcune vittime dell’Olocausto nella penosa vicenda sui fondi ebraici, rimasti in giacenza nelle banche elvetiche dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Fagan spera di ripetere il successo ottenuto contro le banche svizzere, costrette nel 1998 a sborsare un indennizzo globale di 1,25 miliardi di dollari, sotto la pressione della comunità ebraica americana, spalleggiata dalle autorità di Washington.
Una decina di società svizzere – tra cui nuovamente anche le due grandi banche UBS e CS – sono accusate di aver aiutato e prolungato il regime dell’apartheid, come pure di aver discriminato collaboratori di colore.
Seppure lanciata anche da Michael Hausfeld, considerato uno dei 100 avvocati americani più influenti, questa nuova denuncia collettiva ha meno speranze di successo rispetto a quella sui fondi in giacenza che ha “turbato” seriamente per alcuni anni la coscienza politica, economica e storica svizzera.
Altre priorità per Pretoria
Perfino in Sudafrica la questione solleva un certo imbarazzo: gli “aiuti” giunti dall’estero avrebbero permesso anche di migliorare le condizioni di vita della popolazione, contribuendo a rafforzare il grado d’istruzione della nuova élite nera.
Il presidente sudafricano ha ricordato d’altronde che alcune società coinvolte nelle denunce collaborano oggi con il governo sudafricano, aggiungendo che “la collaborazione è importante, anche nella prospettiva dello sviluppo economico del paese.”
Allo stesso modo, le autorità di Pretoria non sembrano interessate a riaprire il dossier ed alimentare le polemiche sui delicati contatti militari tra i due paesi, che hanno condotto, tra l’altro, al pensionamento anticipato del responsabile dei servizi segreti svizzeri, Peter Regli.
Mbeki ha del resto ricordato il rapporto sul regime dell’apartheid pubblicato dalla Commissione Verità e Riconciliazione, sul quale il parlamento sudafricano deve ancora discutere, e che rappresenta la via scelta dal paese per affrontare il suo passato.
swissinfo, Armando Mombelli
1 miliardo di franchi all’anno gli scambi commerciali Svizzera-Sudafrica.
150 milioni di franchi versati da Berna per sostenere la transizione democratica in Sudafrica.
Un centinaio di aziende svizzere danno lavoro a 22’000 persone in Sudafrica.
Thabo Mbeki è stato ricevuto a Berna dal presidente della Confederazione Pascal Couchepin, dal ministro dell’economia Joseph Deiss e dalla ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey.
Al centro delle discussioni figuravano i rapporti economici bilaterali, la realizzazione del Nepad, la situazione in Medio oriente e nell’Africa centrale, i preparativi per il Vertice mondiale dell’informazione che si terrà in autunno a Ginevra.
Mbeki ha detto che il suo governo non intende sostenere le denunce collettive inoltrate negli Stati uniti, a nome delle vittime dell’apartheid, contro una decina di società svizzere accusate di aver prolungato il regime di segregazione razziale in Sudafrica.
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