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Successo fragile per i diritti umani

Blaise Godet, l'ambasciatore svizzero all'ONU a Ginevra Keystone

La prima seduta del Consiglio dei diritti umani dell'ONU a Ginevra si è conclusa venerdì. Un successo, secondo la Svizzera, anche se rimane molto da fare.

Il peggioramento della situazione in Medio Oriente ha tuttavia turbato nell’ultimo giorno di sessione un’atmosfera fino ad allora consensuale.

«L’azione è stata buona, ma bisogna ancora mettere la palla in rete». Blaise Godet, ambasciatore svizzero presso le Nazioni Unite non esita a ricorrere ad una metafora sportiva per descrivere la prima sessione del Consiglio dei diritti umani a Ginevra.

Il diplomatico elvetico non vuole però ancora trarre un bilancio. Vicepresidente del Consiglio dei diritti umani, Godet ricorda che il nuovo organismo – creato il 15 marzo dall’assemblea generale delle Nazioni Unite – ha un anno di tempo per definire le sue modalità di funzionamento e diventare perciò completamente operativo.

Ultimo giorno confuso

L’andamento generalmente positivo della riunione è stata comunque turbata dal rapido deterioramento della situazione in Medio Oriente. Nell’ultimo giorno di sessione gli Stati arabi hanno chiesto una seduta straordinaria sulla situazione dei palestinesi.

Per questo hanno impedito per ore una dichiarazione generale del presidente su cinque temi di attualità, tra cui il problema palestinese, il conflitto del Darfur in Sudan, l’immigrazione, l’intolleranza religiosa e i difensori dei diritti umani. Alla fine la dichiarazione non c’è stata.

Terminata nella confusione, l’ultima giornata dimostra che il Consiglio non è esente dai rischi di politicizazione e di selettività dei dibattiti che avevano rovinato la credibilità della vecchia Commissione dei diritti umani.

Per lo meno il nuovo organismo ha dimostrato di essere in grado di mobilitarsi in una situazione d’emergenza, senza restare bloccato per dei problemi di procedura.

Voglia di consenso

Godet rileva tuttavia che, almeno fino a venerdì, l’atmosfera delle discussioni è stata segnata da «un desiderio di consenso che mette fine al dialogo fra sordi e ai lunghi monologhi» della vecchia Commissione dei diritti dell’uomo, chiusa in marzo dopo 60 anni di esistenza.

Dal canto suo Jean-Daniel Vigny, vice-capo della delegazione svizzera al Consiglio, afferma che la novità sta in un dialogo «interattivo, spontaneo, diretto e reattivo che è stato possibile instaurare su molti dossier. Non c’è mai stato questo tipo di scambio nella vecchia Commissione».

I membri del Consiglio hanno già preso un certo numero di decisioni. Blaise Godet ricorda l’adozione della Convenzione sulle scomparse forzate e la Dichiarazione sui diritti dei popoli autoctoni, due testi sostenuti dalla Svizzera e trasmessi all’Assemblea generale dell’ONU per l’approvazione definitiva.

Il Consiglio ha adottato venerdì anche una risoluzione che esorta i paesi membri dell’ONU a prendere tutte le misure necessarie a mettere fine alla presa d’ostaggi e a punire i loro autori e che condanna in particolare la presa d’ostaggi in Iraq.

Mandato prolungato

Godet menziona anche l’estensione di un anno dei mandati di tutti i relatori speciali, compreso quello dello svizzero Jean Ziegler, controverso relatore sul diritto all’alimentazione.

Per l’ambasciatore, questa decisione permetterà di evitare un «vuoto di protezione» per le vittime durante il periodo in cui il Consiglio sarà occupato a definire il proprio funzionamento.

Durante questo periodo l’organismo valuterà la quarantina di mandati che rientrano nelle sue competenze. Questi saranno forse rafforzati, come spera la Svizzera, o indeboliti, come temono molte organizzazioni non governative (ONG).

Meccanismo di controllo

La Svizzera è anche molto attenta ad uno degli strumenti più innovativi del Consiglio: l’esame periodico ed universale della situazione dei diritti umani nei paesi membri dell’Onu.

A questo scopo il governo elvetico organizza un seminario il 28 agosto a Losanna, aperto a tutti i membri dell’ONU e alla società civile.

La riunione – la quarta del genere organizzata dalla Svizzera – mira a preparare il terreno per i negoziati formali all’interno del Consiglio. Un’iniziativa che i membri dell’organismo apprezzano molto, secondo Blaise Godet.

«Uno dei compiti più importanti è di mettere in piedi un meccanismo d’esame periodico di tutti gli Stati della comunità internazionale», aggiunge Jean-Daniel Vigny. «Serve un meccanismo efficace ed universale. È necessario dunque che tutti gli Stati siano trattati nello stesso modo e che siano tutti esaminati nell’arco di tre anni».

Per concludere, Blaise Godet rileva un altro segnale positivo: il ruolo delle ONG non è stato messo in discussione. «La delegazione svizzera si impegnerà perché il loro statuto sia mantenuto e, se possibile, rafforzato».

swissinfo, Frédéric Burnand, Ginevra
(traduzione e adattamento: Andrea Tognina)

La prima sessione del Consiglio dei diritti umani si è tenuta dal 19 al 30 giugno a Ginevra.
Le prossime sessioni avranno luogo dal 18 settembre al 6 ottobre e dal 27 novembre all’8 dicembre.
Tra il 12 marzo e il 6 aprile 2007 si terrà una sessione di quattro settimane.

Lo scorso 9 maggio la Svizzera è stata eletta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite fra i 47 paesi membri del Consiglio dei diritti umani.

Il mandato può essere rinnovato una sola volta. La Svizzera dovrà in seguito lasciare il posto ad un altro Stato del gruppo occidentale, prima di potersi di nuovo candidare.

Il Consiglio dipende direttamente dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

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