Svizzera al voto sulle armi
L'elettorato elvetico si pronuncia domenica su un'iniziativa popolare che vuole restringere l'accesso alle armi da fuoco. Dopo una campagna politica appassionata, oppositori e sostenitori attendono con trepidazione l'esito del voto, sul quale aleggia l'incertezza.
La quantità di armi da fuoco in circolazione in Svizzera è impressionante. Pur non essendoci statistiche assolutamente affidabili, di certo si sa che nelle abitazioni elvetiche ce ne sono oltre due milioni. Questa cifra corrisponde infatti a quelle ufficialmente notificate nei registri cantonali delle armi. Tra di esse vi sono molti fucili d’assalto e pistole d’ordinanza dell’esercito.
Fino alla fine del 2009, infatti, i militi svizzeri dovevano custodire l’arma d’ordinanza al proprio domicilio quando erano fuori servizio, durante tutti gli anni degli obblighi militari. Dal 2010 hanno la possibilità di depositarla in arsenale. Inoltre, in linea di principio, al termine degli obblighi militari, gli ex soldati possono tenere l’arma.
Questa tradizione era già stata contestata in passato da ambienti pacifisti. Alcune tragedie consumatesi negli ultimi dieci anni hanno portato acqua al loro mulino. In particolare, hanno scosso l’opinione pubblica svizzera la strage di un folle nel parlamento cantonale di Zugo (15 morti), l’uccisione di una ragazza da parte di un soldato ad una fermata dell’autobus e l’assassinio di un ex campionessa di sci e di suo fratello da parte del marito, che si è poi suicidato.
Proprio i suicidi sono al centro delle preoccupazioni di coloro che vogliono bandire le armi dalle case. Paese con un basso tasso di criminalità, la Svizzera presenta invece un’alta proporzione di persone che si tolgono la vita. Nel 2008 sono stati registrati 1’313 suicidi, di cui 239 compiuti con un’arma da fuoco.
Stando a stime di medici e di criminologi, se vi fossero meno armi a portata di mano della popolazione, in Svizzera si potrebbero evitare un centinaio di suicidi all’anno. Queste ipotesi non fanno però l’unanimità.
Tre misure
Convinti, invece, che restringendo l’accesso alle armi si possano prevenire simili drammi, una settantina di partiti e organizzazioni hanno lanciato un’iniziativa popolare denominata “Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi”.
Secondo i promotori, tale obiettivo può essere raggiunto attraverso tre misure. In primo luogo rafforzando il controllo mediante l’istituzione di un registro nazionale delle armi da fuoco. Attualmente, le armi sono registrate a livello cantonale.
Poi, l’iniziativa chiede che al di fuori dei periodi di servizio militare, i soldati non tengano più l’arma d’ordinanza in casa, ma la depositino in arsenale. Inoltre, una volta terminati gli obblighi militari, agli ex soldati non sarebbe più ceduta l’arma, a meno che non siano tiratori sportivi con la relativa licenza.
Infine, il testo domanda d’introdurre una clausola del bisogno: chiunque voglia avere un’arma deve dimostrare di averne la necessità e di possedere le capacità necessarie. L’iniziativa resta vaga sulle modalità. I dettagli sarebbero definiti nella relativa legge che dovrebbe essere elaborata in caso di approvazione dell’iniziativa nella votazione popolare.
Un dibattito emotivo
A livello partitico, l’iniziativa ha il sostegno della sinistra rosso-verde, degli evangelici e dei cristiano sociali. I fautori dell’iniziativa mettono in primo piano dei loro argomenti la tesi della sicurezza dei cittadini.
Il testo è invece combattuto dal governo e dalla maggioranza del parlamento, composta dei partiti di destra e centro-destra. Gli oppositori interpretano questa proposta come un attacco all’esercito, una mozione di sfiducia nei confronti dei cittadini, un disarmo dei cittadini onesti rispetto ai criminali e l’abbandono delle tradizioni e dei valori svizzeri.
Questo confronto di argomenti che oppone la sicurezza e la salvezza di vite umane alla responsabilità dei cittadini e ai valori nazionali, ha portato ad una campagna elettorale particolarmente emotiva.
Esito incerto
All’inizio della campagna, i sostenitori dell’iniziativa erano nettamente in testa alle preferenze degli elettori. Ma nel corso delle settimane, la forza delle due parti si è progressivamente equilibrata. Secondo i risultati del più recente sondaggio condotto dall’istituto gfs.bern per conto della Società svizzera di radiotelevisione SSR, se la votazione avesse avuto luogo il 25 gennaio, il 47% degli intervistati avrebbe accettato il testo, il 45% lo avrebbe rifiutato, mentre l’8% si è detto ancora indeciso.
Con uno scarto così esiguo è molto difficile prevedere con certezza il verdetto che uscirà dalle urne domenica. Il vantaggio dei sì, seppur di misura, a così breve scadenza dallo scrutinio è un fatto relativamente raro per un’iniziativa. Ciò dimostra che il testo gode di un ampio sostegno popolare. Ma d’altro canto, l’esperienza dimostra che, solitamente, gli elettori indecisi alla fine tendono a seguire il parere del governo e del parlamento e ad aderire al campo degli oppositori di un’iniziativa.
L’evoluzione tra il primo e il secondo sondaggio, sembra preannunciare che questo percorso classico si ripeta anche per l’iniziativa “Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi”. Dato però che l’opinione pubblica appare ancora molto divisa, gli specialisti di studi demoscopici non escludono in assoluto la possibilità di altri scenari. Per esempio, un’elevata mobilitazione femminile potrebbe anche far pendere la bilancia dalla parte dei sì.
Un altro fattore che potrebbe determinare il destino dell’iniziativa è la divisione fra centri urbani – favorevoli – e zone rurali – contrarie –. Il testo potrebbe anche essere approvato dalla maggioranza dei votanti, ma respinto dalla maggioranza dei cantoni. Ciò equivarrebbe una bocciatura, poiché qualsiasi modifica della Costituzione federale deve ottenere la doppia maggioranza del popolo e dei cantoni.
Altri sviluppi
Iniziativa popolare
L’iniziativa in sintesi chiede:
che chi vuole acquistare, detenere o usare armi da fuoco e munizioni debba fornire la prova di averne la necessità e le capacità;
che sia proibito detenere a scopi privati armi per il tiro a raffica e fucili a pompa;
che sia obbligatorio custodire le armi d’ordinanza militari in locali sicuri dell’esercito;
che le armi d’ordinanza dell’esercito non siano cedute ai militari prosciolti;
che la Confederazione tenga un registro delle armi da fuoco.
A favore dell’iniziativa si schierano il partito socialista, i Verdi, i Verdi liberali, il partito cristiano sociale, il partito evangelico, il partito del lavoro, i sindacati, il Gruppo per una Svizzera senza esercito, numerose organizzazioni pacifiste, cristiane, di prevenzione del suicidio e femminili, nonché la Federazione dei medici svizzeri, la Società svizzera di psichiatria e psicoterapia e i Giuristi democratici svizzeri.
Contro l’iniziativa si schierano: l’Unione democratica di centro, i partiti liberale radicale, popolare democratico, borghese democratico, la Lega dei Ticinesi, le organizzazioni di tiro sportivo, di cacciatori e di armaioli, la Società svizzera degli ufficiali.
(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)
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