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“Una migliore rappresentatività darebbe più credibilità al Consiglio degli svizzeri all’estero”

Come far valere meglio il punto di vista delle oltre 813'000 persone che formano la comunità di svizzere e svizzeri che abitano al di fuori della Confederazione? È la domanda a cui rappresentanti della Consiglio degli svizzeri all'estero hanno provato a rispondere durante il nostro dibattito filmato Let's Talk.

L’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE) ha recentemente celebrato il suo 100esimo Congresso annuale, in un momento in cui la rappresentatività in seno al suo Consiglio è nuovamente rimessa in questione. La riforma del sistema elettorale auspicata da una parte dei suoi membri è osteggiata da un’altra.

Secondo Antoine Belaieff, cittadino elvetico residente in Canada e membro del Consiglio degli svizzeri all’estero (CSE), è chiaro che “una migliore rappresentatività darebbe più credibilità al Consiglio degli svizzeri all’estero a Berna”. Il confederato fa parte del gruppo di delegati e delegate che vorrebbe riformare il sistema elettorale.

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Attualmente, solo le persone che fanno parte di un club svizzero riconosciuto dall’OSE possono eleggere e candidarsi per un posto nel Consiglio. Quest’ultimo è designato per quattro anni e rappresenta gli interessi delle persone di nazionalità svizzera residenti in tutto il mondo. “È paragonabile al Parlamento federale che viene eletto ogni quattro anni”, spiega Ariane Rustichelli, direttrice dell’OSE.

Il desiderio di riforma è motivato dal fatto che solo una minoranza degli svizzeri e delle svizzere residenti oltre i confini della Confederazione fa parte di club e associazioni elvetiche. Affinché ci sia una migliore rappresentatività, un gruppo di lavoro vorrebbe che ogni persona con più di 18 anni iscritta al registro degli svizzeri all’estero sia informata delle elezioni e abbia la possibilità di votare per la sua candidata o candidato preferito al CSE.

Di principio, l’OSE è favorevole a una migliore rappresentatività in seno al Consiglio. Ma “il sistema di voto tradizionale si iscrive a sua volta in una precisa storia”, indica Rustichelli ricordando che, per decenni, la socializzazione si è svolta tramite i club. Bisognava recarsi sul posto per partecipare alle elezioni. Oggi, la digitalizzazione permette di immaginare nuove forme di voto.

Secondo Sean Müller, politologo specializzato in democrazia all’Università di Losanna, ci sono due modi per giudicare se una riforma sia pertinente: da una parte, internamente, se esiste una volontà in seno all’organizzazione stessa; dall’altra, se attori e attrici esterni con cui l’organizzazione tratta ritengono che quest’ultima rispecchi la diaspora in modo sufficiente.

Anche se la direzione dell’OSE e una parte delle sue e dei suoi delegati sono favorevoli a una riforma, una frangia più conservatrice teme di perdere dei privilegi. Marie Silletta, membro del club svizzero di Mulhouse e delegata al Consiglio degli svizzeri all’estero, ritiene che la paura di una perdita di potere dei club sia infondata: “Possono essere attivi in molti altri ambiti, ad esempio nella trasmissione dei valori alle generazioni più giovani”. Secondo lei sarebbe importante, tuttavia, che delegate e delegati del Consiglio continuino a essere membri dei club, “per sapere quel che vi succede”.

Per informare e motivare il più possibile la diaspora a impegnarsi, Belaieff spera di potersi appoggiare sulla Revue Suisse, su SWI swissinfo.ch, sui gruppi Facebook e anche sul passaparola. Il gruppo di lavoro sta discutendo inoltre con il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE), il solo a disporre degli indirizzi di posta elettronica dell’insieme delle svizzere e degli svizzeri registrati in una rappresentanza consolare. “Stiamo lavorando con il DFAE per stabilire una strategia di comunicazione”, dichiara il delegato.

Traduzione testo: Zeno Zoccatelli

Traduzione sottotitoli:  SWISS TXT

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