OGM: la Svizzera a un bivio
In autunno, i cittadini elvetici dovranno decidere se vogliono o meno "un'agricoltura senza organismi geneticamente modificati".
L’atteggiamento della Svizzera per quanto concerne gli OGM è stato uno dei temi discussi durante un simposio organizzato a Berna da SWISSAID, un’associazione che si batte in favore di una moratoria.
L’iniziativa, lanciata da una ventina di organizzazioni di ambientalisti, contadini e consumatori, ha raccolto 120’000 firme ed è stata depositata il 18 settembre 2003. Chiede una disposizione transitoria dell’articolo 120 della Costituzione federale, volta a garantire –per un periodo di cinque anni– un’agricoltura che non utilizzi organismi geneticamente modificati.
Il Governo ha dal canto suo invitato a respingere l’iniziativa, in quanto ritiene che l’articolo in questione, unitamente alla legge sull’ingegneria genetica, “sia adeguato a proteggere i cittadini, l’ambiente e la libertà economica sia a livello nazionale sia a livello internazionale”.
Il dibattito “Introduzione degli OGM in agricoltura – cronaca di un disastro annunciato ?”, tenutosi a metà febbraio nella capitale, è stato quindi una delle prime occasioni di confronto tra favorevoli e contrari.
“Altre vie da percorrere”
Bastienne Joerchel, attiva presso la Comunità di lavoro SWISSAID, associazione organizzatrice della manifestazione, precisa: “non ci opponiamo alla ricerca sulla tecnologia genetica, ma alla sua applicazione commerciale. Crediamo infatti che sia necessario essere prudenti, dal momento che gli OGM non presentano alcuna certezza. La loro presunta influenza positiva sull’agricoltura e l’economia non è affatto provata”.
Secondo Bastienne Joerchel, “la moratoria rappresenta una possibilità di riflettere ed esplorare vie alternative ed ecologiche –ne esistono!– prima di lanciarsi in un processo che non è reversibile”.
“La nostra –conclude– non è una presa di posizione dettata da paure irrazionali, ma il risultato di un’analisi seria e pacata dei rischi che gli OGM comportano”.
Non lanciare segnali negativi
Dal canto suo l’ambasciatore Luzius Wasescha, capo della delegazione svizzera presso l’Organizzazione mondiale del commercio, ritiene che non si debbano lanciare segnali negativi.
“Un’eventuale moratoria sarebbe nociva all’immagine della Svizzera quale luogo di ricerca e alla competitività del paese”, ha affermato, augurandosi che il dibattito “non diventi eccessivamente polarizzato, lasciando che la paura prenda il sopravvento”.
“Altri paesi non avranno scelta”
Secondo Andrew Bennet, direttore della Fondazione Syngenta, “La Svizzera, e la sua agricoltura in particolare, si trovano in una posizione privilegiata, di grande benessere. Se il paese lo volesse, potrebbe abbandonare completamente questo settore da un giorno all’altro ed importare i beni necessari…”
A suo parere, “altre nazioni, confrontate con gravi problemi di carestie e malattie, dovranno invece compiere scelte obbligate per quanto concerne gli OGM. Ma l’ultima parola spetterà comunque a chi dovrà decidere, con conoscenza di causa, la via migliore da seguire per il bene della popolazione. Questa tecnologia dev’essere una libera scelta, non un’imposizione”.
Il dibattito, che tocca aspetti sociali, etici ed economici, è dunque lanciato: la battaglia si annuncia serrata.
swissinfo, Andrea Clementi e Doris Lucini
La disposizione transitoria proposta chiede che per cinque anni l’agricoltura non utilizzi organismi geneticamente modificati.
Il divieto è applicabile anche agli animali geneticamente modificati, destinati alla produzione di alimenti e di altri prodotti agricoli.
Il testo dell’iniziativa non specifica se, in un’agricoltura che non utilizza organismi geneticamente modificati, anche i foraggi, i concimi, i prodotti fitosanitari e i medicamenti per uso sanitario rientrino nel divieto.
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