Un’energia solare… senza Sole
Un concetto pensato per l'ingegneria civile, una tecnica sviluppata quasi cento anni fa e un'inattesa telefonata dall'Australia sono all’origine di un collettore solare innovativo. Con l'impianto messo a punto da un'azienda ticinese si potrà produrre elettricità anche in assenza del Sole.
Biasca, a una ventina di chilometri da Bellinzona, non è tra le località più soleggiate del canton Ticino. Le condizioni meteorologiche non sempre favorevoli non hanno tuttavia impedito a un’azienda locale, la Airlight Energy, di sviluppare un collettore solare dal grande potenziale.
«Se installassimo il nostro sistema sull’1% della superficie totale dei deserti, potremmo fornire elettricità all’intero pianeta», ci dice Paolo Orsatti, responsabile dello sviluppo aziendale di Airlight Energy, creata nel 2007.
Aria al posto dell’olio
Il prototipo elaborato dalla ditta ticinese consiste in un collettore solare a concentrazione (sistema CSP, Concentrating Solar Power), nel quale la luce del Sole viene riflessa su un ricevitore e trasformata in energia termica.
Al posto dei tradizionali specchi rigidi sono state impiegate delle membrane pneumatiche in poliestere alluminizzato. «L’idea delle strutture pneumatiche viene dall’ingegneria civile. Questa tecnologia è stata ad esempio utilizzata per costruire lo stadio del Bayern Monaco o la piscina olimpica di Pechino», spiega Orsatti.
«Un giorno – prosegue – uno studente australiano ci ha chiamato chiedendoci per quale motivo questa tecnologia non venisse applicata al solare termodinamico. Quella telefonata ha dato il via al nostro progetto».
I vantaggi degli specchi gonfiabili sono molteplici: consentono una maggiore concentrazione della luce solare, sono più resistenti alle intemperie e sono di facile manutenzione. «Permettono inoltre di avere superfici riflettenti molto estese. Per sostenerli abbiamo sviluppato una struttura in calcestruzzo, un materiale più economico e più abbondante rispetto al metallo», puntualizza Orsatti.
Un’altra particolarità del collettore risiede nella scelta del fluido termico. «Solitamente i raggi del Sole vengono convogliati verso un tubo contenente olii minerali. Noi abbiamo invece optato per l’aria, un fluido non inquinante, abbondante e gratuito».
Elettricità senza Sole
L’aria riscaldata all’interno del collettore – che può raggiungere i 650 °C – viene poi diretta verso una turbina per la produzione di elettricità. Il calore in eccesso, generato nei momenti di basso consumo, non viene perso, osserva il collaboratore di Airlight Energy.
«L’aria va a riscaldare dei sassi ammucchiati in un serbatoio in calcestruzzo. Questo calore può essere impiegato in un secondo tempo per la produzione di corrente o per alimentare processi industriali. Si tratta di una tecnica risalente agli anni ’30 del secolo scorso. Basti pensare ai forni per la pizza».
Il grande pregio di questo sistema, sottolinea l’azienda, è di dissociare la presenza del Sole – e quindi l’accumulo di calore – dalla produzione di elettricità. «Il calore si mantiene soltanto per alcune ore nelle pietre. Ciò è però sufficiente per produrre elettricità ad esempio alla sera, quando la domanda è elevata».
Una visita al prototipo di Biasca svela un ulteriore aspetto interessante. Sotto la grande struttura di calcestruzzo si crea infatti una vasta zona d’ombra, che può essere sfruttata per diversi fini. «È il luogo ideale per far pascolare le pecore. In Sardegna, ad esempio, vengono offerti incentivi a chi crea delle zone d’ombra», annota Orsatti.
Centrali nel deserto
Anche le idee più innovative hanno però i propri limiti. Quello a prima vista più evidente è la dimensione. Il collettore misura in effetti 200 metri di lunghezza e 10 di larghezza. E per realizzare un impianto da 50 MWatt, di collettori ce ne vogliono duecento…
«Le grandi dimensioni sono un problema? Dipende», osserva Paolo Orsatti. «L’impianto base coprirebbe una superficie di 2 km2, un’area estremamente piccola se paragonata ai 9’000 km2 del più grande campo petrolifero del mondo o ai 50-60 km2 delle grandi miniere di carbone a cielo aperto in Germania».
Pensare di installare tali impianti in Svizzera è ad ogni modo inverosimile, riconosce Orsatti. «A parte il fatto che l’irraggiamento è insufficiente, il terreno verrebbe a costare molto più dell’intera struttura». L’impianto è quindi stato concepito per le zone desertiche nelle regioni mediterranee, negli Stati Uniti o nel Nord Africa. Un progetto pilota sarà realizzato entro un anno in Marocco.
500 soli
«Seppur promettente – constata Orsatti – il solare termodinamico non potrà sostituire una centrale a gas, a carbone o nucleare, le quali sono in grado di garantire un funzionamento 24 ore su 24. Può però rappresentare un eccellente complemento, del tutto ecologico, alla produzione tradizionale di corrente».
Fra 5-10 anni, aggiunge il dirigente, questa tecnologia sarà competitiva anche a livello economico. Al momento, la costruzione di una centrale solare termodinamica richiede un investimento di oltre 200 milioni di franchi.
Tra i possibili sviluppi, conclude Orsatti, quello più promettente è il fotovoltaico a concentrazione. In questo caso il ricevitore non è più costituito da un tubo ad aria, bensì da una serie di celle fotovoltaiche ad alta resa.
L’efficienza delle celle è di circa il 40%, tre volte superiore ai valori attuali, e quella del sistema completo attorno al 25%. «Sarà come disporre non di uno, ma di 500 soli».
I collettori a concentrazione solare (CSP, Concentrating Solar Power) sono sistemi che utilizzano specchi o altre superfici riflettenti per concentrare la luce del Sole in un’area ristretta (ricevitore).
Il calore viene poi convertito in elettricità attraverso una turbina a vapore.
Il vantaggio di tale sistema è duplice. Da una parte si possono raggiungere temperature elevate (oltre i 600 °C) e quindi il rendimento è maggiore (si passa dal 12-15% di un pannello fotovoltaico classico al 17-20%).
Dall’altra è possibile depositare il calore in eccesso in appositi serbatoi e utilizzarlo per produrre elettricità in un secondo momento, ad esempio durante i picchi di consumo.
L’idea di concentrare i raggi del Sole non è una novità. Si narra in effetti che Archimede utilizzò, oltre 2’000 anni fa, questo principio per incendiare le vele delle navi romane durante l’assedio di Siracusa.
Le prime centrali solari termodinamiche sono state costruite negli Stati Uniti (anni ’80) e, più recentemente, in Spagna.
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