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Vivere con l’orso bruno

La Val di Tovel: da qui è partito il progetto di reintroduzione dell'orso bruno nelle Alpi centrali swissinfo.ch

In Svizzera, l'orso è tornato, anche se non ancora definitivamente. Dalla sua terra natale, il Trentino, non è mai scomparso. Storia di una convivenza possibile?

Per sincerarcene, siamo andati nel Parco naturale dell’Adamello Brenta, da dove l’orso potrebbe partire per ripopolare le Alpi centrali.

«Paura degli orsi? Mah, se penso a tutti i giri che mi faccio nel parco, io ne ho visti ben pochi. Più che il timore c’è la speranza d’incontrarli. I cuccioli sono bellissimi, uno spettacolo, sono una delle cose più belle che io abbia mai avuto la gioia di vedere nei boschi». Per Enrico Dorigatti quello del guardaparco non è solo un lavoro, ma una vera e propria passione.

Lo incontriamo a Spormaggiore, un paesino immerso nel verde a mezz’ora di automobile da Trento. I meleti e le vigne si rincorrono sulle colline, inframmezzati da macchie di bosco. In alto le Dolomiti.

L’orso non potrebbe chiedere di meglio: oggi come in passato ama frequentare questa zona e farsi delle scorpacciate di frutta. Non è un caso se il parco dell’Adamello Brenta ha deciso di aprire proprio qui un centro visitatori dedicato all’orso.

Inaugurato nel 2001, il centro di Spormaggiore documenta la vita del plantigrado sulle Alpi e il progetto di reintroduzione che ha visto liberare in Trentino 10 orsi sloveni per dar man forte alla popolazione locale che alla fine degli anni Novanta, con 3 esemplari vecchi e maschi, si poteva considerare biologicamente estinta.

Orsi in giro?

Con Enrico Dorigatti ci spostiamo da Spormaggiore alla Val di Tovel, un piccolo gioiello incastonato nella parte settentrionale delle Dolomiti di Brenta. È qui che sono stati rilasciati gli orsi.

A settembre, di turisti se ne vedono pochi. La gente del luogo – il gestore di un ristorante e un apicoltore – non appena vede il guardaparco si mette a parlare dell’orso. «Orsi in giro?» Si discute dei danni, delle pecore che il plantigrado ha sbranato appena qualche giorno fa, dei cani da pastore che sarebbero stati importati dalla Siberia…

«Se si può trovare il modo di convivere…», dice quasi in un sospiro l’apicoltore. Nel corso degli anni, gli orsi gli hanno distrutto due o tre apiari, le recinzioni elettrificate erette a protezione delle arnie non lo tranquillizzano del tutto. Non guarda con acrimonia al progetto di reintroduzione del plantigrado anche se c’è «almeno un’orsa matta» che non promette niente di buono.

Ma sotto sotto dalle sue parole traspare una punta di timore ancestrale. È vero, da queste parti l’orso c’è da sempre, come testimoniano numerosi toponimi e gli stemmi «orsini» di diverse località, ma il programma di reinserimento qualche perplessità l’ha suscitata. «L’orso è un animale che non lascia indifferenti», commenta Enrico Dorigatti.

Consenso popolare

«In città, a Trento, non se ne parla», ci racconta un’insegnante che prende parte ad un corso di aggiornamento professionale offerto dal parco, «ma qui nelle valli, dove l’orso c’era anche in passato, è rimasto uno spauracchio. Ai bambini non si dice mica: “Se non fai il bravo viene il lupo e ti porta via”. Qui, a prenderti, viene l’orso».

Malgrado ciò, spiega Claudio Ferrari, direttore del parco Adamello Brenta, il consenso popolare al progetto non è mai venuto a mancare. «Tutte le indagini demoscopiche che abbiamo condotto hanno dato un risultato molto positivo. Prima di partire con il progetto di reintroduzione eravamo ben coscienti che non c’era futuro senza il consenso della gente».

La liberazione dei dieci orsi sloveni è stata preceduta da uno studio approfondito dei parametri ecologici e sociali in gioco. «Nel 1997 un sondaggio tra la popolazione trentina aveva dimostrato che il 70% vedeva con favore sia l’orso in generale sia l’ipotesi di una sua reintroduzione».

A qualche anno di distanza dalla partenza del progetto, malgrado i danni e malgrado uno o l’altro degli orsi sia finito sulla stampa – vuoi per essersi spinto alle porte di Trento, vuoi per aver causato un incidente automobilistico a Riva del Garda – il consenso popolare al progetto di reintroduzione non è venuto meno.

Natura e cultura

I trentini con cui parliamo non credono molto ai risultati del sondaggio, i timori ci sarebbero, eccome. Ma forse, nonostante i tentativi della destra populista di cavalcare le paure della gente, questi timori non sono sufficienti a far pronunciare un no deciso nei confronti dell’orso. E se c’è chi non lo vede di buon occhio, c’è anche chi nel parco dell’Adamello Brenta ci va proprio per vedere l’orso.

La curiosità eccessiva per l’orso può avere aspetti deleteri – è accaduto in Svizzera, dove una donna e i suoi due figli si sono messi a rincorrere l’orso per fotografarlo – ma è, così come il confronto con le proprie paure, un’occasione di riflessione e crescita culturale. «Al di là del valore scientifico e biologico, credo che il nostro progetto abbia un forte valore culturale», afferma il direttore del parco.

«L’orso diventa il portatore di un messaggio molto importante sul tipo di rapporto che l’uomo deve intrattenere con l’ambiente in cui vive. Fintanto che utilizziamo l’orso per fini sbagliati o cerchiamo di toglierlo di mezzo, togliamo di mezzo anche una riflessione sul nostro ruolo nell’ambiente e non va dimenticato che un cattivo rapporto con l’ambiente è un cattivo rapporto con noi stessi e con il nostro futuro».

Ambasciatore delle aree protette

Ci vorrà ancora qualche anno per dire se il progetto trentino avrà raggiunto l’obiettivo di creare una popolazione vitale d’orsi nelle Alpi centrali. Per essere autonoma, una popolazione dovrebbe contare una quarantina d’esemplari. Intanto ai dieci orsi liberati si sono aggiunti i primi cuccioli.

È proprio uno dei figli di Jurka e Joze – agli orsi sloveni è stato dato un nome – ad essersi spinto fino in Svizzera alla ricerca di nuovi territori. «Per noi è una specie d’ambasciatore», conclude Claudio Ferrari. «Ci permette di stringere i rapporti e scambiare esperienze con le altre aree protette contigue».

Tra queste c’è il parco nazionale svizzero, i cui responsabili sono stati invitati in Trentino. «Così la prossima volta che l’orso capiterà in Svizzera avranno qualche elemento in più per affrontare la situazione».

swissinfo, Doris Lucini, parco dell’Adamello Brenta

Il parco dell’Adamello Brenta nasce nel 1967.
Comprende la zona dolomitica del Gruppo di Brenta e parte del massiccio dell’Adamello-Presanella, le cui rocce sono composte dalla durissima tonalite.
Estensione: 618 kmq
Di particolare interesse: Val Genova, Val di Tovel e orso bruno.

A partire dal 1700, il numero di orsi sull’arco alpino è cominciato a diminuire a causa della caccia e dello sfruttamento sempre più intenso delle risorse naturali da parte dell’uomo.

Nel 1998, nel parco dell’Adamello Brenta si trovavano gli ultimi 3-4 orsi autoctoni delle Alpi.

Per ricostituire un nucleo vitale di orsi nelle Alpi centrali, nel 1996 è partito il progetto di reintroduzione «Life Ursus», finanziato in parte dall’Unione europea.

Tra il 1999 e il 2002 sono stati rilasciati nella zona del parco 10 orsi provenienti dalla Slovenia. Da allora è stata accertata la nascita di 12 cuccioli.

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