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Intercettato il neutrino camaleonte

Il rilevatore OPERA operaweb.it

L’origine della materia oscura potrebbe essere spiegata da una nuova scoperta. Il rivelatore OPERA, sistemato al Gran Sasso, ha intercettato una particella tau in un fascio di neutrini muonici, registrando così il primo fenomeno di oscillazione di un neutrino.

È dalla fine del 2006, quando ha preso il via l’esperimento, che i ricercatori attendevano questo momento, ma ci è voluto il viaggio di miliardi e miliardi di neutrini per ottenere il primo risultato positivo che il professor Antonio Ereditato, direttore dell’Istituto di fisica delle alte energie dell’Università di Berna e portavoce – oltre che ideatore – dell’esperimento OPERA, con un po’ di prudenza preferisce chiamare “primo candidato”.

“La mia cautela viene dal fatto che per il momento abbiamo osservato un solo evento”, spiega Ereditato. “È un evento che ha la probabilità del 98% di essere buono, quindi ci possiamo scommettere, ma noi fisici vogliamo delle probabilità al 99,999%. E questo significa che il prossimo passo sarà quello di registrarne altri 5-6 di questi eventi. Allora saremo veramente sereni e tranquilli”.

In viaggio quasi alla velocità della luce

È da oltre 3 anni che al CERN il gigantesco acceleratore di particelle Super Proton Synchrotron (SPS) crea e invia quotidianamente fasci di neutrini muonici in direzione del grande rivelatore OPERA, sistemato a più di un km di profondità nelle rocce dell’Appennino abruzzese, dove si trovano i laboratori dell’Istituto di fisica nucleare.

Ogni fascio di neutrini – che impiega 2,4 millisecondi per compiere i 732 km che separano Ginevra dal Gran Sasso – viaggia indisturbato in linea retta attraverso la crosta terrestre perché i neutrini interagiscono molto debolmente con la materia e mantengono esattamente la stessa direzione di moto di quando sono stati prodotti.

“Noi abbiamo progettato l’esperimento in modo da metterci a una distanza tale da poter osservare il massimo delle oscillazioni e quando abbiamo fatto interagire i neutrini muonici al Gran Sasso c’era una grande probabilità di averli trasformati in neutrini tau”, precisa Ereditato.

I precedenti

Già teorizzata dal fisico Bruno Pontecorvo nel 1969 per spiegare l’apparente deficit di neutrini solari in arrivo sulla Terra, l’oscillazione del neutrino è stata oggetto di parecchi esperimenti culminati nel 1998 con quello condotto nell’osservatorio giapponese Super-Kamiokande, nel corso del quale, studiando i neutrini atmosferici, venne scoperta l’oscillazione del neutrino.

Da allora ci sono stati molti altri esperimenti – con acceleratori di particelle e reattori – che hanno provato l’esattezza di questa ipotesi, ma tutti hanno sempre misurato la sparizione di un certo tipo di neutrini di partenza. L’ipotesi quindi era che se essi sparivano dovevano per forza oscillare in un altro modo al quale il detector non era sensibile.

“Quello che abbiamo pensato noi – e questa è stata un’idea che ebbi io insieme a due collaboratori alla fine degli anni Novanta – fu di fare un esperimento non in sparizione ma in apparizione”, ci spiega Ereditato. “Abbiamo cioè cercato di individuare la comparsa del neutrino diverso. Questo ha dato poi luogo all’esperimento OPERA – che abbiamo prima progettato concettualmente, poi realizzato, poi fatto funzionare – e ora dopo circa 3 anni di funzionamento finalmente abbiamo il primo segnale compatibile con l’apparizione.”

Una ricerca certosina

Dall’inizio dell’esperimento, gli studiosi analizzano attentamente i dati impressi nel rivelatore OPERA alla ricerca di una particella tau, segno indiscutibile della trasformazione e quindi oscillazione di un neutrino muonico in uno tauonico. Questo neutrino camaleonte è stato catturato il 22 agosto 2009 alle ore 19 proprio nell’atto di mutazione, ma ancora non si sapeva che l’evento era interessante.

“Da allora ovviamente ci sono stati dei tempi tecnici per prendere questo elemento del rivelatore, per operarci in maniera opportuna, raccogliere i dati, analizzarli e quando ci siamo accorti che la cosa era davvero interessante, allora il lavoro è aumentato, cioè abbiamo fatto un’analisi estremamente dettagliata” ci spiega Ereditato.

“Questo evento ha poi dovuto passare una serie di selezioni durissime, perché molti eventi possono sembrare interessanti, ma alla fine non passano le selezioni, nel senso che per poter essere chiamati tau devono rispettare alcune regole. E questo nostro evento ha superato tutte le selezioni in maniera egregia ed è diventato un candidato”.

Verso una fisica nuova

Se a questo “candidato” ne seguiranno altri, si potrà parlare effettivamente di una grossa scoperta perché l’osservazione delle oscillazioni mette in crisi il Modello Standard che i fisici usano per spiegare il comportamento delle particelle fondamentali.

Infatti, perché un neutrino possa oscillare deve avere una massa, cosa invece che non è prevista dal Modello Standard. “Dai nostri esperimenti esce in maniera evidente che la massa del neutrino c’è, ma ce lo dovevamo aspettare. La vera domanda alla quale dovremmo rispondere è perché il neutrino ha una massa così piccola”, sottolinea Ereditato.

Ma che il Modello Standard avesse bisogno di un tagliando, i fisici se n’erano accorti già da un pezzo. E come ci conferma Antonio Ereditato, esistono già teorie che cercano di predire quali potrebbero essere le ragioni delle dimensioni ridottissime di questa massa.

“Si parla ad esempio di modelli altalena, i see-sw Model. Come in un’altalena il nostro neutrino leggero potrebbe venir alzato da una particella pesantissima, un neutrino supermassivo, esistito probabilmente nei primissimi istanti di vita dell’universo e che in qualche modo deve essere presente anche nel nostro”.

L’osservazione delle oscillazioni è quindi un segnale forte di una nuova fisica e fa supporre l’esistenza di altri tipi di neutrini finora mai osservati che potrebbero spiegare l’origine della Materia Oscura che compone almeno un quarto della massa del nostro universo.
Sembra proprio che il neutrino non abbia ancora smesso di rilasciare tutti i suoi misteri.

Paola Beltrame, Berna, swissinfo.ch

Il rivelatore OPERA è uno strumento complesso che può essere considerato come un’enorme macchina fotografica (di circa 1250 tonnellate) provvista di film.

Questi film vengono impressionati dalle particelle prodotte dall’interazione coi neutrini, ognuno dei quali lascia una firma particolare. Quella del neutrino tauonico appare come una specie di gomito.

L’analisi al microscopio delle tracce lasciate sulle emulsioni fotografiche dalle particelle permette di ricostruire i vertici dell’evento che documenta, come in una sorta di film, l’avvenuta interazione del neutrino.

L’esperimento OPERA è una collaborazione internazionale alla quale partecipano circa 200 fisici di 36 istituti di ricerca dislocati in 13 paesi. Dalla Svizzera vi prendono parte l’Istituto di fisica delle alte energie dell’università di Berna, il Politecnico federale di Zurigo e l’università di Neuchâtel.

Il neutrino è una particella postulata intorno al 1930 per capire alcuni fatti sperimentali e da allora è rimasta sempre avvolta in un’aurea di mistero. Essa è estremamente diffusa nel nostro universo, dopo i fotoni è la più presente.

Oggi sappiamo che è una particella con una massa piccolissima, senza carica elettrica, che interagisce molto raramente con la materia tanto che sembra una particella fatta di nulla e i fisici per semplificare dicono che è ‘una trottola fatta di niente’.

È una particella estremamente importante per la fisica delle particelle ma lo è soprattutto, per l’astrofisica e la cosmologia, perché le proprietà del neutrino hanno un legame diretto con il modo in cui si è sviluppato l’universo e su come esso ci appare ora.

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