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La grande corsa alle tecnologie quantistiche

Nicolas Gisin
Nicolas Gisin nel suo laboratorio all'Università di Ginevra nel 2013. Il presidente della nuova Commissione quantistica svizzera è anche cofondatore di ID Quantique, che commercializza sistemi quantistici per la crittografia dei messaggi informatici. Keystone / Salvatore Di Nolfi

La fisica quantistica esce dai laboratori per entrare nella fase industriale. La Svizzera, che è molto ben posizionata nella ricerca, non vuole perdere questo treno e lancia la sua iniziativa quantistica. Per il momento, però, deve fare a meno dell'Europa. 

Gli Stati Uniti, la Cina e l’Unione Europea stanno investendo centinaia di milioni di dollari in prodotti che sfruttano le proprietà speciali dell’infinitamente piccolo. La Svizzera non è da meno. Negli ultimi vent’anni, il Fondo nazionale svizzero (FNS), le università e il settore privato hanno stanziato quasi 330 milioni di franchi per tre Poli di ricerca nazionali (PNRCollegamento esterno), l’ultimo dei quali è stato avviato nel 2020. 

“Non posso dire che l’informatica quantistica farà solo del bene.”

Nicolas Gisin, Commissione quantistica svizzera

Quali sono i risultati? Nei comunicati stampa del FNS si legge che le ricercatrici e i ricercatori svizzeri hanno contribuito alla “dimostrazione dello stato superfluido dei condensati di polaritoni”, hanno fatto avanzare la tecnologia dei “laser a cascata quantica” o stanno lavorando allo sviluppo dei “qubit di spin in silicio affidabili, veloci, compatti ed estensibili”. 

Ah, davvero? Non preoccupatevi, nemmeno a me queste cose dicono molto. La fisica quantistica è ancora un mistero per persone comuni come noi. Persino i professori e le professoresse che vi si dedicano riconoscono che nessuno si addentra in questo campo senza una generosa dose di sofferenza. Perché il mondo delle particelle e degli atomi può essere compreso solo attraverso delle equazioni che fanno impallidire schiere di esperti ed esperte di matematica. Non c’è modo di costruirsi un’immagine mentale, la ragione rischierebbe di perdersi. Non è nemmeno possibile spiegarlo in modo schematico o ricorrendo al 3D. 

Eppure, la fisica quantistica è tutt’altro che una costruzione astratta. È la natura a essere bizzarra, non la teoria che la descrive. Una teoria che 120 anni di esperienza non hanno mai potuto confutare. 

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Ora che ha lasciato i laboratori, la fisica quantistica ha già raccolto i primi successi industriali. A Ginevra, il lavoro del gruppo del professor Nicolas Gisin* nel campo della crittografia quantistica ha dato vita a un’azienda pioniera che è diventata leader mondiale nel suo settore. ID QuantiqueCollegamento esterno commercializza da vent’anni dei sistemi di crittografia, notoriamente inviolabili, e ora anche dei generatori di numeri casuali (come quelli già disponibili su alcuni telefoni Samsung) e dei sensori quantistici, capaci di misurare la luce con la precisione di un pixel o di un fotone. 

dispositivo IDQ
Il distributore di chiavi quantistiche di quarta generazione di ID Quantique. Questo dispositivo genera e distribuisce chiavi di crittografia di dati ritenuti inviolabili. I prodotti dell’azienda ginevrina sono utilizzati da Governi, aziende e laboratori in oltre 60 Paesi. IDQ

Anch’essi di fabbricazione svizzera, i sensori quantistici prodotti da QnamiCollegamento esterno a Basilea sono fino a cento volte più precisi dei sensori convenzionali. Vengono utilizzati per caratterizzare i materiali o per rilevare i difetti nei microchip dei computer, ma sono anche preziosi per la ricerca in medicina, biologia e chimica. 

Tra le aziende nate dalla ricerca quantistica svizzera vi è anche Alpes LasersCollegamento esterno, con i suoi laser a cascata quantica già citati in precedenza. Questo tipo di laser a infrarossi è già ampiamente utilizzato nella ricerca, nell’industria e in medicina. È imbattibile nella sua precisione per il rilevamento e l’analisi di gas e sostanze chimiche. 

La Svizzera vuole rimanere in corsa 

Le tecnologie quantistiche sono molto popolari. Secondo la società statunitense di consulenza Boston Consulting Group (BCG), il settore ha attratto più di due miliardi di dollariCollegamento esterno di finanziamenti privati nel 2020 e 2021, il doppio della somma investita nel decennio precedente. A questi importi vanno aggiunti i sostegni governativi, particolarmente importanti nel caso della Cina, che ovviamente non dirà quanto spende in questi ambiti. Per quanto riguarda i mercati futuri di questi prodotti, BCG li stima tra i 450 e gli 850 miliardi di dollari nei prossimi 15-30 anni. 

È quindi logico che anche la Svizzera abbia lanciato la sua Quantum InitiativeCollegamento esterno. L’obiettivo è di “garantire la posizione eccezionale del Paese […] e promuovere il networking internazionale”. L’importo stanziato dalla Confederazione per il progetto – 10 milioni di franchi su due anni – sembra però piuttosto modesto. 

Nicolas Gisin, presidente della nuova Commissione quantistica svizzera, non fatica ad ammetterlo. “L’obiettivo è moltiplicare questa cifra per quattro, per arrivare a 20 milioni all’anno”, afferma. E per fare cosa? Sviluppare i settori in cui la Svizzera è già forte, ma anche educare e formare non solo chi lavora in ambito accademico (che secondo Nicolas Gisin è già a un buon livello), ma anche ingegneri/e e apprendisti/e. 

Sarà inoltre necessario sostenere le start-up, in modo mirato e senza necessariamente distribuire soldi a tutti, e sviluppare alcune infrastrutture a livello nazionale, ad esempio nella crittografia quantistica, come avviene un po’ ovunque in Europa. 

La ricerca del Graal 

E poi, naturalmente, c’è il famoso computer quantistico, di cui tutti e tutte parlano, spesso in maniera superlativa. “Preferirei parlare di un processore quantistico, una macchina che rimane in laboratorio e che può essere consultata a distanza, via Internet”, dice Nicolas Gisin. A suo avviso, anche la Svizzera deve lanciarsi, “e non limitarsi a dire che lascerà fare agli americani, agli europei o ai cinesi”. 

Joe Biden
6 ottobre 2022: in visita all’IBM, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden sembra incuriosito dal computer quantistico. Copyright 2022 The Associated Press. All Rights Reserved

Ma a cosa servirà questa potenza di calcolo definita fenomenale? 

Nel 2019, Google ha sostenuto di aver raggiunto la “supremazia quantistica” con il suo processore Sycamore. Si dice che abbia compiuto in 200 secondi un’operazione che richiederebbe 10’000 anni a un supercomputer convenzionale. Questa cifra è stata immediatamente contestata da IBM, che ha parlato di due giorni e mezzo. Ma al di là di questa disputa di marketing tra rivali, rimane il fatto che la macchina di Google ha eseguito un calcolo su misura, pieno di numeri generati a caso. Un calcolo che peraltro non ha alcuna utilità pratica, se non quella di dimostrare la superiorità tecnologica di Google. 

Nicolas Gisin ammette che alcune prodezze quantistiche sono presentate in maniera eccessiva, “soprattutto quando si promette un computer universale da qui a 5-10 anni”. Il fisico ritiene comunque “estremamente impressionante” essere riusciti a dimostrare che esiste almeno un problema che può essere risolto in maniera più efficiente in modo quantistico che in modo classico. 

Spazio ai sogni 

E ce ne saranno altri. Un giorno, i processori quantistici potrebbero essere molto utili per concepire nuove molecole. Non per crearle, a questo ci penserà la chimica, ma per progettarle e simularne il comportamento e le proprietà prima di sintetizzarle per davvero. 

I campi di applicazione sono ovviamente immensi: dai farmaci alle celle solari, passando per l’intera gamma di nuovi materiali, indipendentemente dal loro utilizzo. 

Compresi degli utilizzi potenzialmente dannosi? Nicolas Gisin ne è consapevole: “Non posso dire che l’informatica quantistica farà solo del bene. È come qualsiasi altra tecnologia. La crittografia quantistica, ad esempio, può essere utilizzata per proteggere gli ospedali dagli attacchi informatici. Ma si può anche immaginare che dei terroristi usino la crittografia quantistica per rimanere nascosti”. 

A chi sogna di utilizzare i computer quantistici per migliorare i modelli di previsione nella finanza, il fisico risponde con un’alzata di spalle e una battuta: “Si può anche considerare il mercato azionario come a un generatore di numeri aleatori”.

Svizzera isolata 

C’è ancora una questione spinosa: votando a favore dell’iniziativa della destra sovranista contro l’immigrazione di massa e poi ritirandosi dai negoziati sull’accordo istituzionale con Bruxelles, la Svizzera è stata esclusa dal programma europeo Orizzonte, che definisce e finanzia la ricerca e l’innovazione nell’UE per un ammontare di oltre 95 miliardi di euro fino al 2027. E non è solo una questione di soldi, ma anche di reti, scambi, collaborazioni e opportunità per le aziende svizzere che già vendono prodotti quantistici. 

Una situazione che Nicolas Gisin considera “drammatica”. “Perché le nuove idee non nascono da sole nei nostri uffici. Bisogna parlare con le persone, scambiare idee, sfidarsi reciprocamente. E i nostri partner naturali sono innanzitutto gli europei”. 

A Zurigo, il suo collega Klaus Ensslin, che ha diretto per dodici anni il Polo di ricerca nazionale “Scienza e tecnologia quantistica”, ritiene la situazione “dolorosa, un caso dove la scienza è presa in ostaggio dalla politica”. Come ha dichiarato all’ufficio stampa del Politecnico federale di Zurigo nel dicembre 2022, “la ricerca quantistica è un gioiello della corona svizzera, ma tutto è stato sacrificato. E le conseguenze per i giovani ricercatori e le giovani ricercatrici saranno davvero pesanti”. 

Klaus Ensslin
Klaus Ensslin, professore del Politecnico federale di Zurigo, è convinto che “la Svizzera potrebbe svolgere un ruolo chiave nelle tecnologie quantistiche”. ETH Zurich/D-PHYS Heidi Hostettler

* Nicolas Gisin e Odile Jacob sono autori di ” L’Impensable Hasard, non-localité, téléportation et autres merveilles quantiquesLien externeCollegamento esterno“, pubblicato nel 2012. 

Traduzione di Luigi Jorio 

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