Una casa mobile a bolletta zero
Un'abitazione che può essere trasportata da un posto all'altro ed è completamente autonoma per quanto concerne acqua ed elettricità? Un gruppo di ricercatori del Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca (Empa) è riuscito a trasformare il sogno in realtà.
Chissà, forse tra qualche anno ci si potrà imbattere in questa sorta di modulo lunare dorato in qualche zona sperduta delle Alpi. Per ora “Self” – questo il nome con il quale è stata ribattezzata la casa – è ‘atterrato’ davanti ai padiglioni dove è organizzata la Swissbau, la tradizionale fiera dell’edilizia che si tiene in gennaio a Basilea.
La struttura è grande circa come un container di una nave. Sulle sue facciate e al suo interno racchiude però un concentrato delle più moderne tecnologie edili, energetiche ed idriche. Tecnologie che dovrebbero permettere a due persone di vivere in perfetta autarchia e con un certo confort in questa casa lunga 7,7 metri, larga 3,45 m, alta 3,2 m e pesante cinque tonnellate.
Il condizionale è ancora d’obbligo poiché, come precisa Sandro Macchi, “si tratta ancora di un prototipo”. “I primi test sul terreno inizieranno in marzo e in un certo senso il progetto prende avvio adesso, poiché potremo sperimentare ulteriori innovazioni”, aggiunge l’esperto in design industriale e membro del gruppo di ricercatori che ha messo a punto l’unità abitativa.
O sole mio!
Per limitare al massimo il consumo energetico, nulla è stato lasciato al caso. I muri sono stati costruiti con materiali altamente isolanti e leggeri. Uno degli strati, ad esempio, è composto da aerogel di silicone rinforzato da fibre feltrate. Un altro da pannelli contenenti paraffina, che hanno la proprietà di accumulare energia durante le ore più calde del giorno, per poi liberarla verso l’interno della casa quando fa più freddo.
Per l’illuminazione si è optato per lampadine LED, mentre il fornello funziona ad idrogeno, prodotto tramite elettrolisi ed immagazzinato allo stato solido (ciò che permette di ridurne notevolmente il volume) in bombole contenenti idruro metallico.
Tutta l’elettricità è fornita dalle celle solari ad alto rendimento di cui è ricoperto il tetto. “Il rapporto tra l’energia prodotta dalla cella e l’energia luminosa che investe la sua superficie è del 23%; è il meglio di quello che viene prodotto oggi”, precisa Sandro Macchi.
L’energia prodotta grazie a queste celle basta non solo a soddisfare il fabbisogno in elettricità per far funzionare riscaldamento, luci, frigorifero, lavastoviglie ed altri apparecchi. Ma anche a caricare fino a sei batterie al litio da circa 100 kg l’una poste sotto il letto a castello, che entrano in funzione nel caso in cui il sole dovesse nascondersi per lungo tempo dietro alle nuvole.
“Abbiamo effettuato dei test a Davos, Lugano e Zurigo e solo nella città sulle rive della Limmat è stato necessario utilizzare le batterie. Se le condizioni atmosferiche sono veramente pessime, questi accumulatori permettono comunque alla casa di vivere in perfetta autarchia per due settimane”, spiega il ricercatore dell’Empa.
E come ciliegina sulla torta, le celle solari consentono pure di fornire energia sufficiente durante circa nove mesi all’anno (e anche durante tutto l’anno nelle regioni più soleggiate) per caricare un’auto elettrica, con la quale è possibile percorrere fino a 100 km al giorno.
Riciclare l’acqua
Una delle principali innovazioni della casa consiste soprattutto nel sistema di raccolta e di riciclaggio dell’acqua, sviluppato dall’Istituto federale per la ricerca sulle acque (Eawag).
L’acqua piovana raccolta sul tetto, filtrata e resa potabile grazie a un sistema di membrane, confluisce in un serbatoio trasparente di 200 litri. Un dettaglio che ha la sua importanza: “Abbiamo scelto di costruirlo trasparente perché in questo modo è più facile rendersi conto di quanta acqua viene consumata”, spiega Macchi.
Dopo essere stata utilizzata una prima volta, l’acqua viene riciclata in altre due cisterne poste sul retro della casa e impiegata di nuovo per la doccia o per risciacquare i gabinetti. Solo l’acqua sporca delle toilette finisce definitivamente nel serbatoio dell’acqua lurida.
Grazie a questo impianto, una volta piena la cisterna iniziale di 200 litri basta a garantire acqua potabile per due settimane. A dire il vero, il sistema non è nuovo, poiché in alcuni edifici moderni esistono già dispositivi per riciclare l’acqua.
“La differenza risiede soprattutto nel fatto che, contrariamente ai sistemi tradizionali, il nostro necessita di pochissima energia. In pratica l’acqua passa da un contenitore all’altro quasi esclusivamente con la forza di gravità”, sottolinea Sandro Macchi.
Quali applicazioni?
Un’altra novità consiste nella grandezza dell’impianto: finora, infatti, i sistemi di riciclaggio erano piuttosto ingombranti. “È la prima volta che si riesce a costruirne uno così piccolo e ciò apre numerose piste. Ad esempio, si potrebbe pensare di utilizzarlo in città che crescono molto velocemente e dove le case non hanno la possibilità di essere allacciate alla rete idrica”.
Oltre ad essere un laboratorio per la sperimentazione delle nuove tecnologie, la casa potrebbe avere diverse applicazioni pratiche, essendo facilmente trasportabile in camion o in elicottero.
“Inizialmente il nostro concetto era di costruire una casa che potesse ospitare dei ricercatori che devono soggiornare per un certo periodo in luoghi discosti”, osserva Macchi.
“Discutendo con la gente ci siamo però resi conto che le possibilità di impiego di una simile unità abitativa sono molte. Ad esempio potrebbe essere utilizzata come piccolo centro d’urgenza in zone colpite da catastrofi”.
Daniele Mariani, swissinfo.ch
Il Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca è stato fondato nel 1880. Inizialmente si occupava di collaudare i materiali da costruzione.
Oggi le due sedi dell’istituto – a Dübendorf e a San Gallo – fanno parte del settore dei politecnici federale, che comprende il Politecnico di Zurigo, quello di Losanno, l’Istituto Paul Scherrer, l’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio e l’Istituto per la ricerca sulle acque.
Le sue attività ruotano attorno al controllo scientifico di materie prime, prodotti di ogni genere, impianti e procedure. Il laboratorio è specializzato nella ricerca applicata e nello sviluppo, come pure nella fornitura di servizi complessi nel campo delle scienze dei materiali e delle tecnologie sostenibili.
L’Empa dispone di un organico equivalente a 720 posti a tempo pieno e di un budget annuo di 127 milioni di franchi.
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