Prospettive svizzere in 10 lingue

“La mobilitazione a favore delle vittime della guerra in Bangladesh è stata senza precedenti”

René Holenstein
René Holenstein è storico ed esperto in materia di sviluppo. Dal 2017 al 2020 faceva parte del consiglio centrale della ONG svizzera Helvetas. Il suo libro "Mein goldenes Bengalen – Gespräche in Bangladesch"(Il mio Bengala dorato – colloqui in Bangladesh, ndt) è stato pubblicato nel 2021 dalla casa editrice Chronos di Zurigo. HEKS

Il 13 marzo 1972, la Svizzera riconosceva lo Stato del Bangladesh. René Holenstein, l'allora ambasciatore svizzero a Dacca, ha di recente dato alle stampe un libro sul Paese asiatico. Nell'intervista, l'autore illustra come si giunse alla fondazione del Bangladesh e quale sviluppo economico ha vissuto. 

SWI swissinfo.ch: l’attuale Bangladesh faceva parte del Pakistan fino al 1971, anche se i due Paesi distano circa 1700 chilometri l’uno dall’altro. Ci può spiegare l’origine di questa particolarità?

René Holenstein: Il colonialismo della Gran Bretagna in Asia del Sud finì nel 1947 con la nascita dei due Stati indipendenti di India e Pakistan, allora suddiviso in Pakistan orientale e Pakistan occidentale [Il Pakistan orientale è esistito dal 1955 al 1971 nella parte orientale della regione del Bengala, l’attuale Bangladesh ndr]. 

cartina india pakistan bangladesh
swissinfo.ch

Nonostante fossero uniti da una religione comune, l’islam, la grande distanza portò a tensioni tra le due parti del Paese non solo a livello organizzativo ed economico, ma anche a causa della difficoltà di creare un’unità nazionale.

Quando nel 1970 il governo del Pakistan occidentale non riconobbe la vittoria alle elezioni della Lega popolare bengalese, la situazione degenerò. Seguì una guerra durata nove mesi che, stando a fonti ufficiali, causò tre milioni di morti. La guerra si concluse il 16 dicembre 1971 e il Bangladesh ottenne l’indipendenza. La Svizzera fu uno dei primi 50 Paesi a riconoscere il nuovo Stato.

Männer mit Gewehren
In questa foto vincitrice del premio Pulitzer, scattata il 18 dicembre 1971, i guerriglieri del Bangladesh appena indipendente torturano e uccidono con le baionette quattro uomini sospettati di collaborare con i miliziani pakistani accusati di omicidio, stupro e saccheggio durante la guerra civile durata un mese a Dacca. Keystone / Horst Faas, Michel Laurent

Com’è stato accolto in Svizzera il riconoscimento ufficiale del Bangladesh?

In quegli anni, la Svizzera rappresentava gli interessi del Pakistan in India e viceversa. La diplomazia elvetica temeva che il riconoscimento del Bangladesh potesse avere ripercussioni negative sul suo mandato in qualità di potenza protettrice. Era il periodo della Guerra fredda. Gli USA erano impantanati nella guerra in Vietnam e in Svizzera si temeva che i comunisti potessero prendere il potere in Bangladesh.

Di fronte alle atrocità commesse contro la popolazione civile, molte svizzere e molti svizzeri si mostrarono particolarmente solidali nei confronti del Bangladesh. Il chitarrista dei Beatles George Harrison e il musicista Ravi Shankar organizzarono un concerto a New York che diede inizio a un movimento di solidarietà a livello internazionale. Anche in Svizzera ci fu una mobilitazione senza precedenti a favore delle vittime della guerra in Bangladesh. Le organizzazioni umanitarie fornirono aiuti d’urgenza sul posto e assistettero i profughi fuggiti in India.

Alla fine della guerra, il fondatore della Stato Sheikh Mujibur soggiornò a Ginevra per riprendersi dagli strapazzi del conflitto. Nella Svizzera vide un modello per il nuovo Stato. Il Bangladesh doveva diventare “la Svizzera d’oriente”. In Bangladesh ci sono ancora delle tracce di questo progetto?

Stando a testimoni dell’epoca, Rahman era impressionato dalla neutralità e dall’indipendenza della Svizzera. Immaginava un Bangladesh laico, dove persone di diverse religioni ed etnie convivevano pacificamente. 

Mann
Il primo primo ministro del Bangladesh, Sheikh Mujibur Rahman, in una foto del 1972. Tre anni dopo, fu rovesciato da un colpo di stato militare e assassinato insieme alla sua famiglia. Solo due figlie sono sopravvissute perché all’epoca erano in Germania. Keystone

La Svizzera continua ad avere una reputazione incredibile in Bangladesh, grazie anche all’attività di rimpatrio dei cittadini bengalesi e pakistani da parte del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) dopo la guerra.

Nel suo libro scrive che il Bangladesh è un esempio di politica di sviluppo riuscita. Come mai? Il Paese è tra gli Stati meno sviluppati al mondo e il 25 per cento della sua popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.

Dopo la terribile guerra di indipendenza, l’ex consigliere americano per la sicurezza Henry Kissinger definì il Bangladesh un “caso disperato”. La mortalità infantile e la povertà erano elevatissime. Il 70-80 per cento della popolazione non sapeva né leggere né scrivere. Il tasso di natalità era di sette bambini per donna.

Negli ultimi decenni, la situazione è cambiata radicalmente. Si è registrato quasi un dimezzamento della povertà, il tasso di natalità è di 2.1, come in molti Stati europei, la maggior parte dei bambini e delle bambini va a scuola e la produzione di riso è triplicata.

A sorprendere è il fatto il Bangladesh è stato retto fin da subito da donne. Quale ruolo hanno avuto nello sviluppo del Paese?

Sono state dei modelli e hanno dimostrato che le donne possono essere protagoniste nella società. Inoltre è grazie a loro se già negli anni Novanta del secolo scorso il governo ha sostenuto finanziariamente i programmi di scolarizzazione, le campagne vaccinali e la salute riproduttiva.

Sono rimasto profondamente colpito dalla forza delle donne. Spesso non si occupavano solo dei lavori in campagna e delle faccende domestiche, bensì si impegnavano per il bene della collettività. Sono in vigore regolamenti relativi alla rappresentanza femminile in parlamento e a livello locale. È un sistema esemplare.

Tuttavia, le donne sono sottorappresentate in politica. La società è ancora retta da un modello patriarcale e la violenza domestica è un problema enorme.

Quando ha assunto il suo incarico di ambasciatore a Dacca nell’estate 2017, è iniziata l’espulsione di massa dei Rohingya dal Myanmar, Paese a maggioranza buddista. Oltre 700’000 persone hanno cercato rifugio in Bangladesh contro il genocidio della giunta militare del Myanmar. Come si è comportata la popolazione bengalese?

L’accoglienza è stata molto generosa nel distretto estremamente povero di Cox`s Basar che si trova sul confine con il Myanmar. In poco tempo, il numero di profughi ha però superato quello della popolazione locale, sul mercato del lavoro c’era più concorrenza, si è registrato un aumento del prezzo dei beni alimentari e gli aiuti internazionali erano destinati soprattutto ai campi profughi e non alla gente del posto. Ciò ha portato a delle tensioni.

Per questo motivo, l’ambasciata svizzera ha deciso di sostenere sia i profughi che la popolazione locale, in particolare con attrezzatture e infrastrutture per l’ospedale a Cox’s Bazar.

Altri sviluppi
Newsletter

Altri sviluppi

Newsletter

Abbonatevi alle nostre newsletter gratuite per ricevere i nostri articoli.

Di più Newsletter

Il Bangladesh vuole che i Rohingya tornino in Myanmar. Due accordi sono falliti e dopo il golpe da parte dell’esercito del febbraio 2021, un ritorno in Myanmar sembra molto improbabile. Quale sarà il destino dei profughi apolidi il cui numero supera ormai il milione?

Il governo bengalese ha più volte ricordato che la situazione potrebbe degenerare.

Il Bangladesh si sente abbandonato a sé stesso e ha ripetutamente chiesto alla comunità internazionale di mettere sotto pressione il governo del Myanmar affinché permetta ai Rohingya di tornare in patria in modo sicuro. La Svizzera potrebbe avere un ruolo importante nella ricerca di una soluzione.

Come?

Oltre agli aiuti umanitari servono prospettive di pace sul lungo termine. Se quest’anno la Svizzera sarà eletta nel Consiglio di sicurezza dell’ONU, potrebbe riportare l’attenzione internazionale sul tema e mettere a disposizione i suoi buoni uffici per trovare una soluzione.

La Svizzera potrebbe conferire maggiore importanza alla questione nel Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. La solidarietà attiva e la diplomazia umanitaria sono una caratteristica della Svizzera.

Il Bangladesh ha registrato negli ultimi anni una crescita economica incredibile con tassi che sfioravano l’otto per cento prima del 2020. La crisi provocata dal nuovo coronavirus ha però interrotto bruscamente questo sviluppo. Quali conseguenze ha avuto la pandemia in Bangladesh?

I due lockdown hanno aumentato drammaticamente la povertà, soprattutto tra le persone più povere che lavorano nel settore informale, cioè i lavoratori a giornata.

Abitano per lo più in baracche e non hanno accesso all’acqua potabile. Inoltre, molte fabbriche tessili hanno licenziato in massa a causa dei problemi di approvvigionamento delle materie prime.

Da un punto di vista sanitario, il Bangladesh ha superato la pandemia meglio delle previsioni.

Frauen stehen in einer Schlange
La gente fa la fila per comprare beni quotidiani sovvenzionati dal governo a Dacca, il 14 marzo 2022. Keystone / Monirul Alam

Nel 2020 è tornato in Svizzera e da allora segue la situazione da qui. Come vede il futuro del Bangladesh, Stato nato mezzo secolo fa?

Sul posto ho incontrato gente che ha affrontato con incredibile resistenza e tenacia qualsiasi crisi e calamità. A colpirmi sono stati anche la fiducia e la convinzione in una vita migliore per le generazioni future. Una consapevolezza che abbiamo vissuto per l’ultima volta in Europa dopo la Seconda guerra mondiale.

Anche se le sfide sono enormi, soprattutto a causa della crisi climatica, sono ottimista riguardo al futuro del Bangladesh.

Articoli più popolari

I più discussi

In conformità con gli standard di JTI

Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative

Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.

Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR