Anna Frank e la Svizzera, una storia tragica
Il destino di Anna Frank, la ragazzina ebrea che dal suo nascondiglio di Amsterdam scrisse un diario durante la Seconda guerra mondiale, è tragicamente legato alla Svizzera. A Basilea, una mostra illustra come suo padre Otto Frank ha aiutato il diario a diventare famoso in tutto il mondo.
Nella notte tra il 9 e il 10 novembre del 1938, in tutta la Germania ebbero luogo atti di violenza organizzati dal regime nazionalsocialista contro gli ebrei. La Notte dei cristalli segna l’inizio del genocidio degli ebrei, la Shoah.
In ricordo di questi terribili eventi avvenuti 80 anni fa, le sinagoghe di Basilea, Berna, Ginevra, Losanna e Zurigo saranno illuminate l’8 novembre 2018.
Quando il subaffittante della famiglia Frank entrò nell’appartamento di Amsterdam il 6 luglio 1942, trovò un gran disordine e una letterina in cui i Frank chiedevano di occuparsi del gatto. Dalla lettera, l’uomo dedusse che i Frank erano fuggiti in Svizzera. Lo stesso pensarono anche tutti gli amici e i conoscenti, quando la famiglia scomparve da un giorno all’altro.
La Svizzera era l’ultimo angolo nell’Europa centrale non occupato dalla Germania nazista. Molti ebrei vi cercarono dunque rifugio. Alcuni parenti di Anna si erano già trasferiti dalla Germania in Svizzera anni prima. Anche per Anna Frank la Svizzera avrebbe potuto rappresentare la salvezza. Infatti, chi ebbe la rara fortuna di essere accettato dalla Svizzera come rifugiato sopravvisse al genocidio.
Ma la famiglia Frank non era fuggita in Svizzera. Si era nascosta ad Amsterdam in un appartamento sul retro della casa. Questa era già la seconda volta che la Svizzera quasi, ma solo quasi, avrebbe potuto essere la salvezza per Anna Frank, come vedremo presto.
Altri sviluppi
La morte di una ragazzina che commuove ancora oggi
La scelta del paese sbagliato
Anna Frank nacque a Francoforte sul Meno nel 1929. Quando i nazionalsocialisti costrinsero violentemente il sindaco ebreo di Francoforte a dimettersi nel 1933 e lo sostituirono con un nazista, gli ebrei di Francoforte si resero conto di non avere futuro nella Germania nazista. Questo era in contrasto con gli ebrei che vivevano altrove in Germania sottovalutando il pericolo nella loro “bolla”.
“Gli ebrei berlinesi, per esempio, vivevano in una città nota per la sua cultura sovversiva e di sinistra, ricordiamo la Berlino del cabaret politico. Forse è per questo che molti hanno esitato a emigrare”, spiega Naomi Lubrich, direttrice del Museo ebraico della Svizzera, che attualmente espone una mostra sul tema “Il diario. Come da Basilea, Otto Frank ha diffuso la voce di Anna nel mondo” (vedi riquadro).
Mostra a Basilea
Al Museo ebraico della SvizzeraCollegamento esterno di Basilea è in mostra l’esposizione “Il diario. Come da Basilea, Otto Frank ha diffuso la voce di Anna nel mondoCollegamento esterno” fino al 13 gennaio 2019. La mostra racconta la storia della famiglia Frank e del diario che da Basilea ha conquistato il mondo.
Anche Otto Frank e i suoi parenti pensarono a dove recarsi per iniziare una nuova vita. La madre e la sorella di Otto e i loro mariti e figli emigrarono in Svizzera. Un fratello emigrò in Inghilterra, un altro a Parigi. Otto Frank puntò sul paese sbagliato, scegliendo l’Olanda, dove avviò la rappresentanza della ditta Opekta ad Amsterdam. “Nel 1933 non si poteva ancora sapere se sarebbe stata più sicura la Svizzera o l’Olanda”, spiega Lubrich. “La guerra non era ancora scoppiata. Era un po’ come la roulette”, spiega Lubrich. “Se Otto Frank avesse saputo che la Svizzera era più sicura, avrebbe cercato di trasferirsi qui”.
Anche la Svizzera era un campo di questa roulette dall’esito incerto. “Durante la guerra, i basilesi non si sentirono mai veramente al sicuro, perché la Germania era molto vicina”, continua Lubrich. Quando la Germania invase i Paesi Bassi, Otto Frank non pensò infatti di fuggire in Svizzera, ma cercò febbrilmente di ottenere un visto di uscita per gli Stati Uniti o Cuba nel 1941. Un piano che fallìCollegamento esterno.
Per questo motivo, con altri colleghi di lavoro, Otto Frank preparò un nascondiglio nel retroCollegamento esterno del suo edificio aziendale. Nel 1942, i Frank e una famiglia di amici si trasferirono nella casa sul retro. Nei due anni che hanno trascorso in otto nelle quattro stanze, Anna Frank ha tenuto il suo diario. Nell’agosto 1944, la Gestapo scoprì il nascondiglio. Ancora oggi non si sa se per una soffiata o per caso.
I clandestini furono deportati ad Auschwitz. Anna e sua sorella Margot morirono di tifo a Bergen-Belsen, altri per gassazione, oppure spinti fuori da un treno in movimento o di fame ed esaurimento. Solo Otto Frank riuscì a sopravvivere. Al suo ritorno ad Amsterdam, la sua segretaria, che aveva aiutato i clandestini, gli consegnò il diario di Anna, che riuscì a prendere dal nascondiglio e a conservare a casa sua dopo l’arresto.
Il padre di Anna si stabilisce in Svizzera
Quando i parenti in Svizzera vennero a sapere che Otto Frank aveva perso la moglie ed entrambe le figlie nei campi di concentramento, la madre Alice Frank scrisse nel 1945: “Non avevamo idea di quale terribile destino aveste incontrato”. I parenti svizzeri si erano invece salvati.
Fondo Anna Frank a Basilea
Otto Frank ha istituito il Fondo Anna Frank a Basilea nel 1963 e l’ha nominato erede universale. La fondazione di Basilea detiene quindi i diritti su tutti gli scritti di Anna Frank. Utilizza le sue risorse a scopo benefico per dare seguito al messaggio di Anna Frank. Per esempio, sostiene progetti di paceCollegamento esterno che riuniscono giovani ebrei e palestinesi.
Dopo la guerra Otto si trasferì da sua sorella a Basilea, dove visse per dieci anni in una mansarda sotto il tetto. Nel 1979, in un’intervista al Basler Magazin, disse: “Non potevo più vivere in Olanda. Ogni volta che ci tornavo, i ricordi prendevano il sopravvento e non riuscivo a sopportarli”. Nell’intervista racconta che era venuto in Svizzera perché ci viveva la madre, i fratelli e le sorelle. “In Svizzera, ho anche trovato la pace interiore necessaria per fare tutto il lavoro legato al libro dal 1947”.
In seguito Otto Frank si trasferì con la nuova moglie a Birsfelden vicino a Basilea, da dove rispose a centinaia di lettere di lettori da tutto il mondo. È sepolto nel cimitero locale. Nel 2009 a Birsfelden è stata inaugurata una piazza per ricordare Anna Frank, dopo che Basilea ha rifiutato di onorare la ragazzina.
I fondi svizzeri in lotta con la fondazione di Amsterdam
Ma non finisce così la storia di Anna Frank e della Svizzera. C’è una brutta continuazione che continua nel presente corredata da processi giudiziari. Ma una cosa alla volta.
Nel 1957 Otto Frank e un aiutante fondarono ad Amsterdam una fondazione, la Casa di Anna FrankCollegamento esterno, con lo scopo di conservare l’edificio posteriore e di aprirlo al pubblico. Nel 1963 Otto Frank istituì anche il Fondo Anna Frank a Basilea (vedi riquadro), che decretò erede universale e pertanto possiede tutti i diritti sull’opera di Anna Frank.
Inizialmente il Fondo svizzero e la Fondazione olandese erano partner. Nel 2007 hanno unito i rispettivi archiviCollegamento esterno e il Fondo di Basilea ha trasferito l’archivio di famiglia svizzero alla Casa di Anna Frank come prestito a lungo termine. Ma nel 2011 il Fondo di Basilea ha chiesto l’immediata restituzione dei manoscritti e poi è scoppiata anche una disputa su diritti d’autore. La Casa di Anna Frank, insieme all’Istituto di storia olandese, ha voluto esaminare i manoscritti sul profilo testuale e storico. Il Fondo svizzero ha ritenuto che si trattasse di una violazione del diritto d’autore e ha citato in giudizio gli olandesi.
I rapporti tra le due fondazioni si sono decisamente incrinati. “Le due organizzazioni hanno lavorato insieme per molti anni per raggiungere gli obiettivi che Otto Frank si era prefissato”, afferma Maatje Mostart della Casa di Anna Frank. “Qualche anno fa, il Fondo Anna Frank ha deciso di porre fine a questa collaborazione”. Il Fondo Anna Frank preferisce non prendere posizione su altre istituzioni.
Anna Frank e la Svizzera: una storia senza lieto fine.
Traduzione dal tedesco: Michela Montalbetti
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