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Quando la penuria di alloggi colpiva le famiglie operaie

famiglia operaia in un appartamento nel 1900
Questa famiglia zurighese che lavora a domicilio vive in uno spazio particolarmente esiguo, che serve da cucina, salotto e camera da letto. Cartolina postale dell'esposizione svizzera sul lavoro a domicilio, attorno al 1900. Zentralbibliothek Zürich

In Svizzera i primi dibattiti sulla crisi degli alloggi risalgono alla seconda metà del XIX secolo. La "questione degli alloggi operai", come si chiamava allora, mise alla prova le autorità comunali e fu anche causa di rivolte.

Questo testo è una traduzione di un articoloCollegamento esterno pubblicato sul Blog del Museo nazionale svizzero il 5 ottobre 2023.

Durante la seconda metà del XIX secolo, la vita quotidiana della popolazione svizzera subì mutamenti rivoluzionari. La costruzione delle ferrovie segnò l’inizio di una nuova era. Altrettanto decisivo fu l’impatto dell’industrializzazione. Grazie all’avvento delle macchine a vapore e dell’energia elettricaCollegamento esterno le fabbriche potevano ormai sorgere anche lontano dai corsi d’acqua, che in precedenza avevano fornito l’energia necessaria alla produzione industriale.

Questo sviluppo folgorante ebbe ampie ripercussioni sull’urbanizzazione. La crescita delle città subì una forte accelerazione, come dimostra l’esempio di Basilea: il numero di abitanti della città raddoppiò una prima volta nei settant’anni precedenti la metà del XIX secolo, la secondo volta nel corso dei trent’anni seguenti, poi una terza volta negli ultimi due decenni del XIX secolo. Tra 1893 e 1897 la popolazione di Zurigo aumentò di 9’400 abitanti l’anno. Questa crescita corrisponde a un tasso del 7,3%, una cifra sei volte superiore ai tassi di crescita attuali. Nell’insieme del Paese tra il 1850 e il 1910 la popolazione urbana si moltiplicò per sei. L’urbanizzazione non è mai stata tanto forte come tra il 1888 e il 1900.

La migrazione verso le città – dapprima dalle campagne svizzere, poi dall’estero – sovraccaricò il settore edile e il mercato degli alloggi. I centri urbani non disponevano di un numero sufficiente di abitazioni a prezzi accessibili per tutte le famiglie operaie. La tendenza era di costruire edifici redditizi: luoghi rappresentativi, locali commerciali e fabbriche, ma anche ville e altri immobili lussuosi.

fabbrica a zurigo verso il 1890
Mentre le fabbriche spuntavano come funghi, gli alloggi per gli operai che vi lavoravano erano rari. Edificio industriale nella regione di Zurigo, attorno al 1890. Musée national suisse

Nei registri ufficiali della città di Basilea del 1891 si può leggere a proposito: “Constatiamo che certe città presentano un eccesso di alloggi di qualità superiore e nello stesso tempo una penuria estrema di alloggi per la gente semplice. La speculazione immobiliare spinge alla costruzione di abitazioni destinate alla vendita piuttosto che all’affitto a lungo termine.” Il consiglio comunale di Zurigo rilevava dal canto suo nel rapporto di gestione del 1897 che la città poteva contare solo su 7’785 appartamenti a prezzi accessibili, mentre le economie domestiche a basso reddito erano 25’000.

In altre parole, c’era forte penuria di alloggi per gli operai e le loro famiglie. Una penuria che non era limitata alle grandi città, ma riguardava anche cittadine più piccole come Arbon (Turgovia), che conobbe una rapida crescita sulla scia dell’espansione delle aziende Saurer e Heine, ma anche regioni rurali come la valle inferiore della Reuss (Uri), divenuta un’area molto apprezzata dall’industria dopo l’apertura della linea ferroviaria del San Gottardo.

Subaffittuari e mercanti di sonno

Del resto, ovunque si osservava lo stesso fenomeno: le case erano suddivise in spazi più piccoli, sopraelevate e affittate dalla cantina fino al sottotetto. E i prezzi di questi locali angusti, scuri e mal aerati erano esorbitanti. Cifre ufficiali rivelano che l’affitto per metro cubo di questi locali superava spesso quello degli spaziosi appartamenti delle classi benestanti. Più piccolo era l’alloggio, più era caro.

Per poter far fronte alle spese elevate, numerose persone configuravano i loro alloggi in modo da potervi accogliere dei subaffituari. Alcuni affittavano il proprio lettoCollegamento esterno per alcune ore a operai senza fissa dimora, in base ai differenti orari di lavoro. Nella popolazione zurighese, il tasso di subaffittuari e di operai alloggiati per poche ore di sonno superò in alcuni momenti il 15% del totale. A Zurigo come a Berna, famiglie intere si ritrovavano per strada e si stabilivano in granai, stalle, soffitte o persino sotto i ponti.

disegno che illustra delle persone povere in un appartamento
Un subaffittuario importuno. Disegno di Heinrich Zille, 1902 Wikimedia

Dibattito pubblico

Queste condizioni precarie divennero con il tempo oggetto di un dibattito pubblico, sia in Svizzera che all’estero, dove molte città erano confrontate con lo stesso problema. Nel 1872 Friedrich Engels consacrò una serie di articoli alla questione degli alloggi. Nello stesso anno, un comitato dell’associazione degli operai di Basilea convocò un’assemblea popolare per “discutere della penuria degli alloggi”. Furono prese numerose iniziative per esaminare la situazione da vicino.

annuncio di giornale scritto in tedesco gotico
Invito a un’assemblea popolare per discutere del problema degli alloggi. Da: Luca Trevisan, Das Wohnungselend der Basler Arbeiterbevölkerung in der zweiten Hälfte des 19. Jahrhunderts, 1989. e-pediodica.ch

A partire dal 1889, le città di Basilea, Losanna, Berna, Zurigo e Lucerna avviarono delle inchieste sulle condizioni d’alloggio, condotte in base a criteri strettamente scientifici. Questi lavori permisero di documentare per la prima volta l’ampiezza della penuria di abitazioni e di porre all’ordine del giorno la “questione degli alloggi operai”.

Prima ancora che l’inchiesta fosse conclusa, il consiglio comunale di Zurigo dichiarò nel suo rapporto di gestione del 1894: “In base alle numerose osservazioni sul terreno, la questione dell’alloggio operaio ha raggiunto uno stadio suscettibile di provocare una levata di scudi in seno alla popolazione”. La “sovrappopolazione” delle abitazione suscitava preoccupazione: “le sue conseguenze sul piano sanitario, morale e sociale saranno disastrose se non si affronterà con fermezza e su larga scala il male che minaccia di farsi cronico”, si legge nel documento.

Il rapporto sosteneva che le condizioni erano destinate ad aggravarsi “se la produzione di alloggi rimane completamente abbandonata a sé stessa e i datori di lavoro non intervengono per regolare la situazione”. Il consiglio comunale di Zurigo decise di “creare nel suo seno una commissione incaricata di esaminare a fondo la questione degli alloggi operai.”

All’inizio nessun risultato tangibile

Tuttavia, negli anni seguenti non ci fu nessuno miglioramento concreto. L’esame di una serie di proposte si protrasse per lungo tempo, “per diverse ragioni”, come dichiarò il consiglio comunale. Un ritardo dovuto tra l’altro alla recessione economica, che frenò temporaneamente la crescita urbana, ma anche al contesto politico. Prima del volgere del secolo gli operai avevano ancora poco peso sulla scena politica; solo a partire dal 1900 la città di Zurigo fu governata da una maggioranza socialista. Negli anni seguenti fu elaborato il primo progetto di edilizia popolare della città (la colonia abitativa Limmat, oggi insediamento Limmat I), approvato in votazione popolare nel 1907.

veduta aerea di immobili a zurigo
L’insediamento Limmat I, costruito nel 1908, è il primo immobile locativo zurighese d’utilità pubblica. Immagine di Ralph Hut, 2003, Baugeschichtliches Archiv

Nel 1896 il Consiglio di Stato e il Gran consiglio di Basilea respinsero nettamente l’idea di delegare la costruzione di immobili locativi a buon mercato al settore pubblico. Fu necessario attendere l’aprile del 1919 e il settembre del 1921 perché i primi due progetti edilizi finanziati dallo Stato vedessero la luce nella città renana.

In altre città, come Arbon, dove la popolazione approvò nel 1907 un contributo all’associazione edile locale, gli enti pubblici parteciparono a progetti di costruzione realizzati da attori privati. Altrove gli industriali fecero costruire loro stessi alloggi per i loro operai, come fu il caso dell’impresa Rieter di Winterthur. Se alcune cooperative abitative nacquero fin dalla metà del XIX secolo, la loro esistenza fu spesso di breve durata. Non è che all’indomani della Prima guerra mondiale che questo tipo di alloggio poté godere di un conteso politicamente e finanziariamente favorevole.

Una causa importante di scioperi e conflitti

Le cattive condizioni abitative della seconda metà del XIX secolo hanno avuto un ruolo di primo piano nell’inasprimento dei conflitti sociali dell’epoca. La tesi è stata sostenuta in particolare da Bruno Fritzsche (1935-2009), professore presso il Centro di ricerca in storia sociale ed economica dell’Università di Zurigo e autore assieme alla sua equipe dell’Historischer Strukturatlas der SchweizCollegamento esterno (Atlante storico-strutturale della Svizzera).

Lo storico zurighese rilevava che oltre alla questione dei salari, la penuria di alloggi fu una delle cause principali di sciopero, ma anche di numerosi conflitti “scoppiati senza rivendicazioni plausibili e concrete, per delle ‘futilità’ e delle ‘inezie'”. Si possono citare la rivolta del KäfigturmCollegamento esterno a Berna nel 1893, i tumulti antiitalianiCollegamento esterno di Zurigo del 1896 o ancora i disordini di ArbonCollegamento esterno del 1902. Secondo Fritzsche, la questione degli alloggi operai ebbe un ruolo più importante delle condizioni di lavoro per la nascita delle organizzazioni sindacali e di una coscienza di classe.

Guido Balmer è responsabile della comunicazione presso il Dipartimento dello sviluppo territoriale, delle infrastrutture, della mobilità e dell’ambiente del Cantone di Friburgo e libero professionista della comunicazione.

swissinfo.ch pubblica regolarmente articoli tratti dal blog del Museo nazionale svizzeroCollegamento esterno, dedicati a temi storici. Questi articoli sono generalmente disponibili in tedesco, inglese e francese. 

Traduzione di Andrea Tognina

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