Svizzera-Israele: il potere dell’informazione
Il forum creato dagli ambienti ebraici svizzeri per sorvegliare la copertura degli avvenimenti mediorientali nei media non preoccupa i principali interessati.
A inizio mese Alfred Donath, presidente della Federazione svizzera delle comunità israelite (FSCI), aveva aspramente criticato i media svizzeri, accusati di affrontare in maniera poco equilibrata il conflitto in Medio oriente.
Oggi gli ebrei svizzeri fanno un altro passo. Varie organizzazioni, riunite la scorsa fine settimana sotto l’egida della FSCI, hanno creato le basi per un Forum dei media. Da quest’estate il suo compito sarà quello di osservare il modo con cui la stampa svizzera parla di Israele. Intervenendo quando necessario.
“Se avremo l’impressione che un articolo non solo sia critico verso Israele – cosa ce è nel diritto di tutti – ma che non consideri del tutto il punto di vista israeliano o che contenga elementi di antisemitismo, allora il Forum reagirà”, spiega Thomas Lyssy, vice-presidente della FSCI.
Una lobby tra le altre
Un progetto, quello del forum, che nel mondo dei media è accolto con serenità. “Accetto questo forum come accetto altri gruppi che fanno la stessa cosa”, dice Peter Studer, presidente del Consiglio svizzero della stampa. “Lobby che protestano vi sono ovunque.”
“Circa l’80% delle informazioni che appaiono nei media sono frutto in un modo o in un altro di interventi di una lobby o di azioni di pubbliche relazioni”, ricorda Studer. “È un fatto dimostrato da studi scientifici:” Tocca quindi ai giornalisti esercitare la dovuta attenzione.
“Mi pare normale che delle persone, se hanno l’impressione che i media siano a loro avversi si, organizzino, poiché non esiste un contro-potere organizzato che si opponga al potere dei media”, osserva dal canto suo Jean-Jacques Roth, vice capo-redattore del quotidiano Le Temps. “Bisognerà tuttavia vedere come proseguirà il dibattito.”
Più scettica la reazione da parte di Comedia, uno dei sindacati attivi nel settore dei media, che non giudica necessaria la creazione del Forum e che respinge le accuse di antisemitismo. “Noi puntiamo sulla responsabilità dei giornalisti”, dice Klaus Rosza, uno dei responsabili del sindacato.
Un forum imparziale?
Lo scrittore giornalista Pierre Hazan non intende fare un processo alle intenzioni: “Sarà interessante vedere come questo organismo dimostrerà che la stampa svizzera è unilaterale e come definirà il fatto di essere anti-israeliani.”
Pierre Hazan, che con altri è stato promotore di un manifesto arabo-ebraico in favore della pace, si chiede se il forum stesso darà prova d’imparzialità.
Non si tratta in ogni caso di una novità. LaFSCI s’ispira a Israel Media Watch, un organismo nato in Israele, e alle statunitensi Camera e Media International Watch. Il loro scopo è di individuare nei media una disinformazione sfavorevole a Israele.
Il forum svizzero dovrà innanzitutto coordinare gli sforzi di gruppi già attivi in questo ambito, come l’Anti Difamation League, il Coordinamento intercomunitario contro l’antisemitismo e la diffamazione (CICAD) o l’organizzazione David, autrice di numerosi esposti al Consiglio della stampa.
Rischi di effetti contrari?
Il Forum, con sede a Zurigo, sarà presieduto da un non ebreo, il professore di teologia Ekkehard Segemann, dell’Università di Basilea. Il suo budget, circa 100’000 franchi per cominciare, dovrebbe essere coperto per più della metà dalla FSCI. Senza intervento alcuno da parte dello Stato d’Israele, assicura Thomas Lyssy.
Rimane da vedere se il forum non rischi di ritorcersi contro i suoi iniziatori, accentuando la percezione di un amalgama tra politica israeliana e ebraismo svizzero. “Il rischio forse esiste”, ammette il vice-presidente della FSCI.
Un pericolo che intravede anche Reinhard Meire, vice-capo della redazione esteri dellla Neue Zürcher Zeitung: “Molto dipenderà dalla maniera in cui il forum svolgerà i suoi compiti. Se fonderà le sue critiche su accuse frettolose, potrebbe essere controproducente. Ma se analizzerà dei casi concreti, in maniera differenziata, potrebbe essere una buona cosa.”
Pierre Gobet, Zurigo, con la collaborazione di Rita Emch e Frédéric Burnand
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